Sto leggendo un libro che la mia amica Irene Bianchi mi ha regalato qualche anno fa e che ho ri-preso in mano solo adesso. Si chiama "Le bugie della scienza" di Federico Di Trocchio. Il libro è l'analisi di decine e decine di casi di truffe scientifiche. Gli scienziati e i ricercatori, per motivi diversi, barano, truccano e imbrogliano. La sequenza è impressionante: dati falsificati o inventati, esperimenti truccati o addirittura mai eseguiti, falsificazioni, invenzioni, persino autori di articoli scientifici mai esistiti (nomi inventati da un autore per mostrare di avere lavorato insieme ad altri); ce n'è per tutti i gusti!
La cosa che mi colpisce di più non è tanto la faccia tosta di queste persone quanto la facilità con cui è facile imbrogliare, nella ricerca. E' una cosa che mi ronza in testa da tanto e ne ho parlato spesso anche con altri colleghi. Nel chiuso di un laboratorio, nell'isolamento di una ricerca sul campo, non ci sono "controlli" ed è facilissimo spingere una ricerca verso la direzione voluta, a volte magari anche in totale buona fede. Gli articoli pubblicati su riviste scientifiche hanno di solito l'unico filtro dei referee, cioè normalmente due ricercatori (specializzati nello stesso ambito di ricerca, e che resteranno anonimi all'autore dell'articolo stesso) a cui viene inviata la bozza di un articolo da correggere e rivedere. Punto. Se le condizioni in cui è stato eseguito l'esperimento o la ricerca non sono proprio del tutto ortodosse, se i dati presentati sono un po' "drogati" (basta per esempio togliere quelli che non corrispondono alle attese...), chi potrà mai saperlo?
Allora credo che il primo requisito di un bravo scienziato, prima ancora della passione, della curiosità, dell'intuito, dell'intelligenza, della rigorosità, sia... l'onestà. Non mentire e non barare con se stessi prima di tutto. L'occasione fa l'uomo ladro ma la persona onesta non ne approfitta. E io spero che la prossima volta che leggerò un articolo scientifico... non mi ritroverò a chiedermi "ma sarà tutto vero?".
La cosa che mi colpisce di più non è tanto la faccia tosta di queste persone quanto la facilità con cui è facile imbrogliare, nella ricerca. E' una cosa che mi ronza in testa da tanto e ne ho parlato spesso anche con altri colleghi. Nel chiuso di un laboratorio, nell'isolamento di una ricerca sul campo, non ci sono "controlli" ed è facilissimo spingere una ricerca verso la direzione voluta, a volte magari anche in totale buona fede. Gli articoli pubblicati su riviste scientifiche hanno di solito l'unico filtro dei referee, cioè normalmente due ricercatori (specializzati nello stesso ambito di ricerca, e che resteranno anonimi all'autore dell'articolo stesso) a cui viene inviata la bozza di un articolo da correggere e rivedere. Punto. Se le condizioni in cui è stato eseguito l'esperimento o la ricerca non sono proprio del tutto ortodosse, se i dati presentati sono un po' "drogati" (basta per esempio togliere quelli che non corrispondono alle attese...), chi potrà mai saperlo?
Allora credo che il primo requisito di un bravo scienziato, prima ancora della passione, della curiosità, dell'intuito, dell'intelligenza, della rigorosità, sia... l'onestà. Non mentire e non barare con se stessi prima di tutto. L'occasione fa l'uomo ladro ma la persona onesta non ne approfitta. E io spero che la prossima volta che leggerò un articolo scientifico... non mi ritroverò a chiedermi "ma sarà tutto vero?".
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