Mercoledì scorso, insieme ai colleghi di Cetacea, siamo andati a visitare il "Museo della Piccola Pesca e delle Conchiglie", a Viserbella, una frazione di Rimini. Non l'avevo mai visitato, mea culpa, anche se avevo già avuto contatti con loro, perchè nel 2005 avevano trovano una piccola Caretta caretta morta sulla spiaggia. Volevano imbalsamarla per il museo e li ho aiutati ad ottenere il permesso dell'ufficio Cites del Corpo Forestale dello Stato.
Il piccolo museo, tre stanze e un corridoio, sul retro di un asilo, è piccolissimo ma assolutamente affascinante. E' aperto solo d'estate, per cui è venuto ad aprirci il direttore-tuttofare, Maurizio. Lo aspettavamo fuori, sotto una pioggerellina fastidiosa. E' arrivato su una vecchia R4 come non ne vedevo da tempo. E anche lui è uomo di altri tempi. Ex pescatore, arriva col suo berrettino di lana, il suo barbone bianco e zoccoli di gomma su piedi nudi. Bella tempra.
In un attimo ci conquista con le sue chiacchiere e le sue battute. Impossibile raccontare cosa è stipato in quelle stanze. E' come fare un salto all'indietro in un mondo dominato dall'uso delle mani: strumenti costruiti a mano e usati a mano. Gioielli di ingegneria e ergonomica. In quegli strumenti (centinaia di strumenti per la pesca, la navigazione e la lavorazione degli strumenti stessi) c'è il valore degli artigiani, del lavoro fatto con l'ingegno del cervello e la perizia dei gesti.
All'ingresso, dopo una rampa di scale, ci sono persino due biciclette di quelle che usavano le donne che vendevano per strada le vongole, le poveracce in dialetto romagnolo. E mi sono reso conto di essere abbastanza vecchio (si fa per dire) da ricordarmele! Mi ricordo, anche se ero molto piccola, che sentivo il loro grido dalle finestre di casa mia: purazi, purazi doni! (poveracce, poveracce, donne!).
In un angolo della prima stanza ci sono delle marotte, le casse di legno che venivano usate per tenere il pesce vivo, soprattutto le anguille. Sopra una di queste c'è un articolo di giornale, ritagliato e plastificato "Lo straordinario viaggio dell'anguilla". E' il mio. L'ho scritto io nel mio spazio settimanale sul quotidiano La Voce. Lo dico a Maurizio: "Ehi questo l'ho scritto io!". E lui "ma allora te sei uno importante, io leggo i tuoi articoli sulla Voce".
Da quel momento si rivolge spesso a me, illustrandoci i mille oggetti nelle vetrine, come se fossi un esperto, ma non ne so la metà di quanto sa lui, altro che esperto. Si arrabbia anche un po', ma bonariamente, perchè gli rivelo che uno dei tre carapaci di tartaruga appesi alla parete e "classificati"come Caretta caretta invece non lo è. Andiamo avanti un po' con la storia delle nostre competenze sulle tartarughe, lui pretende di sapere il sesso della piccola tartarughina esposta in vetrina ("è una femmina, ha la coda corta"), quella di cui parlavo prima. Lo deludo di nuovo, impossibile stabilire il sesso di un esemplare così piccolo. Lui si arrabbia e borbotta, ma ovviamente è tutta una posa.
Continuiamo il giro, alle pareti ci sono tantissime foto d'epoca: la pesca con la traina dalla spiaggia, altre immagini di pesca, e poi spiaggiamenti storici di capodogli, pesci luna, delfini. Nella piccola bibilioteca, c'è un tavolone con sopra dei fossili. Fanno parte di una collezione che ne comprende qualche quintale. Il signore di Torino che li ha collezionati è scomparso da poco. La moglie, in vacanza a Rimini, si è innamorata di quel piccolo gioiellino di museo, e li ha regalati tutti a loro!
Infine ci porta nell'ultima sala, quella delle conchiglie. Una collezione davvero notevole, ma a me sono rimasti gli occhi e la mente nelle prime sale della pesca artigianale.
Ci lasciamo con la promessa di collaborare. Nella nostra sede abbiamo in mente anche una mostra sulla pesca, e chi meglio di Maurizio e del suo tesoro può darci una mano?
Il sito del museo è www.escaion.it (e scaion è lo strumento che si usava una volta per pescare le vongole, prima delle turbosoffianti...).
Il piccolo museo, tre stanze e un corridoio, sul retro di un asilo, è piccolissimo ma assolutamente affascinante. E' aperto solo d'estate, per cui è venuto ad aprirci il direttore-tuttofare, Maurizio. Lo aspettavamo fuori, sotto una pioggerellina fastidiosa. E' arrivato su una vecchia R4 come non ne vedevo da tempo. E anche lui è uomo di altri tempi. Ex pescatore, arriva col suo berrettino di lana, il suo barbone bianco e zoccoli di gomma su piedi nudi. Bella tempra.
In un attimo ci conquista con le sue chiacchiere e le sue battute. Impossibile raccontare cosa è stipato in quelle stanze. E' come fare un salto all'indietro in un mondo dominato dall'uso delle mani: strumenti costruiti a mano e usati a mano. Gioielli di ingegneria e ergonomica. In quegli strumenti (centinaia di strumenti per la pesca, la navigazione e la lavorazione degli strumenti stessi) c'è il valore degli artigiani, del lavoro fatto con l'ingegno del cervello e la perizia dei gesti.
All'ingresso, dopo una rampa di scale, ci sono persino due biciclette di quelle che usavano le donne che vendevano per strada le vongole, le poveracce in dialetto romagnolo. E mi sono reso conto di essere abbastanza vecchio (si fa per dire) da ricordarmele! Mi ricordo, anche se ero molto piccola, che sentivo il loro grido dalle finestre di casa mia: purazi, purazi doni! (poveracce, poveracce, donne!).
In un angolo della prima stanza ci sono delle marotte, le casse di legno che venivano usate per tenere il pesce vivo, soprattutto le anguille. Sopra una di queste c'è un articolo di giornale, ritagliato e plastificato "Lo straordinario viaggio dell'anguilla". E' il mio. L'ho scritto io nel mio spazio settimanale sul quotidiano La Voce. Lo dico a Maurizio: "Ehi questo l'ho scritto io!". E lui "ma allora te sei uno importante, io leggo i tuoi articoli sulla Voce".
Da quel momento si rivolge spesso a me, illustrandoci i mille oggetti nelle vetrine, come se fossi un esperto, ma non ne so la metà di quanto sa lui, altro che esperto. Si arrabbia anche un po', ma bonariamente, perchè gli rivelo che uno dei tre carapaci di tartaruga appesi alla parete e "classificati"come Caretta caretta invece non lo è. Andiamo avanti un po' con la storia delle nostre competenze sulle tartarughe, lui pretende di sapere il sesso della piccola tartarughina esposta in vetrina ("è una femmina, ha la coda corta"), quella di cui parlavo prima. Lo deludo di nuovo, impossibile stabilire il sesso di un esemplare così piccolo. Lui si arrabbia e borbotta, ma ovviamente è tutta una posa.
Continuiamo il giro, alle pareti ci sono tantissime foto d'epoca: la pesca con la traina dalla spiaggia, altre immagini di pesca, e poi spiaggiamenti storici di capodogli, pesci luna, delfini. Nella piccola bibilioteca, c'è un tavolone con sopra dei fossili. Fanno parte di una collezione che ne comprende qualche quintale. Il signore di Torino che li ha collezionati è scomparso da poco. La moglie, in vacanza a Rimini, si è innamorata di quel piccolo gioiellino di museo, e li ha regalati tutti a loro!
Infine ci porta nell'ultima sala, quella delle conchiglie. Una collezione davvero notevole, ma a me sono rimasti gli occhi e la mente nelle prime sale della pesca artigianale.
Ci lasciamo con la promessa di collaborare. Nella nostra sede abbiamo in mente anche una mostra sulla pesca, e chi meglio di Maurizio e del suo tesoro può darci una mano?
Il sito del museo è www.escaion.it (e scaion è lo strumento che si usava una volta per pescare le vongole, prima delle turbosoffianti...).
che bello! adoro i piccoli musei come questo che conservano la storia e le tradizioni della pesca e del mare.
RispondiEliminaLo segnalo immediatamente a mia cugina appassionata biologa della pesca, e spero prima o poi di riuscire a visitarlo di persona.
Bello bello bello!!! Me lo segno e appena posso ci passo!
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