Come si legge nella breve descrizione qui di fianco, collaboro regolarmente con la rivista "Adriatico". Una pubblicazione molto bella, che ha più le caratteristiche di una missione (il che significa che chi ci scrive lo fa per passione e non per soldi, sigh!).
Per il numero dieci, in edicola proprio in questi giorni, oltre al mio solito articolo (questa volta sul delfino Andrea), con mia sorpresa mi è stato chiesto di scrivere anche l'editoriale.
Orgoglioso e intimidito ecco il mio editoriale per Adriatico:
"Nel mio ufficio c’è una grande cartina del Mar Mediterraneo. Ne rappresenta i fondali, come se all’improvviso tutta l’acqua fosse evaporata. Il mio sguardo corre spesso su quei fondali, guizza veloce, come fosse il tonno più rapido mai apparso in un mare, e esplora le fosse di 3-4000 metri, risale lungo le scarpate oceaniche, si infila in golfi e insenature, costeggia le linee di costa che ribollono di vita. Poi non posso fare a meno di andare in su, verso il canale di Otranto, nuoto nei 1200 metri di blu davanti alla Puglia, poi il muro dei sedimenti del Po mi costringe a risalire, e mi trovo sulla piana che da Pescara fino a Trieste non sarà mai più profonda di 100 metri. A casa, finalmente. Quante volte ho fatto questo percorso – anche se sempre e solo con la sguardo su una carta. Vado a cercare quelle acque basse e dai fondali limacciosi. Per molti questo è quello che penalizza l’Adriatico. Non vedono che invece sono proprio queste caratteristiche a farne una culla. Le acque basse sono un rifugio e un sicuro riparo. Se poi sono anche ricche di cibo, e grazie soprattutto al paterno Po, lo sono eccome, ecco che diventano un ambiente accogliente e florido. Qui banchi di pesce azzurro e di sgombri rendono queste acque palpitanti di vita, insieme a tante altre specie ittiche. Crostacei e molluschi dominano i fondali che brulicano di vita, sebbene di specie poco appariscenti ma altrettanto interessanti agli occhi meno superficiali di quelli di un occasionale sub in cerca di “pesci colorati”. In estate, purtroppo sempre meno, i tonni si aiutano con la corrente che sale lungo le coste orientali per raggiungere questo allettante banchetto. E così fanno, a migliaia, ogni primavera le tartarughe marine, timide e riservate testimonianze di un mare antico abitato da creature quasi mitologiche. Quassù la verdesca, lo squalo blu – ma bisogna vederlo dal vivo per capire quanto sia davvero blu – trova la sua nursery. Le femmine di questo squalo, gravide di pochi piccoli per volta, li lasciano in questo giardino con pochi pericoli e molte risorse, unica premura da parte di mamme che non conoscono altre cure parentali. E lo stesso fa l’elegante pesce volpe, squalo dai fianchi di mille riflessi colorati e dalla lunghissima coda. Anche per lui questo è il nido cui affidare la discendenza. Occasionalmente torna anche il re degli squali, il Grande Bianco, una volta davvero comune. Ora lo immaginiamo, regale e solitario, solcare le nostre acque ricordando i bei tempi in cui si cacciavano tonni enormi e il pesce azzurro quasi ti cascava in bocca. E i delfini, che allietano le traversate di chi queste acque le vive solo in superficie, magari aiutato dalla silenziosa spinta delle vele, spaziano in lungo e in largo dalle coste croate a quelle italiane, a volte visitati da qualche loro solitaria e enigmatica parente: una balenottera comune o magari un capodoglio. Questo è l’altro Adriatico, quello “sotto”, quello vivo e a volte dimenticato. Quello messo in pericolo ogni giorno dagli scarichi di mille città, da una pesca intensiva (o eccessiva), dalla maleducazione o l’incuria di chi non sa, per ignoranza o per pigrizia, apprezzarne le qualità oltre alle belle coste e ai porti accessibili. Quello fragile e delicato. La culla preziosa da difendere con tutte le nostre forze."
Orgoglioso e intimidito ecco il mio editoriale per Adriatico:
"Nel mio ufficio c’è una grande cartina del Mar Mediterraneo. Ne rappresenta i fondali, come se all’improvviso tutta l’acqua fosse evaporata. Il mio sguardo corre spesso su quei fondali, guizza veloce, come fosse il tonno più rapido mai apparso in un mare, e esplora le fosse di 3-4000 metri, risale lungo le scarpate oceaniche, si infila in golfi e insenature, costeggia le linee di costa che ribollono di vita. Poi non posso fare a meno di andare in su, verso il canale di Otranto, nuoto nei 1200 metri di blu davanti alla Puglia, poi il muro dei sedimenti del Po mi costringe a risalire, e mi trovo sulla piana che da Pescara fino a Trieste non sarà mai più profonda di 100 metri. A casa, finalmente. Quante volte ho fatto questo percorso – anche se sempre e solo con la sguardo su una carta. Vado a cercare quelle acque basse e dai fondali limacciosi. Per molti questo è quello che penalizza l’Adriatico. Non vedono che invece sono proprio queste caratteristiche a farne una culla. Le acque basse sono un rifugio e un sicuro riparo. Se poi sono anche ricche di cibo, e grazie soprattutto al paterno Po, lo sono eccome, ecco che diventano un ambiente accogliente e florido. Qui banchi di pesce azzurro e di sgombri rendono queste acque palpitanti di vita, insieme a tante altre specie ittiche. Crostacei e molluschi dominano i fondali che brulicano di vita, sebbene di specie poco appariscenti ma altrettanto interessanti agli occhi meno superficiali di quelli di un occasionale sub in cerca di “pesci colorati”. In estate, purtroppo sempre meno, i tonni si aiutano con la corrente che sale lungo le coste orientali per raggiungere questo allettante banchetto. E così fanno, a migliaia, ogni primavera le tartarughe marine, timide e riservate testimonianze di un mare antico abitato da creature quasi mitologiche. Quassù la verdesca, lo squalo blu – ma bisogna vederlo dal vivo per capire quanto sia davvero blu – trova la sua nursery. Le femmine di questo squalo, gravide di pochi piccoli per volta, li lasciano in questo giardino con pochi pericoli e molte risorse, unica premura da parte di mamme che non conoscono altre cure parentali. E lo stesso fa l’elegante pesce volpe, squalo dai fianchi di mille riflessi colorati e dalla lunghissima coda. Anche per lui questo è il nido cui affidare la discendenza. Occasionalmente torna anche il re degli squali, il Grande Bianco, una volta davvero comune. Ora lo immaginiamo, regale e solitario, solcare le nostre acque ricordando i bei tempi in cui si cacciavano tonni enormi e il pesce azzurro quasi ti cascava in bocca. E i delfini, che allietano le traversate di chi queste acque le vive solo in superficie, magari aiutato dalla silenziosa spinta delle vele, spaziano in lungo e in largo dalle coste croate a quelle italiane, a volte visitati da qualche loro solitaria e enigmatica parente: una balenottera comune o magari un capodoglio. Questo è l’altro Adriatico, quello “sotto”, quello vivo e a volte dimenticato. Quello messo in pericolo ogni giorno dagli scarichi di mille città, da una pesca intensiva (o eccessiva), dalla maleducazione o l’incuria di chi non sa, per ignoranza o per pigrizia, apprezzarne le qualità oltre alle belle coste e ai porti accessibili. Quello fragile e delicato. La culla preziosa da difendere con tutte le nostre forze."
Caro Marco, sei riuscito a farmi piangere. Ho letto il tuo scritto e mi manca il respiro. Ho tentato, ho tentato innumerevoli volte di far capire a tutti quelli che non hanno voluto l'area marina qui a Porto San Giorgio che l'Adriatico e' straordinario e necessario per tante creature marine. Mi rispondevano che in questo mare non c'era nulla. Nulla che potesse giustificare la presenza di un'area marina protetta. Come si sbagliano, o come fanno finta di non saperlo. In ogni caso fa male al cuore.
RispondiElimina~Splendido!
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