lunedì 22 febbraio 2010

Un tappeto di alacce morte

Il freddo e il… riscaldamento globale, responsabili della moria di pesci in Adriatico

Chi, nei freddissimi giorni di fine febbraio, si fosse avventurato per una passeggiata sulle spiagge romagnole, si sarà certamente imbattuto in una scena certamente sbalorditiva. Il bagnasciuga, a Riccione, così come a Rimini, a Viserba e su fino a Cesenatico, era letteralmente ricoperto di pesci morti.
Tutti animali di discrete dimensioni, attorno 15-20 centimetri e anche di più, i pesci morti formavano in qualche punto un vero e proprio tappeto. Uno spettacolo macabro che ha lasciato non poche persone prima sgomente e poi vogliose di sapere cosa era successo.
Superato lo sbigottimento per la triste visione, una cosa saltava subito agli occhi: tutti i pesci erano uguali. Cioè non si era di fronte a una generale moria di pesce, ma un’unica specie era stata colpita dal fenomeno. Era già questo, un primo e fondamentale indizio.
I pesci erano evidentemente sardine o sarde, ma gli esperti che si sono occupati di spiegare il fenomeno, in particolare i biologi della Daphne di Cesenatico (ARPA Emilia-Romagna) li hanno ben presto identificati come appartenenti alla specie Sardinella aurita, detta comunemente Alaccia.
L’alaccia, come altre specie della sua stessa famiglia, appartiene alla categoria di pesce comunemente definito "pesce azzurro". Assomiglia molto alla più comune sardina (Sardina pilchardus), ma da questa si distingue per una riga mediana dorata che separa il dorso blu-verdastro dai fianchi argentati.

Cosa dunque aveva ucciso le alacce in quei freddi giorni di fine gennaio? Le cause sono in effetti legate proprio alle temperature e anche al… riscaldamento globale. Questo pesce si trova in tutto il Mediterraneo e predilige acque calde, per cui è più facile trovarla nei bacini meridionali. Negli ultimi anni però, proprio a causa dell’aumento generalizzato delle temperature, si è spostata anche in bacini nei quali una volta era molto rara, come il mar Ligure e ovviamente l’Adriatico.
Abbiamo dunque un pesce che è comune in Mediterraneo, che predilige acque calde, e che negli ultimi anni ha potuto spostarsi anche in nord Adriatico. Ma a fine gennaio, quest’anno, le temperature del nostro mare sono state molto, molto fredde, parliamo di 5 – 5,3 ° C. E a queste acque gelide, un pesce avvezzo a mari un po’ più gradevoli, non può resistere. Da qui, improvvisa ed inevitabile, la strage.

Tra l’altro la cosa si era già verificata, ma in misura minore, anche nell’inverno del 2002. La moria ha fatto la sua comparsa, i primi giorni di febbraio, anche nelle acque marchigiane, per poi esaurirsi gradualmente.
Smentite dunque le comprensibili, ma affrettate ipotesi di avvelenamenti o inquinamenti vari; anche se un minimo di colpa ce l'abbiamo comunque. Senza cambiamenti climatici le alacce non sarebbero state qua, e dunque...

La foto in alto l'ho fatta davanti alla sede di Fondazione Cetacea, una ventina di giorni fa

4 commenti:

  1. Urca, che disastro! Certo che un po' di colpa l'abbiamo comunque... e quando mai l'essere umano riesce a non combinar disastri?!

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  2. Appena sentito della "marea nera" che sta scendendo il Po e mi piange il cuore. ....

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  3. Sì, una tristezza. Oggi ero all'ARPA dell'Emilia Romagna, arrivavano tante telefonate di giornalisti e tutti chiedevano se era in pericolo la balneazione. La balneazione! A nessuno fregava niente del disastro ambientale...

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  4. Ma guarda un pò che situazione...una vera moria, non è possibile che certe cose accadano, tutto questo inquinamento ci farà veramente male, e per cosa? per gente che lucra sulla natura rovinando le vere cose belle del mondo. E' necessario cambiare atteggiamento. Grazie per tutte le informazioni che ci dai. Ciao e speriamo che non succeda ancora...

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