martedì 14 marzo 2006

Racconti: la storia di Alba

La Fondazione Cetacea gestisce un Ospedale delle Tartarughe; un centro di recupero per tartarughe marine che necessitano di cure. Nelle vasche di questo ospedale passano ogni anno 15-20 Tartarughe comuni, della specie Caretta caretta, che qui vengono curate e poi una volta ristabilite, restituite al mare. Queste silenziose ospiti arrivano, spesso sofferenti, sebbene il loro dolore sia per noi quasi indecifrabile, stanno in nostra compagnia a volte per poche settimane, a volte anche per parecchi mesi, e alla fine di loro non ci rimane che una scheda in un archivio e delle foto. Ma alcune di loro hanno, loro malgrado, delle storie da raccontare…

Alba, per esempio. Dal 1997 al 2000 Alba era diventata oramai un’istituzione, un punto fisso, la mascotte indiscussa del centro.
Alba era un giovane esemplare di Tartaruga comune con una triste storia che comincia alla fine di luglio del 1997 quando, in una località vicino a Venezia, presso un centro di allevamento di mitili, Alba viene ritrovata, agonizzante per una tremenda ferita che le attraversa il carapace, cioè la parte superiore del guscio. Probabilmente un’elica o la chiglia di un’imbarcazione l’hanno colpita. La ferita è grave e profonda. Viene recuperata dalla Capitaneria di Porto di Venezia e, tramite una staffetta con gli agenti del Corpo Forestale dello Stato di Forlì, consegnata alla Fondazione Cetacea.
La diagnosi non è buona: la ferita è molto ampia e difficilmente potrà cicatrizzare, inoltre è abbastanza profonda da aver raggiunto la colonna vertebrale e infatti Alba ha grosse difficoltà di movimento delle natatoie, cioè le zampe, posteriori. In pratica, è semi-paralizzata.
Va seguita e medicata quotidianamente e costantemente da un veterinario qualificato. La nostra veterinaria di allora, la dott.ssa Carlotta
Gaio, decide quindi di portarsela via con sé, nel suo ambulatorio di Milano. E’ in buone mani ma decisamente non nutriamo molte speranze.
Eppure i giorni passano e l’attesa triste notizia non arriva. Carlotta ci tiene costantemente informati: dopo un preoccupante periodo iniziale, le sue condizioni migliorano ma molto lentamente e la ferita, mantenuta chiusa e soprattutto asciutta tramite una “toppa” di resina e plastica, periodicamente ricambiata, si sta chiudendo. Ci vuole più di un anno, ma alla fine, nel novembre del 1998 Alba rientra a Riccione. La ferita è richiusa, Alba sta bene ma le sue zampe posteriori sono ancora semi-paralizzate. Non sappiamo come se la caverebbe in mare, anche se conosciamo casi di tartarughe marine che sopravvivono anche con le natatoie posteriori amputate. Facciamo delle prove immergendola in un acquario da 8000 litri. La prova non va bene: Alba fatica molto a venire a galla a respirare, si muove con difficoltà. Quando poi uno dei pigri e grassi squali nutrice che stazionano spesso inerti sul fondo della vasca, le nuota dietro cercando di morderle le esanimi zampe posteriori, decidiamo che non è più il caso di insistere. Viene chiesto ed ottenuto l’affidamento permanente all’Ufficio CITES del Corpo Forestale dello Stato (che si occupa della detenzione di specie protette).
Abbiamo ormai realizzato che Alba non potrà più tornare in mare; e diventa così un testimone, un simbolo dei danni che la presenza invadente dell’uomo possono provocare sulle creature marine. Nel 1999 Alba ha una vasca tutta sua, proprio all’interno della mostra sulle tartarughe marine allestita al Delphinarium Riccione. Migliaia di bambini e visitatori la vedono e apprendono la sua storia e, sicuramente, riflettono… Per due anni Alba ha raccontato più di ogni parola che le tartarughe marine sono in pericolo, muoiono e soffrono anche a causa nostra. Ha ricoperto, suo malgrado, un compito importante che dava un po’ un senso alla sua permanenza forzata.
E invece, nel frattempo, quello che sembrava irreparabile lo è diventato sempre meno: le sue zampe posteriori lentamente hanno riacquistato qualche movimento e sembrano almeno aver ripristinato grossolanamente la loro funzione di timoni del nuoto. Dopo ore passate a discutere e a consultare esperti una nuova decisione viene presa: Alba può tornare in mare.
Il 12 ottobre 2000 è il gran giorno. Siamo emozionati e pur avendo assistito a decine di ritorni in mare delle nostre pazienti, mai come in questo caso ci chiediamo come andrà a finire, che fine farà Alba. Ce la farà? Una volta messa in acqua, mentre con un groppo in gola la vediamo allontanarsi, non possiamo fare altro che sperare. Siamo comunque ebbri di gioia, ma alla gioia del ritorno alla vita di un’amica si unisce la triste consapevolezza che quasi mai queste storie finiscono così bene. Alba scompare nelle acque torbide dell’Adriatico, dopo pochi attimi. Dobbiamo rassegnarci al fatto che non ne sapremo mai più nulla, il che ci consente comunque di immaginarla mentre nuota, ormai cresciuta, nel suo mare. Una tartaruga come tante, con una lunga cicatrice sul dorso.

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