Il Resto del Carlino di ieri, nelle pagine di cronaca locale (Rimini), riportava tre articoli sulla situazione della pesca in Adriatico. Si possono riassumere così: ogni anno si pesca sempre meno, e quest'anno siamo a una specie di deserto totale.
Un giro di interviste fra i banchi delle pescherie di Rimini conferma il disastro: “Il pesce si continua a vendere. Ma nella maggior parte dei casi è importato o congelato. […] E’ una tragedia, non c’è quasi più niente. […] Ne arriva sempre meno, non si pesca più niente da un po’ di tempo a questa parte. […] Mancano completamente le seppie, mentre normalmente questo è il periodo migliore. Lo stesso vale per merluzzo e sogliola".
"Il pesce è andato sempre in calando negli ultimi anni — aggiunge Elsa, titolare di un altro bancone di pescheria — ma quest’anno è proprio un disastro. Si vende il pesce d’importazione perché il nostro non c’è più". "Il fatturato è calato almeno del 30-40%”.
Brutto, non è vero? Per la verità è una situazione che conoscono tutti, che tutti prima o poi si aspettavano, ma vederla così, evidente come un banco di pescheria vuoto, lampante come una prova, e davvero brutto.
Il mare violentato e depredato, non ne ha più. Lo dicono i pescatori già da tempo. Lo dicono i dati scientifici. E adesso lo vediamo tutti, in pescheria.
Pescare senza criteri, senza limiti, senza pianificazione, peggio, senza mai pensare al domani, intenti solo al “tutto e subito”, ha dati i suoi frutti. Frutti vuoti, immangiabili. Tecniche sempre più raffinate, tecnologie sempre più capaci, motori sempre più potenti: quello che c'era da prendere, lo si è preso. Secondo gli scienziati la colpa è della pesca intensiva. Secondo i pescatori, ma va?, è colpa dell'inquinamento.
E adesso si corre ai ripari, o meglio si vorrebbe farlo: ma i buoi, anzi i pesci, sono scappati da un pezzo. Si parla di raddoppiare il fermo pesca, o di aggiungerne un altro subito dopo Pasqua. Palliativi. E' come chiudere una falla col nastro adesivo. Bisognerebbe dare tempo ai pesci, e a tutto l'ecosistema, di riprendersi, di recuperare. E' vero, ma ne serve molto.
Io aggiungerei una cosa. Non diamogli solo del tempo, diamogli anche dello spazio. Individuiamo e allestiamo da subito un sistema di ampie aree protette, lungo tutto l'Adriatico. Lì dentro non si pesca, anzi, non ci si va per niente. Polmoni dove il mare recupera se stesso, aree di protezione dove il pesce si rifugia e si riproduce. Difficile? Certo. Anche perchè non esiste area protetta se non si ha la possibilità di sorvegliarla e controllarla, e farlo in mezzo al mare non è certo semplice.
Eppure, sembra un'ottima soluzione. Nel 2001, 161 scienziati firmarono una petizione richiedendo un'azione urgente affinchè si creasse un network di aree protette nei mari del mondo. I firmatari facevano notare come la vita marina migliora velocemente e sensibilmente, una volta che un'area protetta è stata realizzata. In un anno o due la densità di popolazione cresce del 91%, la taglia dei pesci sale del 31%, e la diversità di specie del 20%. Ovviamente, con ottimi benefici anche per la pesca, nelle acque lì intorno.
Un articolo così preciso, completo e mirato lo cercavo da tempo.
RispondiEliminaFinalmente un articolo che denuncia il vero, senza il bisogno di nascondere la triste realtà.
Un articolo con mette in vista la situazione, e che propone i rimedi.
Sentiti complimenti.
Grazie Pierpins.
RispondiEliminacondivido pienamente, sul tirreno, golfo di policastro, non si prende più niente, o melgio la taglia dei pesci è ridottissima. Una volta si prendevano sechhi di muggini mentre oggi questo pesce - che si adatta benissimo all'inquinamento, praticamente è scomparso, così come il branzino. Strascico, reti a 3 metri dalla riva, riscaldamento delle acque, hanno ormai ridotto ai minimi termini la risorsa ittica. Rimedi? Eliminazione della pesca a strascico.
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