Pensieri sparsi, gli ultimi, ancora sulla questione Mary G.
- Oggi sul Corriere Romagna c'è una mia lunga intervista su Mary G. (potete leggerla qui). Manca purtroppo un concetto importante, che il giornalista ha riportato tra le righe, ma non ha riferito nei virgolettati. Io non reputo Oltremare responsabile della morte di Mary G., e credo che dal punto di vista veterinario e addestrativo abbiano fatto tutto quanto in loro potere. E' sulla gestione della comunicazione e delle informazioni che ritengo invece siano stati più che carenti, e il comunicato del 26 maggio resta, a mio parere, un atto vergognoso.
Inoltre, nella mia frase "Bisogna capire come intervenire per evitare che riaccada. Perche i metodi ci sarebbero: ci sono stati troppi errori che si possono evitare in futuro" gli errori di cui parlo sono di concetto e di fondo. E' noto, perché l'ho detto e scritto più volte, che sono contrario all'ospedalizzazione di un animale che non potrà più essere rilasciato in mare. Lo sono diventato proprio sulla base dell'esperienza con Mary.
- Il polverone sollevato dalla morte del grampo ha raggiunto, sulla stampa, ma soprattutto sull'ormai piazza comune che è Facebook, livelli esagerati, anche per colpa mia. Per quanto mi riguarda, non andrò oltre, e aspetterò come tutti di sapere ufficialmente qualcosa dei risultati della necropsia.
- Non so quale sia stato l'impegno degli organi istituzionali negli ultimi due anni, rispetto a Mary G. Per quello che ne so, e se devo giudicare da quanto visto prima, sono stati praticamente assenti. La ritengo una grave mancanza. Credo che in casi, sebbene rarissimi, come questi, un ente istituzionale super partes dovrebbe vigilare e controllare sullo stato di salute del delfino, sul suo benessere e anche sulla comunicazione e le informazioni da fornire verso l'esterno.
- Si potrebbe discutere due giorni senza interruzione, di tutta la vicenda Mary G., e di cosa ci lascia. Oppure si può essere estremamente coincisi e brutali, e riassumerla così: si è deciso di tenere in vita un delfino che la natura avrebbe eliminato, regalandogli altri 7 anni di vita, ma in un ambiente confinato, e insieme ad altri animali di una specie diversa.
La morte è un fattore naturale che può colpire in ogni momento qualunque essere vivente. Mary avrebbe potuto vivere un anno, sette anni o venti: questo è assolutamente imponderabile. Quello che però si può e si deve valutare, nei prossimi eventuali casi come questo, è la qualità della vita che si prospetta all'animale su cui si interviene. Bisogna avere il coraggio di scelte difficili e magari impopolari (eutanasia, vita in cattività), ma basate su ogni elemento e informazione possibile. L'impulsività e l'emotività non sono più scusabili.
Credo ci sia una precisa responsabilità oggettiva di Oltremare altrimenti vorrebbe dire che gli animali è come fossero lasciati a se stessi. Certo...diversi riscontri e testimonianze fanno pensare che negli ultimi mesi (forse anni) Mary G non stesse affatto bene e necessitasse di interventi molto diversi. Ma lo vedremo con l'inchiesta che spero ci sarà. Questo non vuol dire però sparare a zero su addestratori e staff i quali, in un modo o nell'altro, fanno vivere delfini e quant'altro. In quanto agli organi istituzionali...brillano, come al solito, per l'assenza e il sostanziale menefreghismo nel curare un animale più unico che raro (non credo ve ne fossero molti altri in cattività al mondo!).
RispondiEliminaSulle cosiddette "scelte difficili" bisogna stare molto attenti: se si tratta, ad esempio, di un capodoglio spiaggiato e in agonia forse si può anche pensare a risparmiargli delle inutili sofferenze. Se si tratta, invece, di uccidere preventivamente, un animale per una malintesa scelta "filosofica" non sono affatto d'accordo e, certamente, lo sono molti altri (volontari e amanti della natura) con me.
Manuel
Manuel, i tuoi commenti sono sempre molto ben argomentati.
RispondiEliminaRiguardo all'ultima parte, credo che la stragrande maggioranza di volontari e amanti della natura sarebbe d'accordo con te. Io resto della mia idea, proprio perché amo la natura. E non è molto giusto che tu la definisca "malintesa".