venerdì 27 luglio 2012

Intermezzo abruzzese

Niente mare oggi, su Storie di Mare.
In questi giorni sono in vacanza a Santo Stefano di Sessanio, sugli altipiani del Gran Sasso. Qua la natura e i paesaggi hanno una bellezza selvaggia, rude e senza fronzoli. La pace, il silenzio, l'aria pulita (siamo a 1250 m s.l.m.), sono quello che io e la mia famiglia cercavamo e abbiamo trovato.

Ingenuamente, mi sono reso conto solo arrivando, che queste sono zone dove il terremoto del 2009 ha colpito duramente. La visita al paese di Santo Stefano è stata davvero un'esperienza fuori dal comune. Il paesino è bellissimo, uno del borghi più belli d'Italia, recita il cartello all'ingresso della strada principale. Lo è ancora, ma il sisma ha lasciato ferite profonde. Il simbolo del paese, la splendida Torre medicea, che ancora troneggia, come simbolo, su negozi, case e cartoline, non esiste più. Si è salvata solo la base. Al suo posto un'impalcatura in metallo ricorda, nella forma e nelle dimensioni, la torre com'era prima. E' un ben triste spettacolo. Il paesino porta i segni della tragedia. Molte case sono puntellate da impalcature, molte sono vuote. Su molte finestre il cartello "Vendesi", e chissà se c'è chi vuole comprare.

Ma credo e intuisco che la gente che è rimasta, gente dura e sincera, abbia voglia comunque di ricominciare e lo stia facendo. I peasini qui intorno sono ricchi di eventi e iniziative, e non vediamo l'ora di assistere al concerto jazz di domenica sera, nella piccola piazza del paese. Il turismo qui è un toccasana. Porta vita e soldi e movimento. Ma non c'è tanta gente in giro, eppure le montagne sono straordinariamente belle. Incontriamo turisti francesi, olandesi e americani. Italiani pochi, ed è un peccato.

Leggo su un blog, a proposito di Santo Stefano: "Oggi, il borgo conta oltre 7.000 visite l’ anno. E si tratta perlopiu’ di un turismo estremamente selezionato, di nicchia, attento ai significati profondi della tradizione e delle manifestazioni popolari". Se amate la montagna, fateci un pensiero.

mercoledì 18 luglio 2012

Tonni adriatici all'ingrasso

Domenica 15 luglio, un gruppo ambientalista chiamato The Black Fish ha liberato, tagliando le reti dei recinti in mare, centinaia di tonni rossi (Thunnus thynnus). E' successo sotto casa nostra, in Adriatico, al largo di Ugljan, in Croazia. L'atto in sé è discutibile, ma non è esattamente di questo che voglio parlare.
Gli allevamenti di tonno rosso in Croazia sono fra i più grandi al mondo, e sono di proprietà di una compagnia statunitense che si chiama Umami Sustainable Seafood. La Umami fattura ogni anno, con il commercio dei tonni, 54 milioni di dollari.

Attenzione però quando si parla di allevamenti di tonni. Il termine allevamento può trarre in inganno: i tonni che si trovano nei recinti sono tonni comunque catturati in mare. I tonni vengono pescati ancora piccoli, portati nei recinti e messi all'ingrasso. Questo anche se la compagnia dichiara di avere "una popolazione di riproduttori che ha generato nel 2009, 2010 e 2011". Ma i tonni li pescano, li pescano eccome.
I recinti non sono allevamenti, ma fabbriche di carne di tonno: pesci che raggiungono il peso commerciale molto prima, grazie all'abbondante cibo. Cibo costituito da tonnellate di pesce, anche questo pescato in mare. Sul sito della Umami, già nella homepage leggete "I tonni della Umami vengono nutriti 6 giorni alla settimana, con piccoli pesci pelagici - la stessa dieta che hanno in natura". Cibo concentrato in recinti strapieni di tonni, che poi produce scarti (feci e cibo non mangiato) a concentrazioni elevate, che escono dai recinti attraverso le reti, e inquinano anche pesantemente le zone degli allevamenti. Zone che la stessa Umami definisce "pristine", cioè incontaminate, pure. Inoltre, la pesca di piccoli pesci da usare come cibo per l'acquacoltura, è già di per se motivo di preoccupazione per la salute degli stock di questi pesci.

Eppure la Umami ci tiene a mostrarsi sostenibile, già dal nome: Sustainable Seafood. C'è persino una pagina dedicata alla sostenibilità e che si intitola: mantenere floridi gli stock di tonno rosso. Come se i tonni non li pescassero. "L'unica strada percorribile per una società che si basa su doni della natura, è quella di un uso sostenibile delle risorse", dichiarano. Eppure la Black Fish accusa la Umami di essere una dei maggiori responsabili del declino del tonno rosso in Mediterraneo.

L'ICCAT (International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas, cioè l'organizzazione inter-governativa che si occupa della conservazione del tonno atlantico e dei mari adiacenti) ha stabilito che non possono essere pescati tonni inferiori ai 30 kg (quindi comunque abbastanza piccoli), ma questa norma prevede però alcune eccezioni, e una dice che i tonni pescati in Adriatico "destinati agli allevamenti", possano essere pescati anche più piccoli, con un minimo di 8 kg. Un disastro. Questi sono animali che non hanno mai avuto la possibilità di riprodursi. Ecco perché l'attacco proprio alla Croazia, in Adriatico.

A proposito, si stima che più del 90% della popolazione atlantica di tonno rosso è ormai stata distrutta.

lunedì 9 luglio 2012

La Corea caccerà le balene? Sì, no, forse.

Ecco le decisioni più importanti degli ultimi tre giorni del meeting della International Whaling Commission.

4 luglio
Si discute della Aboriginal Subsistence Whaling (vedi qui). La quota da allocare alla Groenlandia, che chiedeva un aumento, produce una discussione accesa, e viene rimandata. Si affronta quindi il discorso delle quote di USA (Alaska), Russia e Saint Vincent e Grenadines. Si "bisticcia" sul fatto che le tre quote vengono discusse assieme e non separatamente. Alla richiesta di farlo, gli Usa si oppongono. Non si arriva a un accordo e dunque si va al voto. Con 48 voti favorevoli (e solo 10 contrari: Argentina, Brazil, Chile, Colombia, Costa Rica, Dominican Republic, Ecuador, Gabon, Peru, Uruguay), la proposta passa e dunque queste quote vengono garantite per altri 6 anni.

5 luglio
La Corea del Sud annuncia che in futuro prenderà in considerazione il ritorno alla caccia alle balene, per "scopi scientifici". Le ultime balene che la Corea ha cacciato (69 balenottere comuni) risalgono al 1986, primo anno di attuazione della moratoria mondiale. Era una quota che si erano auto-attribuiti, sempre per "scopi scientifici". Ovviamente l'annuncio ha suscitato molte reazioni contrarie.

Lo stesso giorno si discute finalmente della quota da assegnare alla Groenlandia, che chiedeva di aumentarla, per i prossimi sei anni. La Groenlandia caccia megattere e balenottere comuni. Per fortuna le rivelazioni della Whale and Dolphin Conservation Society hanno il loro peso: avevano infatti scoperto che parte della carne delle balene cacciate in Groenlandia, veniva venduta ai turisti nei ristoranti e nei supermarket. Questo è chiaramente contrario alla definizione di baleneria di sussistenza. Così la proposta della Groenlandia viene bocciata con 25 voti a favore e 34 contrari.

Come dicevo, all'IWC si parla anche di questioni legate alla conservazione. In effetti, ancora il 5 luglio, gli stati membri si sono trovati d'accordo su una risoluzione portata avanti da Germania e dagli stati dell'Unione Europea, più la Svizzera, relativa alla "importanza di una costante ricerca scientifica per quanto riguarda l'impatto del degrado dell'ambiente marino sulla salute dei cetacei e dei relativi effetti sulla salute umana". In breve, questo significa affrontare gli effetti negativi degli alti livelli di contaminanti organici e metalli pesanti sull'ambiente e l'impatto che questi hanno su balene e delfini.

6 luglio
E' l'ultimo giorno di lavori. La proposta del Principato di Monaco di una collaborazione delle Nazioni Unite allo scopo di proteggere ulteriormente balene e delfini in mare aperto, ha trovato la forte opposizione delle nazioni baleniere, e alla fine è stata ritirata.

Nei giorni successivi alla conclusione dell'IWC, si registra la forte opposizione dell'opinione pubblica coreana, alla decisione del proprio governo di valutare l'idea di riprendere la caccia alle balene. E il governo coreano sta già, a quanto pare, facendo marcia indietro. Una buona notizia.

giovedì 5 luglio 2012

The Truman Show


Ieri sera ho rivisto il film "The Truman show". Sempre bello e sempre motivo di riflessione.

Mi ha fatto venire in mente quanti Truman Show ci sono, in tutto il mondo. Animali che nascono in cattività, senza altre alternative che restarci per sempre. Non conoscono altro mondo che quello che noi gli costruiamo intorno. Anzi, credono che quello sia il mondo. Nient'altro al di fuori della loro gabbia, del loro recinto, della loro vasca. Sempre gli stessi odori, sempre lo stesso spicchio di cielo. Incontrano animali che noi abbiamo scelto per loro, e mangiano il cibo che noi abbiamo deciso debbano mangiare.

Noi ci raccontiamo che "sono trattati benissimo", che "noi amiamo i nostri animali", che "non soffrono perché tanto sono nati lì, e non conoscono altro". Questo rende meno enorme la brutalità di quello che facciamo?

E per cosa poi? Per lo show. Perchè noi li si possa vedere. Per portare i nostri bambini a vedere com'è fatto un orso, un lupo, un delfino, una giraffa. E mostriamo loro degli esseri che ne hanno solo l'aspetto, ma non sono veri orsi, lupi, delfini, giraffe. Sono simulacri, pallide fotografie.
Che inetti e patetici educatori e ricercatori siamo, se abbiamo bisogno di questi luoghi per educare e tutelare. O forse abbiamo bisogno di scuse per coprire la nostra vergogna.

E non ci viene neanche in mente di chiederci: chi diavolo mai ci ha dato il diritto di fare una cosa del genere?

martedì 3 luglio 2012

No al Santuario del sud Pacifico

La proposta di istituire un Santuario per i Cetacei nel sud Pacifico, votata ieri alla International Whaling Commission (ne ho parlato ieri), non è passata.
Servivano i 3/4 dei voti favorevoli. Sono stati 38 i sì e 21 i no. Le nazioni baleniere, Giappone, Norvegia e Irlanda, e i loro alleati (in genere piccoli paesi che vengono "ricompensati" dai giapponesi), hanno vinto.
Hanno votato no:
Tanzania, Togo, Tuvalu, Antigua and Barbuda, Benin, Cambogia, Cina, Ghana, Granada, Islanda, Giappone, Kiribati, Korea, Laos, Mongolia, Norvegia, Palau, Russia, Saint Kitts and Nevis, Santa Lucia.

lunedì 2 luglio 2012

La caccia alle balene non è mai finita

In questi giorni, a Panama, si svolge il meeting annuale della International Whaling Commission, la commissione internazionale che discute di baleneria e, tra le altre cose, delle famose quote annuali concesse al Giappone, alla Norvegia e all'Islanda.
Quest'anno, secondo la WDCS (Whale and Dolphin Conservation Society) i punti "caldi" in discussione sono almeno 5.

1. Il problema del quorum. L'anno scorso il Brasile e l'Argentina proposero di istituire un santuario per i Cetacei, nel sud Atlantico. La cosa venne messa ai voti, ma il Giappone, le nazioni baleniere, e altri 20 stati domandarono di non votare, ma solo di trovare un accordo cui dare consenso. Così, al momento del voto, lasciarono la sala. A quel punto fu ovvio che non era chiaro se per le votazioni dell'IWC fosse necessario... un numero minimo di votanti (un quorum). L'accordo non fu trovato e, per la questione del quorum, si decise di creare un gruppo di lavoro, mentre per il santuario fu rimandata la decisione a quest'anno.

2. Il Santuario del Sud Atlantico. Cioè quello di cui si parlava sopra. Esso darebbe protezione alle 52 specie di Cetacei che vivono nell'area. La proposta non è nuova, anzi; era già stata avanzata per la prima volta nel 2001. Quest'anno sarà riproposta da Brasile, Argentina e Uruguay. Se verrà messa al voto, serviranno i 3/4 dei voti favorevoli. 

3. Le quote per la Aborigenal Subsistence Whaling (ASW). L'ASW è la caccia alle balene concessa a popolazioni native per le quali tali catture sono questione di sopravvivenza e/o di tradizione locale. Attualmente hanno quote di balene da cacciare, come ASW, la Danimarca (Groenlandia), la Russia (Siberia), St Vincent e le Grenadines, e gli USA (Alaska). Tutte hanno chiesto il rinnovo delle quote, tranne la Groenlandia, che ne ha chiesto l'aumento. L'anno scorso è stato creato un gruppo di lavoro ad hoc, per tutte le questioni legate alla ASW.

4. Le questioni legate alle 3 grandi nazioni baleniere.
Islanda: l'Islanda non si è opposta alla moratoria (il divieto mondiale di cacciare balene) del 1982. Nonostante questo, dal 1989 ha ricominciato a cacciare balene per "scopi scientifici". Ha infine lasciato la Commissione nel 1992, per poi rientrare nel 2002. Per il 2011-2012 si è auto-concessa una quota di 216 balenottere minori e 154 balenottere comuni. Si stima comunque che, per ora, abbia catturato 59 balenottere minori e nessuna comune.
Giappone: ha quote importanti su 6 specie diverse, compresi i capodogli, e quest'anno chiederà di aggiungere un'ulteriore quota per il mare di Okhotsk, nel Pacifico occidentale. Si è anche auto-concessa una quota di 50 megattere, che per ora non caccia, ma che usa come arma di contrattazione (ricatto?): le cacceremo se voi...
Norvegia: continua a cacciare, nonostante la vendita di carne di balena sia in calo. Ha un quota per il 2011-2012 di 1286 balenottere comuni (533 catturate).

5. La Conservation Agenda. All'IWC non si discute solo di baleneria ma anche di altre tematiche legate alla conservazione dei Cetacei. Quest'anno un tema importante sarà la stesura di un piano strategico quinquennale per la regolamentazione del Whale-Watching.