lunedì 28 gennaio 2008

La storia di Jotsa

Con il termine di solitary dolphin viene di solito inteso un delfino che ha pochissimi o nulli rapporti con altri conspecifici, e che regolarmente si avvicina agli esseri umani, spesso includendo contatti e comportamenti sociali, sessuali o di gioco.
Di solito all’inizio si ha la presenza di un delfino in una zona poco frequentata da altri delfini e invece regolarmente frequentata dall’uomo, al quale l’animale gradualmente si abitua. Questa assuefazione può poi evolvere nel delfino che reindirizza i suoi comportamenti sociali verso esseri umani.
E’ difficile comprendere o valutare cosa il delfino tragga da questo rapporto con una specie diversa dalla sua. Eppure in molte situazioni è risultato evidente come il delfino cercasse attivamente l’interazione con le persone. Non sempre, anzi quasi mai, questo porta buone conseguenze per l’animale. Molti delfini solitari finiscono feriti o uccisi, per caso o no.
Nel mondo pare che il fenomeno dei delfini socievoli e solitari sia in aumento, e ad oggi si contano ormai una settantina di casi del genere, alcuni anche molto famosi, con migliaia di persone accorse nel tempo a vedere e a giocare con questi animali.
In Adriatico è famosissimo il caso del delfino Filippo, vissuto per anni nel porto di Manfredonia, ma spulciando nei documenti si trova anche la storia della delfina Jotsa. Nell’attuale Montenegro le bocche di Cattaro (Kotor), un'articolata serie di profondi bacini perfettamente riparati dal mare aperto, costituiscono il più grande porto naturale del mar Adriatico e ricordano vagamente, per la loro forma frastagliata, i fiordi norvegesi.
In questa baia viveva abbastanza stabilmente un gruppo di delfini, negli anni 70-80 che pare fossero poi stati allontanati a fucilate dai pescatori locali. Dai piccoli di questo gruppo proveniva la delfina Jotsa, che a partire dal 1988 cominciò a frequentare questa baia, e divenne ben presto avvezza agli esseri umani. Presto divenne “famosa” nell’area e i bambini impararono a chiamarla, battendo dei colpi sullo scafo di una barca. Jotsa non fu mai veramente una delfina solitaria, nel senso che non lasciò mai il suo gruppo di delfini, ma quando lei si avvicinava per interagire con gli esseri umani, loro restavano a guardarla da lontano. Pian piano permise alle persone sulle barche di avvicinarsi sempre più, al punto di farsi grattare con sommo piacere la pancia!
Nel 1990 all’improvviso scomparve, salvo riapparire qualche mese dopo in compagnia di un cucciolo, il suo. Nel 1991 due ricercatori francesi arrivarono nella ex-Yugoslavia per vedere e nuotare con Jotsa. Erano un ragazzo e una ragazza, e riportarono in un articolo la loro strana esperienza. Quando furono in acqua con la delfina, questa divenne ben presto aggressiva con la ragazza che fuggì dall’acqua con un occhio nero, per un colpo di coda. Jotsa aveva “scelto” di giocare solo con il ragazzo e aveva dunque costretto la donna ad andarsene. Ancora nel 1991 la delfina fu vittima di una mina galleggiante che però non le procurò troppo danno, e negli anni successivi gli avvistamenti continuarono, a volte da sola a volte insieme ad altri delfini. Per un gruppo di 150 bambini, orfani della guerra, Jotsa divenne un’amica e una compagnia che sollevava i loro animi, appesantiti dalle tragedie della guerra.
Purtroppo Jotsa morì nel 2001, uccisa dalla dinamite usata illegalmente dai pescatori. Una statua è stata costruita in suo ricordo; la statua ha lo sguardo rivolto verso l’orfanatrofio che si trova proprio sul mare. Questi bambini, ormai grandi, di certo la ricordano ancora.

Nella foto, uno dei solitary dolphins più famosi al mondo, Jojo delle isole Turks and Caicos

lunedì 21 gennaio 2008

Vaquita: avanti il prossimo!

Poco tempo fa è stato pubblicato su Conservation Biology, un articolo dal titolo "Saving the Vaquita: immediate action, not more data (salvare la vaquita: azione immediata, basta dati)". La vaquita è una piccola focena (Phocoena sinus) che vive solo nella parte settentrionale del Golfo della California, il mare di Cortez. Essendosi virtualmente estinto nel dicembre 2006 il Lipotes vexillifer, questo piccolo delfino è attualmente al triste primo posto fra le specie di Cetacei più vicine all'estinzione. Gli autori dell'articolo dichiarano molto semplicemente di volere, con il loro lavoro, sostanzialmente rispondere a tre domande:
1. quante vaquita sono rimaste?
2. quanto tempo ci resta per trovare una soluzione al loro problema (le catture accidentali nelle reti)?
3. c'è bisogno di altre stime di abbondanza o di ulteriori valutazioni sul numero di catture, per giustificare l'immediato passaggio all'azione?
Le risposte sono altrettanto semplici (si fa per dire):
1. ne sono rimaste più o meno 150
2. a essere ottimisti ci restano due anni di tempo per fare qualcosa
3. no, basta dati, ne abbiamo a sufficienza per dire che è ora di fare qualcosa.
Come detto, il problema principale che questi animali fronteggiano sono le catture accidentali nelle reti da pesca (il cosiddetto by-catch). C'è pochissimo tempo prima che la popolazione - che ovviamente è in costante calo - raggiunga numeri dalla quale non potrà più riprendersi. E dunque, aggiungono i ricercatori, basta studiare e fare ricerche, è meglio spendere i soldi che servirebbero per queste attività per elaborare un programma per l'eliminazione di tutte le reti dall'area in cui vivono questi animali.
Questo si chiama parlar chiaro. Ci sarà qualcuno dall'altra parte che ascolta?

mercoledì 16 gennaio 2008

Il pesce luna alla radio, in tv e sul web

Ovviamente il pesce luna ha fatto parlare di sè.
Sotto trovate un servizio sulla tv locale è-tv. Più sotto un'intervista alla Radio svizzera di lingua italiana (cliccate su "17.01.2008 pesce luna.mp3" nella radiolina) e infine cliccando qui trovate la notizia e una bella galleria di immagini (cliccando su "guarda le immagini").


martedì 15 gennaio 2008

Anatomia di un alieno

Torno ora dall'autopsia del pesce luna. Uff uff. Tre ore di lavoro e ovviamente puzzo di pesce lontano un kilometro. Che razza di animale! Pesava 1140 kg! Non è la prima volta che "apro" un pesce luna, ma ogni volta rimango sbalordito. La prima impressione è quella che riassume tutto: non sembra neanche un pesce. E' tutto diverso, tutto "sbagliato". Non ha ossa ma cartilagine (ma non è uno squalo), sotto la pelle c'è uno strato tostissimo e bianchissimo che sembra grasso ma è connettivo, le branchie hanno una piccola apertura verso l'esterno chiusa da un opercolo, il dotto urinario e l'intestino hanno uscite separate (e non una cloaca unica come nei pesci "normali"). E poi quelle enormi carene che corrono lungo il corpo, e quella coda appena abbozzata! Un alieno, davvero.
Causa di morte? E chi lo sa... Il fegato era messo molto male (così mi han detto i veterinari).
Anche stavolta, parassiti a gogo. Ce n'erano tanti e un po' ovunque. Già in altri esemplari ne avevamo trovati moltissimi, alcuni descritti per la prima volta. molti sono specie specifici proprio del Mola mola. Non vedo l'ora di avere il DVD con le centinaia di foto e i filmati.
Son soddisfazioni!

lunedì 14 gennaio 2008

Un gigante sulla spiaggia

Ieri, di domenica ovviamente, sulla spiaggia di Rivabella, una frazione a nord di Rimini, alcune persone che passeggiavano sulla spiaggia hanno visto in acqua la sagoma di un grosso pesce. Hanno avvisato la Capitaneria di Porto che poi ha messo in moto Fondazione Cetacea. Siamo arrivati sul posto verso le 17 e abbiamo trovato un grande pesce luna, riverso sul fianco, in pochi centimetri d'acqua. Sono tornato all'aprile del 2002 quando la stessa situazione si presentò sulla spiaggia di Riccione. L'ho anche raccontato nel mio libro "Il mare che non ti aspetti". Allora portammo il pesce al largo dove sembrò riprendersi e se ne andò nuotando pigramente. Lo trovammo due giorni dopo, morto.
Ieri sono interventuti i Vigili del Fuoco, e sono stati veramente eccezionali. Hanno lavorato per un'ora nell'acqua gelida per cercare di portare fuori il pesce moribondo. L'animale a un certo punto non si capiva nemmeno se fosse ancora vivo. Mi hanno chiesto "Come lo capiamo? Non si muove più." Ho detto loro di ficcargli un dito in un occhio, se lo avesse chiuso avremmo saputo se era ancora vivo. Lo era. I vigili del fuoco lo hanno dunque imbragato con delle corde e lo hanno spinto fuori, nuotando in quell'acqua poco invitante, con il cielo che era ormai buio. Il comandante mi ha preso da parte e mi detto che avrebbero potuto fare venire un gommone o delle moto d'acqua per trascinarlo al largo. Ma solo se ne valeva la pena. Gli ho detto che a parere mio l'animale stava morendo e probabilmente era meglio lasciarlo in pace. Ha cercato di comunicare la cosa ai suoi ragazzi che non ne hanno voluto sapere. Volevano tentare il tutto per tutto. Anche perchè ormai la spiaggia era piena di gente e di giornalisti. Mentre erano a qualche decina di metri dalla spiaggia, sostenendo il povero pesce e aspettando le moto d'acqua, si sono accorti che l'animale non si muoveva più.
Allora hanno riportato il corpo senza vita a riva, dove abbiamo chiesto di farlo arenare, in modo che oggi avremmo potuto recuperarlo. Stamattina sono tornato là ed era ovviamente ancora lì. Da pinna a pinna è alto 2,78 metri. Un gigante. Nei prossimi giorni effettueremo un'autopsia, quanto meno per raccogliere campioni per ricerca. Su questa specie si sa davvero poco.

martedì 8 gennaio 2008

Parliamo di baleneria, Cetacea, Mediterraneo e altro...

Dopo il post sul meme, si torna alle Storie di Mare. Grazie a un contatto dell'infaticabile Yubi la settimana scorsa sono stato intervistato da una radio svizzera di lingua italiana (RTSI). Abbiamo parlato della questione baleneria con i proclami dell'Australia e del Giappone (se non sapete di cosa parlo, ascoltate l'intervista), dei Cetacei del Mediterraneo, di Mary G. e della Fondazione Cetacea. Potete direttamente ascoltare l'intervista cliccando su "3.01.2008 baleneria, cetacea, etc." nella radiolina qui sotto.

Ho preso un meme...

Intanto è bene spiegare cos'è un meme. Riferito ai blog il meme è una specie di tormentone che si passa da un blog all'altro. Per Wikipedia un meme è "un'unità auto-propagantesi di evoluzione culturale, analoga a ciò che il gene è per la genetica". E se proprio volete saperne di più sui memi (quelli "veri" non quelli dei blog) leggetevi lo strano libro "I virus della mente" di Richard Brodie. Io l'ho letto anni fa quando ancora i blog non esistevano neanche. Pensa un po'.
Partiamo col meme, che se non fosse che me l'ha passato l'amica Yubi, non l'avrei probabilmente considerato.
Allora prima di tutto il logo Poi passo a citare cinque blog che io leggo (questo è il compito del meme). Escludo il blog di Beppe Grillo che leggo regolarmente, ma che non ha bisogno certo di pubblicità.

- Squarciomomo: a parte le foto meravigliose, mi piace perchè ha molti post ogni giorno, e spesso mi trovo a condividere molte cose con l'autore, pur non conoscendolo di persona. Una boccata di aria fresca, ogni giorno.

- Il diario delle derelitte: Mafalda e Callista non sono affatto derelitte come affermano. Ma i loro post sono divertenti e questi mai banali. Una risata al giorno...

- Istituto Tethys: peccato non sia aperto ai commenti. Comunque interessante. E un po' di invidia da parte mia per chi studia i delfini nel loro ambiente e non li... aspetta su una spiaggia.

- Real climate: perchè i cambiamenti climatici non sono una bufala. Non è che lo leggo proprio, ma ci vado spesso e leggo qua e là.

- Segnali deboli: il blog dell'amico Pier Pierucci. Argomenti un po' fuori dal mio quotidiano, ma stimolanti. Pier, non è che capisco tutto quello che scrivi, per la verità...


Per i nominati, le regole sono le seguenti

1. Scrivere un post presentando e linkando 5 blog che vi fanno pensare
2. Linkare il post originale in modo da collegare il meme con la sua origine
3. Optional: Mettere nel post il 'Thinking Blogger Award'

mercoledì 2 gennaio 2008

Un anno di spiaggiamenti (tartarughe)

Ho scritto la settimana scorsa degli spiaggiamenti di cetacei avvenuti sulle coste nord-adriatiche nel 2007. Ne è risultato che per l’area su cui lavora Fondazione Cetacea l’anno appena concluso è stato da record, un triste primato, per il numero di delfini ritrovati spiaggiati. Se il un numero eccezionalmente elevato di cetacei (24 su una media di 12-15 all’anno) fa una certa impressione, figuriamoci se lo stesso primato si ripete per lo stesso anno anche con le tartarughe marine, e su numeri ben più impressionanti.
Per avere un quadro preciso del valore di questo dato c'è da dire che per le tartarughe marine Fondazione Cetacea ha come “area di competenza” tutto il territorio marchigiano e la costa della Romagna fino alla foce del Reno (cioè le province di Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna). Nella provincia di Ferrara lavora invece un altro ente che svolge più o meno il nostro stesso lavoro e che si chiama Archè.
Questi dati vengono raccolti da più di 15 anni e per numero e dettaglio di informazione, danno un quadro affidabile del fenomeno degli spiaggiamenti nella nostra zona.
I dati vanno dal 1986 a oggi, ma un lavoro intenso e sistematico è stato fatto solo a partire dal 1993. Questi dati sono decisamente notevoli. Le tartarughe marine ritrovate, tutte della specie Caretta caretta, sono in totale 1231. Dal 2002 in poi superano sempre nettamente le 100 unità all’anno, con la sola eccezione del 2006 (95 esemplari). E l’anno appena chiuso, come si diceva, spicca per il record di segnalazioni, ben 143.
L’anomalia di questo dato la si riscontra anche nella distribuzione mensile di questi eventi. Abbiamo infatti un picco a giugno con 24, che è abbastanza normale, poi la punta massima ad ottobre con 29 e un altro valore elevato a novembre con 19. Ed è notevole che il 44% degli spiaggiamenti sia avvenuto quest’anno fra ottobre e dicembre. Negli ultimi anni questo è un trend che si ripete. In effetti tutto ciò ha addirittura cambiato il nostro modo di vedere le cose. Fino a pochi anni fa noi affermavamo che, sulla base dei nostri dati, le tartarughe stazionavano in nord Adriatico dalla primavera all’estate, fino al massimo a ottobre. Ora abbiamo dovuto ricrederci, o forse qualcosa sta proprio cambiando in mare e dunque nel comportamento delle tartarughe. Ormai è evidente che moltissime tartarughe si trovano nelle nostre acque anche nei mesi autunnali, e il calo vero e proprio si osserva solo da gennaio a marzo-aprile.
Può essere questo se non una conseguenza, almeno un segno del tanto decantato riscaldamento globale? I dati delle temperature superficiali dell’Adriatico mostrano un andamento al rialzo abbstanza netto ed evidente. Ed è dunque logico pensare, e i nostri dati sembrerebbero confermarlo, che le tartarughe, animali a sangue freddo e dunque molto dipendenti dalla temperatura dell’ambiente, stiano cambiando le loro abitudini, potendosi permettere di restare in queste acque ricche di cibo, un po’ più a lungo.
Infine purtroppo su 143 tartarughe, solo 10 sono state ritrovate ancora in vita. Una di esse è morta dopo poche ore. Cinque sono già tornate in mare dopo le cure nel nostro centro e quattro sono tuttora ricoverate presso il nostro Ospedale delle Tartarughe.
Un articolo più esteso sul fenomeno degli spiaggiamenti di Tartarughe uscirà sul numero 7 della rivista dove scrivo regolarmente, "Adriatico", in edicola a fine gennaio.