venerdì 4 dicembre 2009

Delfinari...

Quando ho iniziato a lavorare per Fondazione Cetacea, questa aveva la sua sede in un piccolo ufficetto all'interno del delfinario di Riccione. Dopo alcuni anni ci siamo trasferiti in un contesto più ampio, il parco Oltremare, dove le occasioni di contatto con i delfini erano molto minori, ma era ed è comunque una struttura che incentra molte delle sue attività e promozioni, sulla grande vasca dei delfini. Da un anno e mezzo a questa parte siamo in una nuova sede, totalmente autonoma, e adesso lontana da tutto il mondo della cattività.
Ho premesso questo perchè quando parlo di delfini in cattività sia chiaro che so di cosa parlo.
Nei primi due anni al delfinario mi occupavo soprattutto di educazione e didattica. Ho fatto decine e decine di visite guidate, di approfondimenti, di lezioni. Il discorso cattività emergeva quasi sempre. Io riportavo il "messaggio standard" dei delfinari: c'è un risvolto educativo in queste strutture, i bambini non hanno occasione di vedere i delfini dal vero in mare, qui si divertono e imparano, eccetera eccetera. Poi c'è l'aspetto delle ricerche, che in vasca si possono fare con relativa facilità, e le informazioni apprese possono poi essere utili per azioni di conservazione e tutela della specie in mare.
Con il tempo e l'evolversi di Fondazione Cetacea, ma anche e soprattutto della mia coscienza e conoscenza di certe tematiche, ho in gran parte cambiato idea.
No, non credo più che i delfinari siano educativi. Se i miei figli mi chiedono di andarci (per la verità non lo fanno praticamente mai) ho qualche remora e almeno alle due bimbe grandi spiego che quello che vedranno sarà forse divertente, ma quelli non sono "veri" delfini, semmai sbiadite caricature delle splendide creature che potrebbero avere la fortuna di vedere in mare, un giorno.
Per quanto riguarda la ricerca, penso ancora che si possa approfittare degli animali in vasca, per ricavare preziose informazioni. Forse in qualche caso anche utili in senso più generale. Ma penso anche che il gioco non valga la candela.
Mi rendo conto che non si possono chiudere di botto zoo e delfinari e liberare tutti gli animali (sono convinto che moltissimi animalisti lo farebbero all'istante). Non è mandandoli a morire , perchè questo succederebbe, che risolve il problema. Credo che la cosa fondamentale sarebbe invece ALL'ISTANTE, vietare ogni nuovo ingresso che non provenga da riproduzioni o da animali salvati da morte certa e non più rilasciabili in natura (sebbene anche questo secondo caso mi disturba assai). Purtroppo so per certo che il "sistema delfinari", pur con le tecniche all'avanguardia di oggi, non si auto-sostiene. Cioè le nascite non controbilanciano le morti. Fatto gravissimo, ma contiene la soluzione in sè: lasciamo che i delfinari si estinguano con la continua diminuzione delle popolazioni in vasca, non permettendo loro di attingere dall'ambiente naturale. Che nel 2009 si catturino ancora delfini in mare per rinchiuderli in vasca mi fa inorridire. Mi piacerebbe che a poco a poco queste strutture anacronistche (andiamo! chi ha ancora bisogno di andare a vedere i delfini saltare in vasca?) morissero di morte naturale, come una reliquia del passato.

Questo, a mio parere, è vero al di là delle storie più o meno tragiche e più o meno trite e ritrite che girano su queste strutture già da vent'anni, e che qualcuno riporta senza nemmeno rinnovarle un pochino!
E' il caso di questo articolo che ho ritrovato già diverse volte sul web e anche quasi sicuramente in una rivista sulla natura del Salento. Mal sopporto chi scrive senza documentarsi, mettendo insieme luoghi comuni e pezzeti di vecchie cose, trovate qua e là.
Si parla di "numerosi maltrattamenti subiti" da questi animali nei delfinari. Mai visto niente del genere. E' una sciochezza enorme! E poi chi rovinerebbe la propria gallina dalle uova d'oro? I delfinari fanno i soldi con i delfini, e devono in ogni modo mantenerli in perfetta salute. A questo si aggiunga in molti casi, il grande amore che gli addestratori mostrano per i loro delfini (sarà magari un amore malato, ma comunque...).
Non è vero che i delfini vengono costretti a lavorare prendendoli per fame. Un'altra sciocchezza colossale. La prima cosa che fa un delfino che non si sente bene è proprio smettere di lavorare. E l'articolo prosegue così, con dati, idee, convizioni errati e quanto meno vecchi, superati: presunti suicidi, aspettative di vita smentite dalla realtà dei casi, etc.

Cari attivisti anti-delfinari, sono con voi! Liberiamoci di questo spettacolo che non ha più niente a che fare con il nostro tempo e che offende la nostra sensibilità umana. Ma facciamolo con criterio e razionalità. Abbiamo mille argomenti validi, a partire da quello che deve essere un doveroso e ritrovato rispetto per l'ambiente naturale che è anche il nostro ambiente. L'unico che abbiamo. Lasciamo però le pagliacciate ad altri.

11 commenti:

  1. Sono d’accordo. I delfinari sono strutture che segregano splendide e intelligenti creature abituate alla libertà e alla vastità del mare e che potrebbero essere pian piano chiusi (gradualmente poiché è irrealistico e controproducente rimettere in mare animali nati e/o abituati da anni alla cattività e ad un rapporto con l’uomo). Mi dispiace, in realtà, dirlo poiché è proprio grazie ad uno di questi luoghi che, personalmente, ho “scoperto” questo mondo e quegli animali meravigliosi che sono i delfini. Ma questo forse è un riscontro personale.
    Ciononostante, dato che non sopporto gli zoo, non posso essere a favore del persistere (inteso come ripopolamento con catture) dei delfinari. Do ovviamente per scontato che le storie che leggo qua e là sui maltrattamenti siano non veritiere (come confermi nel tuo post): in caso contrario sono per interventi drastici da parte delle autorità preposte (in primis il Ministero Ambiente).
    La cosa però resta più complessa di quel che appare in superficie. Ad esempio.
    Se i delfinari (ovvero gli zoo) riuscissero a controbilanciare con le nascite interne le morti dei “propri” animali (e molte tecniche - mi pare - sembrerebbero confermarlo), allora avrebbero certamente una chance di esistenza, ovvero di conservazione delle specie ospitate. Naturalmente con l’applicazione rigorosa di norme a regolamenti a salvaguardia delle condizioni ottimali di vita degli animali.
    Parto chiaramente dal presupposto che un animale nato in cattività non possa essere re-immesso nell’ambiente naturale senza che corra gravi rischi per la sua stessa sopravvivenza.
    In questo caso dovrebbe esserci un intervento parallelo e maggiore della collettività (=lo stato) per prendere in carico la sopravvivenza degli animali, dato che le strutture delle quali parliamo sono pur sempre imprese a carattere commerciale. Qui entriamo in un punto delicato dato che, perlomeno in Italia, una generale educazione e informazione centrata sull’ambiente, sulle sue creature e sull’ecologia manca pressoché totalmente. E senza educazione le persone non si interessano di delfini e altri animali (salvo guardare i soliti filmati sulla natura-selvaggia-dei-luoghi-incontaminati).


    Sul sito che citi, si dice che:
    “La vita media di un delfino è di circa 45 anni. La metà dei delfini catturati in mare e poi intrappolati nelle vasche muore entro due anni, mentre chi sopravvive nella maggior parte dei casi non arriverà oltre cinque anni a seguito di malattie che sorgono per i malessere legato alla vita in vasca.”. E’ vero?

    Concludo stigmatizzando l’uso improprio che viene fatto in http://www.terranauta.it/a1134/uominianimali/delfinari_manicomi_per_delfini.html della foto con MaryG (il cucciolo di grampo salvato dalla fondazione) mentre viene allattata a Oltremare. Forse volevano far vedere un caso di maltrattamento? E’ proprio il contrario per fortuna… (anche della splendida Mary!).

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  2. @ Work&Design:
    Grazie per l'articolato commento. Ti rispondo su alcuni punti
    Se i delfinari (ovvero gli zoo) riuscissero a controbilanciare con le nascite interne le morti dei “propri” animali (e molte tecniche - mi pare - sembrerebbero confermarlo), allora avrebbero certamente una chance di esistenza... ,
    Mi pare di capire che tu fai un discorso di conservazione, letteralmente, delle specie tramite individui nati in cattività. Sarebbe tecnicamente quella che si chiama conservazione ex-situ, cioè conservare una specie, non nel suo ambiente naturale, ma appunto in altri ambienti, magari artificiali. Di solito si applica su specie ad elevatisimo rischio di estinzione, o meglio praticamente estinte in natura. Discorso complesso. Tra l'altro i tursiopi non sono minacciati di estinzione, a livello globale. E poi, gli animali che di fatto vengono fatti nascere in vasca e dunque condannati a una vita interamente in cattività non hanno nessun diritto?

    Sul sito che citi, si dice che:
    “La vita media di un delfino è di circa 45 anni. La metà dei delfini catturati in mare e poi intrappolati nelle vasche muore entro due anni, mentre chi sopravvive nella maggior parte dei casi non arriverà oltre cinque anni a seguito di malattie che sorgono per i malessere legato alla vita in vasca.”. E’ vero?


    Due errori, di cui uno grossolano. 45 anni è la vita MASSIMA e non MEDIA di un delfino in natura: c'è la sua bella differenza. Inoltre è vero che nei delfinari la mortalità resta alta, ma non nei termini riportati nell'articolo e con moltissime e aplissime eccezioni.

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  3. Completamente in accordo con il tuo pensiero Marco.

    Ilaria

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  4. Il riferimento alla conservazione degli esemplari nei delfinari concerneva soprattutto l’ineludibile risvolto pratico: fare in modo che, in un auspicabile discorso sulla chiusura di questo tipo di strutture, gli animali già “ospitati” non fossero alla fin fine le prime e semplici vittime.
    Se, infatti, consideriamo che i delfinari sono comunque caratterizzati da un’impronta commerciale, allora, occorre preoccuparsi seriamente di quale sorte attenderebbe, post-chiusura, animali abituati ad anni e anni di cattività, o addirittura nati in vasca.
    Il discorso è certamente molto complesso. Bisognerebbe senza dubbio essere pronti a gestire una lunga fase di transizione nella quale probabilmente alcuni animali potrebbero (forse) essere valutati ai fini di una re-immissione nell’ambiente naturale, mentre altri, che purtroppo perirebbero sic et simpliciter, dovrebbero essere lasciati, certamente nelle migliori condizioni possibili, in vasca. Tutto questo presupporrebbe, naturalmente, anche un parallelo, forte, intervento pubblico per il necessario supporto economico di strutture che lentamente cambierebbero il loro senso e fine ultimo. Credo che un’ottica simile potrebbe essere sintetizzata in un: “meglio” di adesso, non certo l’ideale.
    Ed è certo che gli animali in cattività hanno dei diritti: diritti che siamo però noi a dover concretizzare, tenuto conto delle condizioni reali nelle quali agiamo e ci muoviamo.
    Ci sarebbe da discutere veramente tantissimo, poiché l’argomento è non solo importante ma probabilmente sintomatico di un problema ambientale ed etico enorme...

    Approfitto della tua ultima puntualizzazione sulle inesattezze che citavi essere riportate in quel sito: data la tua esperienza a cavallo fra i delfinari e la Fondazione Cetacea, saresti, penso, la persona adatta ad aprire una finestra informativa più ampia, dettagliata e veritiera sul mondo dei delfini in cattività. Un mondo che tu stesso descrivi fatto anche di addestratori abilissimi e sinceramente innamorati di queste creature. Ma anche di morti premature. Che ne dici?

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  5. "saresti, penso, la persona adatta ad aprire una finestra informativa più ampia, dettagliata e veritiera sul mondo dei delfini in cattività. Un mondo che tu stesso descrivi fatto anche di addestratori abilissimi e sinceramente innamorati di queste creature. Ma anche di morti premature. Che ne dici?"

    Dico che ci devo pensare. E molto.

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  6. Dopo aver letto ulteriori documenti sul problema dei delfinari, alcuni dei quali inoppugnabili (vedasi la relazione del consulente tecnico, dr. Notarbartolo di Sciara, sulla morte atroce del delfino Violetta a Gardaland), la perdurante ambigua applicazione delle norme CITES (purtroppo prevedibile, in Italia…), e la sostanziale inutilità ai fini della ricerca scientifica dei delfinari, credo che gli stessi delfinari dovrebbero essere sì chiusi ma MOLTO rapidamente, puntando alla liberazione degli esemplari per i quali sia possibile un progetto di restituzione al mare e all’istituzione di aree marine controllate (“oasi marine”) nelle quali almeno tentare di garantire agli altri più sfortunati animali migliori condizioni di vita rispetto a quelle delle attuali tinozze di cemento. Credo sia un’azione che dovrebbe interessare tutti coloro hanno a cuore i delfini e gli animali in generale. Alcuni link di approfondimento:
    http://www.disciara.net/downloads/NotarbartolodiSciara_2000.pdf
    http://www.animalisti.it/prg/upload/campagne_dati/DOSSIER%20DELFINARI%20+%201%20pagina.pdf

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  7. Purtroppo non ho esperienza lavorativa a contatto con delfini in cattività, a parte la breve parentesi per la preparazione della tesi. Dico "purtroppo" perchè ogni esperienza diretta aiuta a crescere e da la possibilità di farsi un'idea personale delle cose. Nonostante quella breve parentesi, anche la mia personale opinione sui delfinari ha subito una bella evoluzione. Mi son trovata spesso a discutere di questo argomento con chi vorrebbe avere un lavoro a stretto contatto con animali in ambiente controllato ("cattività"). Mi chiedono cosa bisogna fare, se ci sono possibilità ecc ecc...ma io non ne so molto, posso dare solo qualche piccolo consiglio ma niente di più. Ci tengo sempre però a sottolineare il mio punto di vista, quello attuale, e invito sempre a considerare idee non troppo estremiste. Ho ritrovato un vecchio post che avevo pubblicato su un forum riguardo il mio parere sui delfinari, eccolo:
    "Saranno ormai decenni (non saprei dire esattamente quanto) che i delfinidi vengono mantenuti in ambiente controllato, vuoi a scopo educativo, di ricerca, vuoi a fini di lucro. Sicuramente con il passare degli anni le condizioni, le tecniche di mantenimento sono cambiate, migliorate e quindi certamente più adeguate alla sopravvivenza di questi mammiferi in ambienti "limitati", se paragonati all'immensità del mare.

    Che le tecniche siano migliorate è evidente, basti pensare che i primi delfini venivano mantenuti in acqua...dolce...(si pensava che fossero mammiferi marini come i pinnipedi).

    Premesso ciò, se l'uomo ha, anzi, si prende, il diritto di decidere che un delfino viva in mare o in vasca, per lo meno dovrebbe assicurarsi che gli possa essere offerto quanto di meglio si possa dare in tali condizioni. Mi riferisco in particolare alle tecniche di addestramento adoperate per il cosiddetto "show". Personalmente considero gli esercizi, che alcuni chiamano "da circo" , indispensabili per un fattore fisico e psicologico, in quanto un delfino deve pur mantenersi attivo e soprattutto deve essere stimolato anche psicologicamente. Se poi il training di alcuni curatori prevede la NON somministrazione di cibo o la cosiddetta "punizione" per far capire al delfino cosa deve o non deve fare, allora qui si rientra in un altro discorso. Infatti, in questo caso non riesco a capire come possano certi delfinari del mondo rimanere aperti e soprattutto che nessuno di competenza dica nulla.

    Conoscendo questa triste realtà, mi schiero a favore di quei delfinari e a favore di chi non ha mai adottato tecniche sconvenienti nei confronti dei delfini."

    Detto ciò aggiungo, godete la meraviglia di un delfino nel suo ambiente naturale, è li che noterete la diversità, li capirete quanto sia falso quello che osservate in un acquario.

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  8. Purtroppo è tutto una questione di soldi...

    Estefania.

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  9. Mi chiedevo solo una cosa... voi, come me , avete a cuore i delfini, e ve ne state qui a discutere sulla chiusura dei delfinari... ma gli zoo? i canili? gli addestratori di cani? e i cacciatori? i maneggi? quelli che tengono un malamute in un appartamento di 50mq? o le tartarughine e i pesci rossi in un acquario? e potrei andare avanti per ore... perche' questa crociata per i delfini, quando statisticamente sono una "goccia nell'oceano" rispetto agli animali maltrattati in giro per l'italia? Ma si, chiudiamo tutto, anche gli allevamenti di maiali, di galline, mucche, e diventiamo tutti vegani. D'altra parte perche' un pesce rosso deve avere meno diritti di un delfino? anche le galline sono nate libere prima di diventare animali "da cortile".

    Badate bene.. non sto dicendo che un delfino deve essere trattato come un pesce rosso, ma l'ipocrisia mi fa venire il prurito.

    Marco.. tu affermi "andiamo! chi ha ancora bisogno di andare a vedere i delfini saltare in vasca?"
    Questo lo puoi dire tu, per quello che sei e che fai. Ma potrei risponderti che per il 99% dei bambini e delle persone e' l'unico modo di vedere un delfino dal vivo. Voi non ne sentite il bisogno perche' siete stati "fortunati" e lo avete gia fatto. Beh, magari preferireste che qualche milione di persone si riversasse in mare per nuotarci, con i delfini.. si che quello gli farebbe bene...

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  10. Anonimo, io dico che condurre una battaglia non significa abbandonare o trascurare le altre. Alcune di quelle che citi sono molto più importanti che chiudere i delfinari: la caccia, gli allevamenti intensivi. Semplicemente, io qui stavo parlando di delfinari.

    Riguardo ai bambini e al vedere i delfini dal vivo, è ora di piantarla con questa scusa. Ai bambini bisogna insegnare che gli animali vivono nel loro ambiente, e che esistono "a prescindere" dall'uomo e anche se l'uomo non li può vedere. I miei figli non hanno mai visto un orso bianco, una foca, una tigre... E allora? Io ho il dovere e il compito (che hanno tutti i genitori) di educarli al rispetto di tutti gli organismi viventi.
    Tra l'altro, farglieli vedere chiusi in una vasca, in un luogo così diverso dal loro vero ambiente naturale, è educativo?

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  11. Io invece dico che e' facile arroccarsi su una posizione e non mettersi mai nei panni degli altri. E' facile lottare per una causa che muove tante emozioni come quella dei delfini (che nei delfinari in italia, quanti sono?) quando ci sono problemi ben piu' grandi. Certo, questa e' retorica, ne piu' ne meno come la vostra. Ci sono "animalisti" che volevano Mary G. chiusa in una vasca a fare niente, piuttosto che insegnarle a fare cose che sicuramente rompevano la monotonia dello stare in una vasca. C'e' gente che, da quello che dice, avrebbe voluto nascere delfino, ma e' stata sfortunata ed e' nata umana... e che poi si trovano a disprezzare sia chi adora i delfinari, si chi ama i delfini, come Mauro Colla sulle pagine di FB, che spara a zero su tutti e non sa parlare altro che di Taji. Io amo gli animali, ma mi dissocio dai presunti animalisti che AUGURANO di morire agli addestratori di Oltremare. Di questa gente non ce n'e' bisogno nemmeno a difesa degli animali...

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