E così dopo internet, i quotidiani, e dopo i quotidiani la televisione: adirittura il TG1! Tutti a riprendere la storiella che i capodogli sono morti a causa delle buste di plastica che avevano ingerito. Anzi che il capobranco aveva ingerito, e gli altri dietro a lui, fedeli, lo hanno seguito, fino alla fine, fino alla morte. E venivano addirittura dall'Atlantico. Che storia!
Peccato sia una bufala, un'invenzione. Qualcuno in cerca dei suoi cinque minuti di notorietà l'ha confezionata, e tutti pronti a cascarci dentro con le mani e con i piedi.
I sacchetti negli stomaci c'erano, ma non aveano causato danni, e NON sono la causa dello spiaggiamento. Dubito fortemente che quel gruppo avesse un "capobranco"; andiamo, basta con queste storielle sugli animali sempre uguali. Ma che schifo.
Ma non si poteva aspettare che chi ha fatto le autopsie comunicasse ufficialmente cosa aveva trovato (Sandro, se mi leggi, fallo presto, serve chiarezza in questa vicenda)? Bisogna cavalcare la notizia ancora fresca, approfittando delle intense emozioni (questa sì, una bella novità) che questo spiaggiamento ha suscitato negli italiani, per far parlare magari più di sè. E vai poi di opinionisti, di corsivi sui quotidiani, tutti già sicuri, senza nemmeno un dubbio: li ha uccisi la plastica. Non lo diaciamo sempre, che i nostri rifiuti in mare uccidono gli animali marini? Ecco la dimosrazione, semplice no?
Mi direte, ma con chi ce l'hai? C'è l'ho con chi approfitta del clamore di questa storia. Ce l'ho con chi vuole una risposta, subito, per cui prende la prima che gli passa davanti, magari ben confezionata (ma neanche poi tanto).
Le cause di questo spiaggiamento vanno indagate, e magari scopriremo che c'entra davvero l'uomo, e non ci stupiremmo più tanto, ma è un fenomeno complesso e non si può improvvisare nel tirare le conclusioni (tra l'altro pare che uno dei capodogli sia stato identificato come un esemplare fotografato per otto anni consecutivi nelle acque della Grecia ionica, altro che Atlantico!).
Questi capodogli, con il loro dramma, queste figure totemiche, quasi mitologiche che finiscono a morire insieme su una spiaggia pugliese, sono come miele per le tante mosche che vi ronzano attorno. Alcune si occupano di cetacei e di spiaggiamenti da anni, altre si sono imporvvisate esperti.
Sono come le mosche, quelle vere stavolta, che adesso ronzano attorno a quelle carcasse smembrate e putrescenti, a quegli scheletri dal valore scientifico/educativo inestimabile, ma che forse finiranno male, persi per incuria e intempestività, come rifiuti in qualche discarica. E qualcuno ci guadagnerà pure, e non poco.
Fondazione Cetacea nel suo piccolo ha subito presentato alla regione Puglia il suo grande progetto, per recuperare tutti e sette gli scheletri, lasciandoli pulire in mare, con una tecnica già sperimentata: pulita, rapida, persino economica. Di più, noi proponevamo poi di lasciare lì i reperti finali, montati ed esposti, lì in Puglia, senza mandarli in giro per diversi musei in Italia. L'avevamo chiamato "La spiaggia dei Capodogli". Il progetto è piaciuto a molti, ma non a chi si vedeva sottrarre l'osso succulento (metafora azeccata, no?) e dunque non passerà.
E va beh, tanto sai quanti ne capitano di spiaggiamenti del genere...