martedì 24 settembre 2013

Delfinario, "simbolo" superato

Questa è lettera che ho mandato ieri ai quotidiani della mia città, sempre sulla questione del Delfinario di Rimini.

"Leggendo i titoli dei quotidiani, stamattina ma anche nei giorni scorsi, relativamente alla questione del Delfinario, se ne ricava l'impressione che tutta la città di Rimini si sia mobilitata per riavere i "suoi" delfini.
Scrivo per testimoniare che c'è invece chi ritiene, come me, che la città si sia finalmente liberata di una proposta di intrattenimento obsoleta, ed eticamente ormai impresentabile.

Ho espresso più volte le mie perplessità sulle modalità e sulla spettacolarizzazione con cui è stato effettuato il sequestro. L'ho fatto a parole e nei fatti, al punto da avere deciso, quel giorno, di accettare l'offerta dei legali e dei rappresentanti del delfinario, ad agire come consulente di parte della struttura stessa, ma con il compito ben preciso di controllare che le operazioni di cattura e di trasporto degli animali dalla vasca al camion avvenissero nel massimo rispetto della sicurezza e del benessere degli animali.

Capisco la volontà della proprietà di ribattere alle tremende accuse di maltrattamento, accuse nel merito delle quali non intendo entrare, così come capisco le preoccupazioni di chi vede seriamente minacciato il proprio posto di lavoro o la propria azienda.
Ma invito le sorelle Fornari e l'Amministrazione comunale, tra le quali sembra improvvisamente essere scoppiato l'amore, a prendere in considerazione l'idea di rilanciare un nuovo progetto, culturale, educativo e innovativo, dedicato al nostro mare, ma che non preveda più i delfini. La nostra città langue dal punto di vista dell'offerta culturale, e non ha una vera e propria cultura del mare (e quella che ha, la tratta pure male). Una svolta di questo tipo, che si lasci indietro vecchi modelli di "divertimento" non etico, diseducativo e anacronistico, sarebbe la benvenuta.

A me hanno sconcertato le dichiarazioni del sindaco di Rimini, ad aprile scorso, secondo cui "il delfinario è una realtà strategica, qualificante e coerente con la natura e gli obiettivi turistici di questa città". Non sarebbe invece ora di puntare su modelli di turismo e culturali molto più attuali, validi ed educativi? Cosa c'è di qualificante nel vendere ai turisti lo spettacolo di quattro delfini che saltano a comando in una vasca di cemento?

A chi mi fa notare che i delfini sono comunque in un altro delfinario, e per loro non cambia nulla, rispondo che purtroppo è vero. E' ora che si pensi alla maniera di mandare queste strutture a termine. Basterebbe impedire l'importazione di delfini nel nostro paese. In questo modo, visto che quasi ovunque le morti di delfini superano le nascite, nel tempo il problema si risolverebbe da solo. Stabilito questo però, io affermo che 4 delfinari, nel nostro paese, sono meglio dei 6 che c'erano un anno fa (ha chiuso anche il delfinario di Gardaland). Meno luoghi dove ai nostri bambini viene passata l'idea che gli animali sono "a disposizione" dell'uomo, per profitto e per divertimento. Meno luoghi dove viene calpestata l'idea di rispetto e comprensione che dobbiamo ai nostri coinquilini su questo pianeta, valori che cerchiamo con fatica di trasmettere ai nostri ragazzi e nelle iniziative vi divulgazione e sensibilizzazione.

Il mondo corre in avanti, così come va avanti, progredisce e si modernizza il nostro rapporto con le altre creature viventi del pianeta. I delfinari sono sempre più anacronistici, obsoleti, superati. Non hanno più molto senso, sono anzi diseducativi. Passano un'idea culturale retrograda: gli animali al servizio dell'uomo per divertimento. Se questo è "coerente con la natura e gli obiettivi turistici di questa città" siamo destinati a essere lasciati indietro.
Più della metà delle nazioni Europee se ne sono già sbarazzati da tempo. L'uomo ha mille e più modi diversi per divertirsi, modi che non contemplano la sfruttamento e la lesione della dignità di altre creature viventi.

La città, con il delfinario, perde uno dei suo simboli? Può darsi, ma arriva un momento che anche i simboli fanno il loro tempo, e vale la pena di lasciarseli alle spalle, e di crearne di nuovi, attuali e magari anche più profondi e veri di una scatola di cemento con un triste circo dentro."

martedì 17 settembre 2013

Delfinario: the day after

Comincia appena appena adesso a posarsi il polverone che è seguito allo straordinario (nel senso proprio di "fuori dall'ordinario") sequestro dei delfini del Delfinario di Rimini, effettuato dal Corpo Forestale dello Stato, e spediti in fretta e furia all'Acquario di Genova.
Ne ho parlato e scritto tanto, negli ultimi tre giorni, fra i social network e i messaggi, le email e le telefonate di chi voleva saperne di più, o solo confrontarsi con un punto di vista ulteriore. Vorrei cominciare a uscire da questo "evento", a meno di sorprese nell'immediato futuro. 
Lo faccio con qualche pensiero sparso.

Rimini. 
La città si è infervorata per la questione delfinario. Rimini vive un periodo, da anni ormai, difficile. La crisi morde fortissima, e in una città che non ha saputo mai rinnovarsi, ancora di più. Il modello turistico riminese vacilla paurosamente, e c'è un certo senso di smarrimento. 
Probabilmente per questo, molti, forse moltissimi riminesi hanno vissuto questa situazione come l'attacco a uno dei simboli della città (e ci sarebbe da riflettere sul significato di questo), prima accerchiato e poi abbattuto senza tante remore, in un lungo pomeriggio di settembre. 
Molta gente ha assistito alle operazioni di trasporto dei delfini sul camion pronto a portarli via, molti hanno protestato a gran voce, urlando "vergogna" e altre frasi poco simpatiche verso le forze dell'ordine. Molti altri, è una mia impressione, non si sono fatti vedere, o hanno assistito in silenzio, godendo in cuor loro per la cancellazione dalla faccia della città, di un punto diventato "fuori luogo" e superato.
Comunque sia, spero sia un'occasione per la città per trovarsi nuovi simboli e nuove opportunità. Esiste una cultura del mare a Rimini? Sì, no, poco? Vogliamo cominciare a ragionarci?

Il sequestro.
Neanche immaginavo si potessero sequestrare dei delfini, di punto in bianco. Un vero e proprio blitz, con un dispiegamento di forze dell'ordine decisamente esagerato, e con una concitazione e una tensione spesso fuori luogo. Ecco forse, una migliore preparazione dell'operazione, magari pianificata di concerto con la struttura stessa, avrebbe consentito probabilmente un minore stress agli animali, alle persone, e un'accettazione più ponderata per quei cittadini che hanno vissuto tutta la faccenda come uno "scippo" di un bene ritenuto comune.
La mattina di quel venerdì, nelle fasi preparatorie dell'azione, l'addetta stampa della Forestale distribuiva un foglio, con un comunicato stampa. Ricordo che mi ha colpito subito il sottotitolo: primo sequestro di delfini in Europa per questo reato. C'è un po' di compiacimento, in quella frase? La Forestale ha bisogno di "vendere" le proprie azioni con slogan ad effetto?
Un'altra cosa. A un certo punto sono stato coinvolto nelle operazioni, lo scrivo più sotto, come consulente di parte del delfinario. Ho l'abitudine di rivolgermi in maniera calma e tranquilla alle persone, e così ho fatto, chiedendo di poter svolgere al meglio il compito affidatomi. Mi è stato risposto, per due volte, interrompendomi, a voce alta, e con arroganza. Davvero un brutto effetto, abituato com'ero a rapportarmi, in 15 anni di lavoro in Fondazione Cetacea, sempre in maniera squisita e con la massima collaborazione, con la Forestale locale.

Il salto del muro
Che palle. Qualcuno, pochi per la verità, e con i piedi in qualche delfinario, ha "faticato" a capire come io abbia potuto "prendere le difese del delfinario". Riporto pari pari quello che ho già scritto su Facebook, ché questa cosa non merita una riga di più.
Non ho cambiato idea sulla cattività. Al delfinario di Rimini, sia ben chiaro, lo sanno tutti. Con la proprietà sono sempre stato molto sincero sul mio sentire. Il mio ruolo di consulente per il delfinario, nel giorno del sequestro, è stato quello di "controllare che le operazioni di cattura e di trasporto degli animali dalla vasca al camion avvenissero nel massimo rispetto della sicurezza e del benessere degli animali." Mi è stato chiesto e l'ho fatto molto volentieri, gratuitamente, con questo obiettivo. Ho la coscienza a posto. Voi?

E adesso?
Adesso, mentre a Rimini c'è chi si anima per provare a mettere a norma il delfinario e riavere indietro i delfini, chi si organizza per raccogliere firme, io spero invece che la pagina sia ormai chiusa. Mi dispiace per l'azienda, per i lavoratori, l'indotto, eccetera, ma sarei contento che la mia città si fosse liberata definitivamente dello "spettacolo" dei delfini nella vasca di cemento.
Un anno fa c'erano 6 delfinari, in Italia, oggi ce ne sono 4. Questa è una bella notizia. Il vento sta cambiando.


venerdì 13 settembre 2013

Delfini sequestrati

Ho appena passato tre ore surreali, fuori dal Delfinario di Rimini. Verso le 19 leggo su Facebook l'appello della proprietaria che dice, più o meno "Mi portano via i delfini, me li sequestrano". Sembrava una bufala, ma era vero. Così mangio qualcosa e poco dopo le 20 vado giù a vedere che succede.

Quello che è successo quest'estate al delfinario di Rimini è storia nota: prima l'aut aut del Ministero, o vi mettete in regola entro l'estate, o in autunno dovete chiudere (Rimini ha solo una vasca, non ha le vasche accessorie, come quella medica, previste per legge), poi il Comune di Rimini che si erge a difensore del "delfinario strategico" (a cui ho risposto così), poi i controlli delle autorità, una pesante multa per alcune irregolarità e la denuncia per maltrattamenti. Ieri il comune di Rimini che chiude le porte in faccia alla struttura, la qualee chiedeva di potersi allargare su territorio demaniale per fare le vasche nuove: niente da fare.
Insomma, tutto ad un tratto, il delfinario, che è fuori legge da anni (la legge è del 2001), sembra accerchiato, e ci si mette pure la Brambilla. Gli animalisti esultano (ma molti di loro pensano che questi delfini possano essere liberati in mare, e su questo non paiono sentire ragioni).

Come la penso io, credo si sappia: basta con queste strutture diseducative e anacronistiche. L'ho scritto decine di volte. E spero che la mia città si possa liberare del triste spettacolo dei delfini che saltano in una vasca di cemento, e miri ad altre forme di intrattenimento, magari, massì, culturali.

Dopo avere litigato con lei su Facebook, per il mio post sul "delfinario strategico", sono diventato amico della proprietaria, e conosco molte delle persone che ci lavorano dentro. Però, basta dai, siamo nel 2013.

Detto questo, la situazione è però, come dicevo, surreale, paradossale. Come si fa a sequestrare dei delfini, così, all'improvviso, portarli via nella notte? Mentre scrivo queste righe, diverse persone sono ancora là fuori, ad aspettare i camion che devono venire a caricarli. Sarà stanotte? Sarà domattina? Non si sa.
Conosco quasi tutti quelli che sono "venuti a vedere": semplici cittadini, i giornalisti che mi chiedono un parere e credo di avergli risposto un po' stralunato, il gruppetto degli animalisti che se ne sta un po' in disparte, il personale del delfinario. Passa anche la veterinaria che è stata incaricata di seguire il trasporto: ci conosciamo da tempo, ci scambiamo impressioni su quello che avviene, poi va "a preparare la valigia, ma non mi hanno detto per dove" (non posso dire chi è, lei non vuole, ma questo aggiungerebbe un altro tocco di follia a questa storia). Poi Sabrina, un'addestratrice storica che conosco dai primi anni del Delphinarium di Riccione, che esce, mi vede, mi abbraccia e piange a dirotto "Così no, così no", ripete.
E insomma, così no, dai. Non c'era modo di gestire un po' meglio 'sta cosa? Con un preavviso, ma che dico, con una minima programmazione. Per i delfini, per quelli che ci lavorano insieme tutti i giorni. Delfini che non hanno mai viaggiato, mai visto un camion. Chiuda pure il delfinario, a me sta bene, si sa, ma che situazione strana, che forzatura.

E poi dove li portano? C'è chi dice due a Genova e due a Roma. C'è chi dice tutti a Genova. Ecco, appunto, Genova. Stai a vedere che...

Insomma questo è un post notturno e strambo, ma vi assicuro che là fuori, stasera, sembrava tutto un po' strambo. Sembrava il set di un film di Fellini, ma non era un film. Stanotte o domani i delfini verranno portati via davvero e, sequestro "temporaneo" o no, secondo me Rimini non la vedranno più. L'Italia perde un altro delfinario, dopo Gardaland, e di questo non posso che essere contento. Ma mi dispiace anche per chi soffre per questo "rapimento" istituzionale, per chi deve salutare quattro amici a cui ha dedicato tanto tempo e lavoro (e magari quel lavoro ora lo perde pure).

Comunque, vedremo gli sviluppi, non credo sia finita qui...


sabato 7 settembre 2013

Uno sguardo sull'Adriatico

Sotto lo pesudonimo di La Voce Romagnola si cela un giornalista, indipendente e "d'assalto" che realizza video di denuncia e d'indagine.
Ha chiesto di fare due chiacchiere con me sul Mare Adriatico, e qui sotto c'è la video-intervista che ne è venuta fuori.
Buona visione.


venerdì 6 settembre 2013

Quando il delfino attacca

Ai primi di agosto, un video, che vedete in fondo a questo post, ha fatto il giro del web e di qualche tv. Una donna viene attaccata da un delfino. Fosse uno squalo brutto e cattivo, posso capire, ma un delfino! Che diamine.
Il delfino in questione è Dusty, ed è un lone sociable, cioè un delfino solitario, e che vive a contatto con l'uomo, seppure rimanendo libero in mare. Lo si trova nelle acque vicino alla cittadina di Doolin, in Irlanda. Ha persino un sito e una pagina Facebook.

Cosa si vede nel video?
- un gruppo di persone che guardano e fotografano un delfino in acqua
- una donna appare in acqua col delfino
- il delfino comincia subito a sbattere la coda sull'acqua
- la gente ride e scherza vedendo le manifestazioni esuberanti del delfino
- la donna, dopo un po', intuisce che qualcosa non va e cerca di raggiungere la scaletta
- il delfino parte veloce e la colpisce alla schiena
- la donna chiede aiuto, e finalmente qualcuno capisce cosa è successo e soccorre la donna

Alcune riflessioni. Intanto, la donna scende in acqua col delfino. Cioè entra in un ambiente non suo, dove si muove con difficoltà (mentre il delfino no di certo), insieme ad un animale selvatico, forte, robusto, con 100 denti, una coda potentissima, e che pesa oltre 300 chili. Se lo avesse fatto con uno squalo, un leone, un lupo, avremmo detto che è pazza, ma siccome è un delfino, appare normale. Il delfino è bello (vero), bravo e buono (dipende) e ride sempre (falso).

Il delfino, prima di colpire, sbatte forte la coda sull'acqua, segno che è agitato ed aggressivo: non gradisce la presenza della donna in acqua. La gente ride e si diverte. Evidentemente non conosce i segnali e i comportamenti che i delfini possono mettere in atto in queste o in altre situazioni. Un cane arrabbiato, prima di attaccare, ringhia, lo sanno tutti. Un delfino arrabbiato prima di attaccare sbatte forte i denti, e la coda sull'acqua, per esempio. Non lo sa nessuno, ma tutti pensano di poterci fare il bagno insieme comunque.

Mi dispiace per quella donna, che ha subito danni non da poco alle vertebre, ma questo è quello che può capitare ad avere a che fare con un animale selvatico nel suo ambiente. Lei lamenta che non c'erano cartelli che avvisano del pericolo di fare il bagno con Dusty, o che lo vietano (adesso li hanno messi, vedi foto); vero, ma servono davvero dei cartelli? Vogliamo smettere di considerare i delfini come dei grossi giocattoloni? Non dico di arrivare a temerli come una forza che controlla il pianeta e può distruggere l'uomo (ma che gente c'è, in giro?), ma rispettare loro e il loro ambiente magari sì. E conoscerli anche un po' meglio, soprattutto prima di decidere di buttarsi in acqua con uno di loro, selvatico.