lunedì 27 ottobre 2008

Spazi vuoti

Lo stanzone vuoto che vedete nelle foto non vi dirà molto. Ma è uno spazio in divenire, racchiude un progetto che ancora non potete conoscere.
Lì dentro ci sarà una parte del nostro nuovissimo Ospedale delle Tartarughe. Sarà la sala aperta al pubblico, quella con due vasche enormi, enormi credetemi, che ospiteranno le tartarughe ormai guarite e pronte al rilascio. Qui riprenderanno confidenza con il nuoto e il movimento in ampi spazi, e nello stesso tempo si faranno ammirare da tutti quelli che, gratuitamente, vorranno venire a vederle.
Il locale dà sulla spiaggia e da lì immaginiamo arrivare curiosi, famiglie, bimbi, a visitare il nostro centro, e scoprire qualcosa su questi rettili.
Non è l'unica novità o sorpresa del nuovo Ospedale, ma è l'unica che sono disposto a rivelarvi ora...
Sono segnali di Fondazione Cetacea che pur nel momento davvero complesso e duro che stiamo affrontando, non molla la presa e continua nelle sue attività, in quello in cui abbiamo sempre creduto. Con umiltà e determinazione, con passione e impegno.

lunedì 20 ottobre 2008

A pesca di ossa

Forse alcuni di voi ricorderanno lo spiaggiamento della balenottera del novembre scorso, al Conero. Chi non lo ricorda può leggere questo post e i seguenti. Comunque ecco un breve riassunto.
Verso la metà di novembre del 2007 la Capitaneria di Porto di Ancona allerta Fondazione Cetacea della presenza di un grosso cetaceo, galleggiante nelle acque presso gli scogli delle Due Sorelle, al promontorio del Conero. Il recupero in mare pare impossibile e così si attende un eventuale spiaggiamento della carcassa. In effetti ciò avviene il 20 novembre, ma l’esemplare non arriva in spiaggia ma si va ad incastrare fra gli scogli, sotto una parete a strapiombo. Il posto è raggiungibile solo via mare ed è all’interno del Comune di Sirolo.
Ad un primo sopralluogo il cetaceo si rivela essere una balenottera comune (Balaenoptera physalus), morta da già da diverso tempo. E’ una femmina e misura la bellezza di 17,5 metri. Le segnalazioni di balenottera comune in Adriatico (mare in cui di solito non vive) si contano sulle dita delle mani. Il valore dell’esemplare, sia scientifico che in qualche modo “storico” è elevato. Si può e si deve tentare un recupero dello scheletro intero, a scopi espositivi e di studio.
Qui entrano in gioco gelosie e strani comportamenti possessivi, che di fatto bloccano però ogni possibilità di intervento, finchè l’animale viene ripreso dal mare per essere poi risbattuto, giorni dopo, su una spiaggia poco distante. L’esemplare è stato bistrattato dalle mareggiate, ed è in condizioni pietose. Il cranio è completamente perso, sfilato dalla carne e inghiottito dal mare, da qualche parte. Il recupero dello scheletro ora non ha più senso.
Resta il problema della carcassa, che dopo alcuni giorni di “esposizione” sulla spiaggia alla fine si decide, con un intervento che a noi parve discutibile, di ancorare in mare, a poche miglia dalla costa. Fine della storia? Non proprio.

A Numana si trova un distaccamento operativo di Fondazione Cetacea, che ha lì una proficua collaborazione con la locale Protezione Civile. E proprio a questo ente già dalla primavera successiva cominciano ad arrivare delle segnalazioni che lungo la costa rocciosa fra Numana e Sirolo si trovano sul fondo le ossa sparse del grande cetaceo. Appassionati di snorkeling riportano per esempio avvistamenti di lunghe e bianche costole incastrate fra gli scogli. Una simpatica coppia di signori ogni tanto si presenta con qualche prezioso ritrovamento: una vertebra, una costola, altri pezzi “che non sappiamo cosa siano”. Il mare e soprattutto gli organismi che lo popolano hanno lavorato bene, le ossa sono perfettamente ripulite e ben conservate. Peccato siano sparse ovunque. Alla fine i due signori ci portano anche una vertebra che avevano in un primo momento messo in giardino come esotico ornamento. La detenzione di questi reperti da parte di privati è reato ed è punibile con ammende anche pesanti, eppure siamo sicuri che molti avranno ora in casa il loro souvenir della grande balenottera.
Ma la caccia alle ossa continua e noi stessi in agosto organizziamo una spedizione di snorkeling insieme al Centro Sub Monte Conero: in un solo pomeriggio il bottino è rappresentato da tre costole e dalla parte occipitale dell’enorme cranio.
Al momento abbiamo raccolto una dozzina di costole, una parte del cranio, tre vertebre. Non arriveremo mai a ricostruire lo scheletro intero, ma anche queste parti hanno il loro valore e si sta ora progettando di esporre questi reperti, in un adeguato spazio didattico, all’interno del Parco del Conero.

Nelle foto la nostra Pamela con due costole e una vertebra

lunedì 13 ottobre 2008

L'editoriale

Come si legge nella breve descrizione qui di fianco, collaboro regolarmente con la rivista "Adriatico". Una pubblicazione molto bella, che ha più le caratteristiche di una missione (il che significa che chi ci scrive lo fa per passione e non per soldi, sigh!).
Per il numero dieci, in edicola proprio in questi giorni, oltre al mio solito articolo (questa volta sul delfino Andrea), con mia sorpresa mi è stato chiesto di scrivere anche l'editoriale.
Orgoglioso e intimidito ecco il mio editoriale per Adriatico:
"Nel mio ufficio c’è una grande cartina del Mar Mediterraneo. Ne rappresenta i fondali, come se all’improvviso tutta l’acqua fosse evaporata. Il mio sguardo corre spesso su quei fondali, guizza veloce, come fosse il tonno più rapido mai apparso in un mare, e esplora le fosse di 3-4000 metri, risale lungo le scarpate oceaniche, si infila in golfi e insenature, costeggia le linee di costa che ribollono di vita. Poi non posso fare a meno di andare in su, verso il canale di Otranto, nuoto nei 1200 metri di blu davanti alla Puglia, poi il muro dei sedimenti del Po mi costringe a risalire, e mi trovo sulla piana che da Pescara fino a Trieste non sarà mai più profonda di 100 metri. A casa, finalmente. Quante volte ho fatto questo percorso – anche se sempre e solo con la sguardo su una carta. Vado a cercare quelle acque basse e dai fondali limacciosi. Per molti questo è quello che penalizza l’Adriatico. Non vedono che invece sono proprio queste caratteristiche a farne una culla. Le acque basse sono un rifugio e un sicuro riparo. Se poi sono anche ricche di cibo, e grazie soprattutto al paterno Po, lo sono eccome, ecco che diventano un ambiente accogliente e florido. Qui banchi di pesce azzurro e di sgombri rendono queste acque palpitanti di vita, insieme a tante altre specie ittiche. Crostacei e molluschi dominano i fondali che brulicano di vita, sebbene di specie poco appariscenti ma altrettanto interessanti agli occhi meno superficiali di quelli di un occasionale sub in cerca di “pesci colorati”. In estate, purtroppo sempre meno, i tonni si aiutano con la corrente che sale lungo le coste orientali per raggiungere questo allettante banchetto. E così fanno, a migliaia, ogni primavera le tartarughe marine, timide e riservate testimonianze di un mare antico abitato da creature quasi mitologiche. Quassù la verdesca, lo squalo blu – ma bisogna vederlo dal vivo per capire quanto sia davvero blu – trova la sua nursery. Le femmine di questo squalo, gravide di pochi piccoli per volta, li lasciano in questo giardino con pochi pericoli e molte risorse, unica premura da parte di mamme che non conoscono altre cure parentali. E lo stesso fa l’elegante pesce volpe, squalo dai fianchi di mille riflessi colorati e dalla lunghissima coda. Anche per lui questo è il nido cui affidare la discendenza. Occasionalmente torna anche il re degli squali, il Grande Bianco, una volta davvero comune. Ora lo immaginiamo, regale e solitario, solcare le nostre acque ricordando i bei tempi in cui si cacciavano tonni enormi e il pesce azzurro quasi ti cascava in bocca. E i delfini, che allietano le traversate di chi queste acque le vive solo in superficie, magari aiutato dalla silenziosa spinta delle vele, spaziano in lungo e in largo dalle coste croate a quelle italiane, a volte visitati da qualche loro solitaria e enigmatica parente: una balenottera comune o magari un capodoglio. Questo è l’altro Adriatico, quello “sotto”, quello vivo e a volte dimenticato. Quello messo in pericolo ogni giorno dagli scarichi di mille città, da una pesca intensiva (o eccessiva), dalla maleducazione o l’incuria di chi non sa, per ignoranza o per pigrizia, apprezzarne le qualità oltre alle belle coste e ai porti accessibili. Quello fragile e delicato. La culla preziosa da difendere con tutte le nostre forze."

mercoledì 8 ottobre 2008

E non lavarti le orecchie!

Non è così semplice definire l'età di un cetaceo. Eppure questo è un fattore fondamentale per ogni studio ecologico o biologico di una specie animale. Poter correlare l'età allo stadio di crescita e maturazione, dividere una popolazione in classi di età, stabilire lo sviluppo di organi e tessuti in base all'età, trovare correlazioni fra concentrazioni di inquinanti e età degli individui e così via.
Così già quasi un secolo fa sono cominciate le ricerche di un metodo affidabile per definire l'età di delfini e balene. Per gli Odontoceti ormai il metodo è ben consolidato e consiste nell'analizzare sottilissime sezioni dei denti, nelle quali sono visibili delle linee di accrescimento, che corrispondono circa a una per anno.
Nei Misticeti, non essendo presenti i denti, la cosa si complica un po'. Le prima valutazioni erano abbastanza approssimative e si basavano su fattori come la lunghezza del corpo, lo stato delle cicatrici sulla pelle, il colore del cristallino o lo spessore dei fanoni.
Dal 1950 circa, un nuovo metodo però prese il sopravvento, quando fu dimostrato che le linee di accrescimento annuali potevano essere osservate anche nei Misticeti, ma stavolta... nelle orecchie. All'interno del canale uditivo delle balene infatti si trova una specie di tappo di cerume. Questo tappo di consistenza cornea ha una importante funzione di conduzione del suono e sezionato longitudinalmente mostra le linee di accrescimento tanto ricercate per le informazioni che contengono.
Le maggior parte delle stime di età di balene e balenottere provengono dunque da questo metodo ormai largamente utilizzato.
E' però abbastanza certo che con il progredire delle ricerche questo metodo possa venire superato da altre tecniche più sofisticate. Ad esempio dall'analisi di alcuni aminoacidi negli occhi delle balene della Groenlandia (Balaena mysticetus), effettuate dai ricercatori dello Scripps Institution of Oceanography di La Jolla, sono emersi risultati sorprendenti, con un esemplare che pare sia stato "datato" come vecchio di 211 anni!
Che questa specie possa vivere ben oltre i cento anni è stata confermato anche da una curiosa notizia dell'anno scorso: una balena della Groenlandia portava in corpo la punta di un arpione del tipo usato dai balenioeri della fine del 1800!

Nella foto il "tappo" dell'orecchio di una blenottera azzurra


giovedì 2 ottobre 2008

Un minuto di tristezza

Il video qui sotto dura un minuto esatto. Un minuto per raccontare lo stesso viaggio, dalla California alla Hawaii, fatto una volta nel 1958 e la seconda volta nel 2008.
Nel primo dice che vedevano tanti pesci ogni giorno, e di una incredibile varietà. Nel secondo che per la maggior parte dei giorni non vedevano niente, qualche volta piccoli pesci
Nel primo dice che ogni giorno vedevano squali. Nel secondo, che in tre mesi, hanno visto solo un piccolo mako.
Nel primo dice che ogni giorno raccoglievano plankton. Nel secondo dice che nel retino del plankton, anche mille miglia al largo, trovavano plastica. Nel primo dice che non c'era plastica in mare, nel 1958. L'oceano era pulito.
Un minuto per chiedersi "What have we done to our oceans?". Cosa abbiamo fatto ai nostri oceani?