lunedì 30 dicembre 2013

Sperimentazione animale, etica, e mal di pancia.

Ho assistito, era quasi impossibile non farlo, al polverone suscitato dalla studentessa Caterina Simonsen, e alla discussione decisamente troppo isterica e spesso male informata che ne è seguita. Ho letto e sentito persone parlare della sperimentazione animale (spesso definita vivisezione, anche quando non lo è), da una parte e dall'altra, con una sicurezza che richiede competenze e conoscenze che pochi hanno. Io non ne ho: né di certezze, né di competenze. Leggo, e tendo a fidarmi, di scienziati che dichiarano che la sperimentazione sugli animali, attualmente, non può essere sostituita da altre forme di sperimentazione. Ma leggo anche altrettanti fonti, anche autorevoli, che le prove sugli animale non sarebbero predittive per la nostra specie, e che ogni specie può essere modello soltanto di se stessa.
Io non lo so. Non sono un medico, e nemmeno un biologo che studia questi campi. Spesso ho avuto l'impressione che questi esperimenti fossero strettamente necessari solo per una percentuale di quelli effettivamente praticati. A volte la penso come una soluzione di comodo: perchè studiare metodi alternativi quando abbiamo già questi, consolidati e disponibili? Mi rendo conto però della mia ignoranza in materia. Inoltre ho una visione molto (estremamente) laica e vedo l'uomo solo come specie tra le specie. Dunque ho davvero forti mal di pancia, rispetto alla sperimentazione animale.

Vorrei però dire una cosa, e mi scuserete se risulterà disturbante, e se uso un ragionamento per assurdo, che può infastidire.
Siamo tutti contrari a una sperimentazione fatta su esseri umani non consenzienti, per esempio su disabili mentali. E' così, non dobbiamo nemmeno pensarci. E' una questione di etica e di morale.
Se qualcuno ci dicesse che si potrebbero salvare molte vite, facendo sperimentazione su persone disabili mentali, noi diremmo: no, non se ne parla nemmeno. E nessuno ci direbbe: "ma come? non pensi alle persone malate che si potrebbero curare con le medicine ottenute da quelle sperimentazioni? non sacrificheresti la vita di chi non ha nemmeno coscienza di sé, per salvare quella di persone che hanno famiglia, affetti, sentimenti?" 
No, e poi ancora no. E le persone che soffrono di quelle malattie? Devono rassegnarsi. Se quello è, al momento, l'unico modo di trovare una cura, allora significa che non c'è cura. La scienza avanzerà, pian piano ci arriverà, ma al momento non c'è nulla da fare. Si devono rassegnare, e farsene una ragione, come già adesso fanno tutte quelle persone sfortunate che si trovano a combattere con malattie con cui puoi solo venire a tremendi patti.
Ecco forse, fra gli animalisti (nel mio caso, molto meglio anti-specisti), in mezzo ai molti fanatici, c'è anche chi intravede che magari, laggiù, un po' più avanti nel tempo, ci può essere una nuova etica, una nuova morale, che un giorno ci impedirà di sperimentare su altri esseri viventi. Anche se può servire a salvare la vita di un altro essere vivente, e anche se quest'ultimo è un umano. Un'etica che ci spingerà a dare il massimo e a moltiplicare gli sforzi per trovare nuove forme di sperimentazione, o a potenziare quelle già esistenti, perché sperimentare sugli animali non sarà più un'opzione. Non sarà più accettabile, punto e basta.
Non sto auspicando niente. Sto solo dicendo che si può pensare a una concezione etica di questo tipo, senza che questo debba suscitare reazioni isteriche: si tratta di concezioni e "visioni" diverse. Non per tutti l'uomo è al centro dell'universo.

Tutto il resto, le urla, gli strepiti, le accuse, e i media che si svegliano perché fiutano il caso e banalizzano tutto, è solo un inutile contorno.
Qualcuno ci dovrebbe chiarire quanto e se serve la sperimentazione animale*. Ne abbiamo bisogno tutti.
Qualcun altro dovrebbe capire che si possono avere concezioni diverse della vita, di cosa è etico, e del ruolo dell'uomo nel mondo, anche diverse. Anche molto diverse. Non inferiori, non superiori, non scandalose. Diverse.

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* Aggiornamento: qui un bell'articolo che riassume la situazione della sperimentazione animale in Italia

giovedì 19 dicembre 2013

Altamarea in tv

Domattina, alle 11, al Museo della Marineria di Cesenatico ci sarà la conferenza stampa di presentazione della nuova trasmissione di San Marino RTV, "ALTAMAREA – Storie di Mare e di Marinai".

Un programma nato per raccontare il mare, la sua gente, le memorie di chi per tutta la vita ha “cavalcato le onde”, le emozioni di chi ogni giorno “molla gli ormeggi” o di chi, con entusiasmo e passione, si appresta a farlo.

In 14 puntate, della durata di 10 minuti ciascuna, offre ai suoi telespettatori altrettante storie coinvolgenti, capaci di trasportare nel difficile mondo marinaro degli anni a cavallo del secondo conflitto mondiale, passando dalle evoluzioni di una professione totalizzante come quella del pescatore o gli sviluppi turistici del mare, arrivando fino ai giorni nostri.
14 puntate che hanno per protagonisti vecchi lupi di mare, marinai imbarcati sulle grandi navi mercantili o sui rimorchiatori, maestri d'ascia, ufficiali delle Capitanerie di Porto, scienziati ed esperti della biologia marina, insieme con chi vede e vive il mare affacciato sulla battigia.

Posso dire di essere davvero orgoglioso di essere fra i personaggi intervistati e dunque protagonisti di queste Storie di Mare.

Qui puoi leggere il comunicato stampa completo con l'elenco di tutti i personaggi intervistati.

mercoledì 18 dicembre 2013

Quel particolare legame fra uomo e delfino (ammesso che esista)

Justin Gregg è un biologo, ricercatore presso il Dolphin Communication Project, e scrittore e divulgatore freelance. Ha da poco scritto un libro che si intitola "Are dolphins really smart?" (I delfini sono veramente intelligenti?), libro che è già da un po' nella mia lista dei desiderata, ma che ancora non ho avuto modo di acquistare.
Seguo da un po' anche il suo blog, e mi ha incuriosito l'articolo che ha scritto qualche settimana fa per la rivista AEON Magazine. L'articolo, che potete leggere qui, si intitola "I delfini hanno un rapporto speciale con gli esseri umani?"
Beh, è quello che mi sono chiesto molte volte anche io e che ho anche cercato di approfondire con le storie del mio "Jack il delfino e altre storie di mare". Argomento intrigante.
E' un po' quello che pensano tutti, no? I delfini sono animali un po' speciali e spesso cercano il contatto e la vicinanza con l'uomo. E' come se condividessimo qualcosa (l'intelligenza? il fatto di essere entrambi mammiferi?). Questo è un po' il pensiero comune, dove emozione e ragione però si mescolano per dare questo mix di sentimenti e "percezioni". 
Dal punto di vista dello scienziato, della razionalità, dell'esame dei fatti, le cose forse non stanno propriamente così.*
Ed in effetti Gregg, a contrasto di questa tesi sulla particolare passione dei cetacei per l'uomo, coglie dei punti molto interessanti.

Parte dai lone sociable dolphins, cioè quei delfini, in genere solitari, che lasciano la vita del loro gruppo, per spostarsi a vivere nelle vicinanze dei luoghi abitati dall'uomo, interagendo spesso con questo. Situazioni che in realtà parrebbero a favore dell'ipotesi che in effetti i delfini abbiano una certa predilezione per la nostra specie. Che poi, però, questi rapporti siano particolarmente amichevoli, è tutt'altra questione.
I report che elencano i casi di delfini socievoli sono anche pieni di interazioni "deviate" (comportamenti sessuali o eccessivamente possessivi rivolti verso persone) e di incidenti non di poco conto: ferite, contusioni, costole fratturate, persone trascinate sott'acqua o alle quali viene impedito di uscire dall'acqua stessa. Ci sono casi noti ed eclatanti: quella della donna presa per una gamba da un globicefalo (un particolare delfino) e trascinata più volte sotto, e quasi annegata. Il giovane ucciso in Brasile nel 1994 da un delfino (che aveva già spedito in ospedale altre 28 persone) - unico caso noto di incidente mortale. Il caso più recente della donna e del delfino Dusty.
Justin Gregg argomenta a lungo questo punto e vi invito a leggere il suo articolo per intero.

Altra questione: i delfini che salvano esseri umani. I racconti li avete sentiti tutti: persone che stavano annegando sostenute da uno o più delfini. O delfini che tengono lontani gli squali.
Non esistono prove documentate, solo aneddoti e racconti. Che però sono numerosi ed è difficile credere che siano tutti inventati. Inoltre si sa che i delfini mettono in atto questi comportamenti con i propri simili, dunque si pensa che possano, come dire, "traslarli" anche su altre specie.
Il punto è che non è affatto una regola e, anzi, i casi in cui i delfini non intervengono in queste situazioni di esseri umani in pericolo possono essere, per quanto ne sappiamo, molto più numerose di quelle "positive". In questi casi infatti, la persona in difficoltà, non essendo "salvata" da nessuno, semplicemente non potrà più, per ovvi motivi, raccontare la sua avventura.

Ultimo punto. Se esiste un legame fra noi e loro, questo è vero e documentato solo per pochissime specie, il tursiope fra tutti, fra le 40 che compongono la famiglia dei delfinidi. E guarda caso sono proprio le specie più costiere e che quindi hanno maggiori probabilità di... incontrarci.

Insomma, può darsi che storie, aneddoti, leggende e racconti ci dipingano un legame fra due specie che forse non c'è, o non è troppo diverso da quello che possiamo avere con altri animali. A questo si aggiunge una nostra, particolare predilezione per i delfini (così come per altri animali simbolici), che magari siamo portati a pensare come reciproca. In ogni caso la questione è interessante e merita le riflessioni che ci troviamo a fare e che Justin Gregg ha condotto in maniera molto coinvolgente nel suo articolo.


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* E questo nonostante io stesso, in Jack il delfino abbia scritto che "il ricercatore che volesse esaminare con i freddi strumenti della scienza il rapporto fra uomo e delfino, dovrebbe ben presto arrendersi all’evidenza che nei rapporti fra le due specie c’è evidentemente qualcosa che va oltre la semplice occasionalità dell’incontro e la mera curiosità di una specie verso l’altra."

sabato 7 dicembre 2013

Museo della Marineria di Cesenatico: una bella storia

Non ricordo quando ho visitato per la prima volta il Museo della Marineria di Cesenatico. E' stato qualche anno fa, e ci sono capitato per caso, non sapevo esattamente dove fosse (forse neanche che ci fosse...).
D'altra parte, credo abbia aperto i battenti nel 2005 o giù di lì.

E' un posto che ti cattura già dalla prima visita, o almeno a me è successo così. E si trova in uno dei luoghi dove più mi piace passeggiare: il porto di Cesenatico. Il Museo è dedicato alla marineria; entri e ti trovi in un mondo fatto di legno, storia, lavoro, tradizione, strumenti e persone. E mare.
Entri e un paio di grandi imbarcazioni, complete, ti lasciano a bocca aperta, perché non te le aspettavi; non ti aspettavi un salone grande, ampio e luminoso, e delle intere barche dentro a un museo. Le barche ti invitano a guardare più da vicino, e a toccare (c'è un cartello che proprio invita, non vieta, i bambini, ma anche i grandi, a toccare) e non ti abbandonano mai: ci giri intorno mentre passeggi sui due piani di allestimenti e ti lasci catturare dalle storie che questi "reperti" - una parola che poco si adatta alla spirito del luogo - raccontano in maniera discreta e semplice.
Elisa Mazzoli, che il Museo lo ha visto nascere, racconta che "il Museo della Marineria di Cesenatico si configura subito come luogo caro ai bambini. Gli allestimenti parlano da sé, accolgono e abbracciano un pubblico di tutte le età, a partire dai piccolissimi, indipendentemente dall’attivazione o meno di un percorso didattico; ma non c’è dubbio che la mediazione culturale rivolta all’infanzia sia la chiave giusta per promuovere e diffondere potentemente le storie e i messaggi che le barche raccontano." Per questo piace tanto anche ai grandi, dico io, che infatti ogni volta che ho occasione di parlarne, invito ad andarlo a visitare, e dico sempre: è un gioiellino, vallo a vedere. Adesso c'è anche una
piccola sala naturalistica, e poi c'è la parte esterna, nel porto canale, con la mostra delle barche storiche.

Fare qualcosa con il Museo di Cesenatico è un'idea che mi cullo da un po'. Poi, si sa, le strade si incontrano, magari anche spesso, ma non sempre le circostanze ti danno modo di fare dei pezzi di strada insieme. Diciamo che ci siamo inseguiti e girati intorno un po', finché l'estate scorsa troviamo l'occasione, con la disponibilità di Davide Gnola, direttore del Museo (riminese anche lui), e con la mediazione di Elisa, di abbinare due mie conferenze alle serate di laboratori con i bambini, che loro propongono durante l'estate.
Le conferenze vanno bene, la gente viene numerosa, si lascia coinvolgere dalle mie storie di mare e insomma, siamo tutti contenti. La sera della seconda conferenza Davide mi dice che bisogna che facciamo due chiacchiere, dopo l'estate, che ha una proposta, un'idea. E così, dopo l'estate, in effetti chiacchieriamo, con lui e con Elisa, e insomma l'idea è che il Museo, un'eccellenza nel campo della Marineria, vorrebbe o dovrebbe parlare di più anche di mare, inteso proprio come ambiente naturale, con la sua vita, i sui abitanti, le sue storie che spesso si intrecciano con quelle dell'uomo, della pesca e della navigazione, ma che ovviamente sono un ambito importante e che meritano una narrazione a se stante.

E così iniziamo, proprio questi giorni, questa collaborazione, che mi fa felice e orgoglioso, con la strategia del fare un passo alla volta, di fare le cose come piacciono a noi, per bene (meglio che si può). Da gennaio alcune mie proposte per le scuole saranno inserite nell'offerta didattica del Museo. Poi in primavera/inizio estate altre conferenze. Poi... altre cose bollono in pentola, e altre ci verranno in mente per strada.
L'importante era partire con questo bel percorso di collaborazione, e così è stato. E sono davvero molto contento.

lunedì 25 novembre 2013

Delfini adriatici: ognuno a casa sua

Non finisce mai di stupire, il nostro Adriatico. Abbiamo saputo, dagli studi condotti con piccoli aeroplani tre anni fa, e ripetuti quest'anno, che ci sono molti più delfini di quanto pensassimo. Ora una ricerca recentissima ci racconta che i delfini adriatici, pur in un mare così... limitato, tendono a dividersi in sotto popolazioni, che in pratica non si mescolano tra loro. E questo ha implicazioni sulle possibili strategie di conservazione dei mammiferi marini di casa nostra.

Lo studio è stato pubblicato poche settimane fa ed è il frutto di una ricerca condotta dall'Università di Firenze, in collaborazione con ricercatori croati, sloveni e greci. Le analisi del DNA su 89 campioni di tursiopi (Tursiops truncatus) adulti, raccolti durante il periodo 1992-2009 ha rivelato particolari molto interessanti, in generale, ma nello specifico proprio per il nostro Adriatico.
La raccolta dei campioni su animali spiaggiati è stata condotta in quattro aree, anzi cinque. Infatti, oltre al Tirreno, all'Egeo e allo Ionio, c'è appunto l'Adriatico, che però, per le sue caratteristiche geografiche e per la topografia (le profondità) dei suoi fondali è stato considerato come diviso in due bacini differenti: il settentrionale e il centro-meridionale. E anche questa, per un mare così peculiare come l'Adriatico, è comunque una semplificazione.
Infatti, le coste orientali di questo bacino sono frastagliate, rocciose, ricche di anfratti e isole; quelle italiane sono invece prevalentemente sabbiose e con fondali in genere bassi e dolcemente degradanti. E poi, la parte alta, diciamo dalle Marche in su, ha profondità molto limitate, che non arrivano mai a 100 metri, mentre al sud si accentuano, fino alla "fossa" davanti alla Puglia, di oltre 1200 metri. Questo "puzzle" di ambienti, come vedremo, influenza anche la distribuzione dei delfini.

Il dato più eclatante infatti che è emerso dallo studio è in realtà una conferma di quanto studi precedenti eseguiti confrontando le fotografie delle pinne dorsali dei delfini delle varie aree (foto-identificazione) avevano già fatto intuire: i delfini adriatici che abitano diverse aree sono relativamente isolati tra loro. In pratica le sotto-popolazioni di delfini adriatici abitano ambienti differenti e non si mescolano. Le caratteristiche fisiche e geografiche degli areali che abitano, e una certa fedeltà a questi luoghi, sono dunque più importanti di altri fattori, come la specializzazione su particolari prede, ad esempio.
Come già detto, alcuni ricercatori se ne erano già fatti un'idea con il metodo della foto-identificazione: i delfini del Golfo di Trieste non venivano mai fotografati nelle acque del Quarnero (Croazia) e viceversa; lo stesso per delfini che vivono in zona diverse, al largo della Croazia.

Non sappiamo molto dei delfini adriatici, se si fa eccezione per alcune aree, come lo stesso Quarnero, studiate a fondo negli ultimi anni. Questi frammenti di informazioni, sicuramente da analizzare, valutare e approfondire, sono comunque importanti spiragli che ci aiutano a comprendere meglio i mammiferi marini dell'Adriatico, e anche il nostro stesso mare. Conoscenze che hanno comunque anche implicazioni, per esempio nelle strategie di conservazione.

Sappiamo che i delfini adriatici vivono in un ambiente pesantemente "infestato" dall'uomo: pesca, traffico navale, inquinamento, ricerca di gas e idrocarburi. Dal momento che lo studio identifica sotto-popolazioni separate, anche le strategie di conservazione dovrebbero tenerne conto, considerando ad esempio come anche le attività umane possano essere differenti, nelle diverse aree del bacino. Gli autori sottolineano come già la Convenzione di Barcellona consideri importante l'instaurazione di aree marine protette, per i Cetacei, in Adriatico.

ResearchBlogging.orgS. Gaspari, D. Holcer, P. Mackelworth,C. Fortuna, A. Frantzis, T.Genov, M. Vighi, C. Natali, N. Rako, E. Banchi, G. Chelazzi, C. Ciofi (2013). Population genetic structure of common bottlenose dolphins (Tursiops truncatus) in the Adriatic Sea and contiguous regions: implications for international conservation Aquatic Conservation: Marine and Freshwater Ecosystems DOI: 10.1002/aqc.2415

venerdì 15 novembre 2013

A scuola di spiaggiamenti, a Padova

Segnalo con piacere il corso gratuito che si terrà a Padova il 6 dicembre e dedicato ad operatori non sanitari in merito al rilascio di cetacei e tartarughe spiaggiati vivi o in difficoltà.

Il corso si terrà nell'AULA 1, Edificio Seconda Stecca - Agripolis, Viale dell’Università 16, Legnaro, (PD)

Per maggiori informazioni potete mandarmi una mail, vi invierò l'infopack e vi girerò le mail degli organizzatori del corso.


domenica 10 novembre 2013

Rimini si è ritrovata, per parlare del suo mare

Venerdì 8 ho presentato, in una sala del palazzo della Provincia di Rimini, il progetto Rimini Soul Mare. C'era abbastanza gente, non che me ne aspettassi moltissima. Era pur sempre un venerdì, ed era una serata di cui si sapeva poco o nulla. Avevo fatto un comunicato stampa, ripeso da un paio di giornali, due interviste in tv, e un po' di pubblicità su Facebook. 
In tutto ciò, volutamente, non era molto chiaro di cosa avrei parlato, tranne che l'argomento sarebbe stato la cultura del mare a Rimini. Nei comunicati e negli annunci non c'erano loghi, affiliazioni o altro. C'era solo il mio nome, in fondo, e l'idea che si sarebbe parlato di mare e cultura. Questa cosa ha incuriosito e, forse, è stata pure apprezzata.

La serata è andata molto bene, e il pubblico era, se così si può dire, selezionato. Qualche cittadino curioso, e poi tanti, oggi si dice così, portatori di interesse. Erano rappresentati il WWF Rimini, il Circolo Nautico, un paio di circoli velici, il Museo della Marineria di Cesenatico, la sub Rimini Gian Neri, altri sub, la Legapesca, l'Associazione Vele al Terzo, la Excalibur Sailing. C'era un dirigente della Provincia di Rimini e presidente del GAC (Gruppo Azione Costiera), un consigliere comunale (presidente della Commissione Cultura); c'era Fabio Fiori di Mare Gratis, e il presidente dell'Associazione dei pubblici esercizi di spiaggia. C'era il presidente dei bagnini di salvataggio, c'era Bianca di Adria Watchers, e c'era Antonietta Righetti di Arte Amore e Fantasia (è lei che ha realizzato il logo di Rimini Soul Mare). E c'erano altri che sicuramente, purtroppo, dimentico.
Insomma la prima sorpresa e soddisfazione è stata quella di essere riuscito ad attirare tutta quella parte di città che davvero ci tiene alla cultura del mare. E in effetti, dopo la mia presentazione del progetto, la parte più interessante è stata la lunga discussione finale, in cui è emerso davvero un arcipelago di interessi e di volontà di fare qualcosa per il mare, a Rimini, al di là e parallelamente al discorso del turismo balneare. Pare che fra questi progetti e iniziative manchi un collante e un punto di riferimento, e c'è chi espressamente ha visto la mia iniziativa come qualcosa di questo tipo, o mi ha chiesto di farlo.
Insomma stimoli e feedback molti forti e generalmente positivi, un tesoro da valorizzare e fare fruttare, vedremo con quali modalità.

Ma cos'è, Rimini Soul Mare, visto che qui non ne ho mai parlato?
Nella mia città si dice che Rimini è una città sul mare, ma non una città di mare. Come se Rimini non avesse una cultura marinara, o se la fosse semplicemente dimenticata. La storia marinara di Rimini esiste eccome, ma questo, oggi, è decisamente poco percepito. Difficilmente a Rimini si parla di mare, al di fuori del contesto balneare, che ha la sua fondamentale importanza, e che può essere, non certo sostituito, ma sicuramente affiancato da offerte che integrano e che aggiungono opportunità e percorsi culturali e turistici diversi. Il turismo balneare è il pilastro su cui si basa l'economia turistica a Rimini; un modello che va forse rivisto e rimodernato, ma anche e soprattutto integrato con altre offerte. Il turismo culturale è un settore che diventa sempre più forte e affermato e che Rimini ha "inseguito" solo sporadicamente, e che potrebbe, si torna a ribadire, non sostituire, ma di certo affiancare la nostra offerta turistica più tradizionale che è quella balneare.
Rimini Soul Mare ha due obiettivi. Il primo è individuare i punti, i luoghi, le storie, già presenti nella nostra città, di un ideale percorso che ha come oggetto la cultura del mare, e come risultato l'ideazione dei percorsi didattici, educativi, turistici che consentano di andare alla scoperta dell'anima marinara di Rimini. Il secondo obiettivo è quello di formulare ulteriori proposte (eventi, idee, progetti e laboratori) che vadano a integrare e ad accrescere l'offerta di contenuti, sempre con il mare come protagonista. Fra le proposte comprese nel "contenitore" del progetto: l'organizzazione di un Festival del Mare, la proposta di percorsi didattici e laboratori per i bambini e le scuole, la definizione di percorsi turistici legati alla storia marinara di Rimini, la valorizzazione e la riscoperta dei luoghi storici della marineria, la proposta di istituzione di un'area marina protetta nelle nostre acque, e altro ancora...
Dopo questa serata posso traquillamente aggiungere un terzo obiettivo, e cioè mettere insieme, coordinare e "fare parlare" tra loro tutti le figure e le entità che sono emerse e che hanno espresso questa voglia di fare.

Venerdì ho voluto compiere un primo passo. Partire dalla città stessa. Sentire cosa ne pensa, se c'è voglia e necessità di fare qualcosa di più per il nostro mare e la sua cultura. Condivisione di un'idea e partecipazione attiva. La risposta è stata più che positiva. Andiamo avanti.


lunedì 28 ottobre 2013

Squali al Festival

Giovedì mattina, 31 ottobre, sarò con la mia conferenza "Il bello degli squali", al Festival della Scienza di Genova.
La conferenza sarà all'Aula Polivalente San Salvatore, in Piazza Sarzano, alle 11,00.


Il Festival della Scienza è l'evento di questo genere più importante d'Italia. Il programma si estende su dieci giorni ed è ricchissimo di eventi. "La bellezza è il filo conduttore dell'undicesimo Festival della Scienza, in programma a Genova dal 23 ottobre al 3 novembre 2013. Una bellezza che si diffonde per la città seguendo il consueto approccio e lo storico obiettivo del Festival: rendere la scienza accessibile a tutti, appassionando il pubblico di ogni età – dagli studenti agli esperti – grazie alla varietà degli argomenti trattati, all'autorevolezza degli ospiti, alla partecipazione attiva alle iniziative, alla capillare diffusione sul territorio e a un programma che prevede conferenze, laboratori, mostre scientifiche e artistiche, spettacoli, incontri, tavole rotonde, exhibit, concorsi per start up e progetti speciali."


sabato 26 ottobre 2013

L'orca che uccide e un film che fa discutere

Ieri sera ho visto il film documentario "Blackfish". So che sta avendo un forte effetto sul pubblico, e ora che l'ho visto la cosa non mi stupisce. E' fatto bene, costruito bene, e ha alcuni momenti forti come pugni nello stomaco.
Il film ruota attorno a due temi centrali: l'orca Tilikum, responsabile della morte di ben tre persone, e l'idea, che passa in tutto il film, di quanto assurdo sia tenere queste creature rinchiuse in una vasca.
Conoscevo le vicende delle morti causate da questa orca, ma non conoscevo la sua storia, il fatto che a Orlando venisse tenuto praticamente sempre segregato dalle altre orche (quando vi è arrivato aveva già ucciso una persona, al Sealand of the Pacific, in Canada) e usato quasi solo come riproduttore (per questo il suo valore economico è molto alto): in pratica tantissime orche in giro per gli States, sono figli suoi.
Il documentario vuole colpire e lo fa. Ci sono immagini forti, dei vari incidenti, anche se alcune si trovano anche su Youtube.
A me ha colpito moltissimo anche il racconto del vecchio pescatore di orche, che negli anni '70 le andava appunto a catturare in mare, strappando i piccoli dalle madri. Ci si rende conto di quale dramma sia, per questi animali che capiscono eccome quello che sta avvenendo. Una sofferenza da vedere e da sopportare (e il pescatore che ripete "è la cosa peggiore che abbia mai fatto").
Ci sono altri momenti molto intensi, ma non voglio raccontare troppo. Il film va visto.
Buona parte del film sono interviste a ex-trainer del SeaWorld, e ci rende conto di come fossero all'oscuro di molte cose, di come non vedessero o non volessero vedere. Quando dicono che raccontavano decine e decine di volte al giorno, al pubblico, le stesse cose, le stesse nozioni, che oggi sanno essere false e poco credibili, ma che allora ci credevano eccome, mi ci sono ritrovato molto. Ho fatto tantissime visite guidate in un delfinario, e dicevo e credevo in cose alle quali ora mi è impossibile credere.

Ritengo che questi documenti siano importanti e servano molto a scuotere le coscienze. Potenza delle immagini. A quanto mi dicono, dopo l'uscita del film moltissima gente ha cambiato il proprio modo di vedere riguardo al mantenimento delle orche in cattività. Sulle pagine Facebook dei parchi del SeaWorld sono cresciuti i giudizi negativi e la società ha dovuto correre ai ripari: per esempio quello di Orlando ha tolto l'angolo dove venivano pubblicati i consigli e le valutazioni del pubblico. Quello del Texas ha rimosso quello dove poter pubblicare i commenti.
Secondo la CNN, notizia di ieri, il film sta suscitando discussioni sul fatto se sia giusto ed educativo, o meno, portare i bambini in questi oceanari. Se è così, se anche solo se ne discute, il film ha raggiunto il suo scopo.
A proposito, per il film, anche se ripetutamente interpellati, nessun esponente del SeaWolrd ha voluto farsi intervistare.


sabato 19 ottobre 2013

Un'altra specie intelligente del pianeta

Questo è un video che è apparso su TED poco tempo fa, e che ora è stato sottotitolato in italiano. Dura un quarto d'ora ed è tutto da gustare e da comprendere.
Denise Herzing studia i delfini (le stenelle maculate) nel loro ambiente naturale, e sott'acqua, da quasi trent'anni. Il livello a cui sono arrivate le sue ricerche è sorprendente, come sorprendente è quello che si vede in alcuni momenti di questo video.

"Immaginate come sarebbe capire veramente la mente di un'altra specie intelligente del pianeta". Con questa frase si chiude il video, e vi lascia davvero per un attimo senza parole, con i vostri pensieri. Un'altra specie intelligente del pianeta...

Pensate a cosa stiamo facendo, a come modifichiamo e trasformiamo il loro ambiente, a come lo rendiamo inospitale, vuoto, a volte dannoso. A come li portiamo sempre più vicini alla loro scomparsa dai mari. A come li teniamo, da anni, imprigionati in vasche di cemento per il nostro divertimento. Al rispetto che non riusciamo a dare a loro, così come a tutte le altre creature del pianeta; per interesse, per avidità, per semplice ignoranza o noncuranza.

Un'altra specie intelligente del pianeta...





sabato 5 ottobre 2013

Delfini spiaggiati e cannonate in Adriatico

Come avevo scritto qualche tempo fa, sto partecipando come consulente dell'Università di Padova, al progetto Netcet
Dal Blue World Institute, un ente croato che si occupa di cetacei, tartarughe marine e biologia marina in generale, e partner del progetto, circa 20 giorni fa abbiamo ricevuto una mail preoccupante, relativa all'inizio di un'indagine di prospezioni geologiche, per la ricerca di idrocarburi, in Adriatico.
Queste indagini sismiche sono quelle che utilizzano i famigerati airgun: in pratica, sparano delle cannonate sonore da 280 decibel (un boing 747 al decollo ne fa 140...), queste rimbalzano sul fondale e vengono raccolte da dei sensori che in base all'eco rivelano se ci sono giacimenti. I Cetacei hanno un udito super-sviluppato, e vengono danneggiati da queste "bombe" sonore. A volte uccisi, spesso decisamente disturbati e spaventati.

In questa settimana ci sono stati 7 spiaggiamenti di tursiopi in nord Adriatico (1 a Jesolo, 1 a Porto Garibaldi, 1 in Abruzzo, 3 nel ravennate e 1 a Rovigno). Che le due cose siano collegate per il momento non lo si può dire, ma decisamente questi spiaggiamenti così ravvicinati, hanno fatto tornare in mente quella mail.

Ve la riporto qui:
"Vorrei informarvi che campagne di ricerca di petrolio e gas sono state avviate in Croazia, al largo e sottocosta, a partire dal 7 settembre 2013. Questa campagna non è stata presentata al pubblico e il Blue World Institute non è stato coinvolto in alcuna valutazione di impatto ambientale, nonostante sia in possesso della più grande banca dati disponibile su Cetacei (e altri grandi vertebrati marini) nel Mare Adriatico croato.
Le indagini sismiche sono uno dei metodipiù invasivi di indagine del mare e causano gravi danni per l'ambiente e gli animali marini. Attualmente stiamo cercando di ottenere tutte le informazioni sulla campagna in corso e sulle valutazioni di impatto ambientale (se presenti) fatte per questa campagna.
Le indagini sismiche causano gravi conseguenze per la vita marina e in particolare per i cetacei, che sono state affrontate da molte organizzazioni scientifiche e da accordi internazionali che hanno chiamato i governi nazionali a prendere seri provvedimenti per proteggere la fauna locale (Cetacei) e a effettuare una completa e trasparente valutazione di impatto ambientale. Non ci risulta che questo stia avvenendo in Croazia. Pertanto l'attuale campagna di indagine sismica pone ancora maggiori minacce per la fauna del mare Adriatico.

Recenti studi effettuati tramite surveys aerei, sulla abbondanza di cetacei e tartarughe marine in tutto l'Adriatico hanno rivelato che rappresenta un habitat per diverse specie tra cui tursiopi, stenelle, grampi e (stagionalmente) balenottere . Di grande interesse è l'Adriatico meridionale come importante habitat di riproduzione dello zifio, specie molto soggetta a spiaggiamenti di massa causati da forti rumori subacquei. Inoltre, un'altra specie protagonista di immersioni profonde – il capodoglio - si trova regolarmente nel Mar Ionio e la sua presenza è stata registrata anche in Adriatico meridionale.

Attualmente, la Spectrum, una società norvegese che ha firmato un accordo con il governo croato, ha ingaggiato la Seabird, una società di esplorazioni di Cipro, per condurre questa campagna di esplorazione sismica. È possibile seguire on-line gli spostamenti della nave, lunga 76 metri, la Northern Explorer. Attualmente si trova in Adriatico centrale dove si svolge l'indagine. La posizione della nave, giorno per giorno, la potete vedere qui.

[...] Gli attuali sviluppi possono solo confermare la nostra idea che cetacei e tartarughe marine sono in pericolo in Adriatico. Inoltre, vorrei mettere in guardia che si occupa di monitoraggio di spiaggiamenti, su potenziali atipici eventi di spiaggiamento."

martedì 24 settembre 2013

Delfinario, "simbolo" superato

Questa è lettera che ho mandato ieri ai quotidiani della mia città, sempre sulla questione del Delfinario di Rimini.

"Leggendo i titoli dei quotidiani, stamattina ma anche nei giorni scorsi, relativamente alla questione del Delfinario, se ne ricava l'impressione che tutta la città di Rimini si sia mobilitata per riavere i "suoi" delfini.
Scrivo per testimoniare che c'è invece chi ritiene, come me, che la città si sia finalmente liberata di una proposta di intrattenimento obsoleta, ed eticamente ormai impresentabile.

Ho espresso più volte le mie perplessità sulle modalità e sulla spettacolarizzazione con cui è stato effettuato il sequestro. L'ho fatto a parole e nei fatti, al punto da avere deciso, quel giorno, di accettare l'offerta dei legali e dei rappresentanti del delfinario, ad agire come consulente di parte della struttura stessa, ma con il compito ben preciso di controllare che le operazioni di cattura e di trasporto degli animali dalla vasca al camion avvenissero nel massimo rispetto della sicurezza e del benessere degli animali.

Capisco la volontà della proprietà di ribattere alle tremende accuse di maltrattamento, accuse nel merito delle quali non intendo entrare, così come capisco le preoccupazioni di chi vede seriamente minacciato il proprio posto di lavoro o la propria azienda.
Ma invito le sorelle Fornari e l'Amministrazione comunale, tra le quali sembra improvvisamente essere scoppiato l'amore, a prendere in considerazione l'idea di rilanciare un nuovo progetto, culturale, educativo e innovativo, dedicato al nostro mare, ma che non preveda più i delfini. La nostra città langue dal punto di vista dell'offerta culturale, e non ha una vera e propria cultura del mare (e quella che ha, la tratta pure male). Una svolta di questo tipo, che si lasci indietro vecchi modelli di "divertimento" non etico, diseducativo e anacronistico, sarebbe la benvenuta.

A me hanno sconcertato le dichiarazioni del sindaco di Rimini, ad aprile scorso, secondo cui "il delfinario è una realtà strategica, qualificante e coerente con la natura e gli obiettivi turistici di questa città". Non sarebbe invece ora di puntare su modelli di turismo e culturali molto più attuali, validi ed educativi? Cosa c'è di qualificante nel vendere ai turisti lo spettacolo di quattro delfini che saltano a comando in una vasca di cemento?

A chi mi fa notare che i delfini sono comunque in un altro delfinario, e per loro non cambia nulla, rispondo che purtroppo è vero. E' ora che si pensi alla maniera di mandare queste strutture a termine. Basterebbe impedire l'importazione di delfini nel nostro paese. In questo modo, visto che quasi ovunque le morti di delfini superano le nascite, nel tempo il problema si risolverebbe da solo. Stabilito questo però, io affermo che 4 delfinari, nel nostro paese, sono meglio dei 6 che c'erano un anno fa (ha chiuso anche il delfinario di Gardaland). Meno luoghi dove ai nostri bambini viene passata l'idea che gli animali sono "a disposizione" dell'uomo, per profitto e per divertimento. Meno luoghi dove viene calpestata l'idea di rispetto e comprensione che dobbiamo ai nostri coinquilini su questo pianeta, valori che cerchiamo con fatica di trasmettere ai nostri ragazzi e nelle iniziative vi divulgazione e sensibilizzazione.

Il mondo corre in avanti, così come va avanti, progredisce e si modernizza il nostro rapporto con le altre creature viventi del pianeta. I delfinari sono sempre più anacronistici, obsoleti, superati. Non hanno più molto senso, sono anzi diseducativi. Passano un'idea culturale retrograda: gli animali al servizio dell'uomo per divertimento. Se questo è "coerente con la natura e gli obiettivi turistici di questa città" siamo destinati a essere lasciati indietro.
Più della metà delle nazioni Europee se ne sono già sbarazzati da tempo. L'uomo ha mille e più modi diversi per divertirsi, modi che non contemplano la sfruttamento e la lesione della dignità di altre creature viventi.

La città, con il delfinario, perde uno dei suo simboli? Può darsi, ma arriva un momento che anche i simboli fanno il loro tempo, e vale la pena di lasciarseli alle spalle, e di crearne di nuovi, attuali e magari anche più profondi e veri di una scatola di cemento con un triste circo dentro."

martedì 17 settembre 2013

Delfinario: the day after

Comincia appena appena adesso a posarsi il polverone che è seguito allo straordinario (nel senso proprio di "fuori dall'ordinario") sequestro dei delfini del Delfinario di Rimini, effettuato dal Corpo Forestale dello Stato, e spediti in fretta e furia all'Acquario di Genova.
Ne ho parlato e scritto tanto, negli ultimi tre giorni, fra i social network e i messaggi, le email e le telefonate di chi voleva saperne di più, o solo confrontarsi con un punto di vista ulteriore. Vorrei cominciare a uscire da questo "evento", a meno di sorprese nell'immediato futuro. 
Lo faccio con qualche pensiero sparso.

Rimini. 
La città si è infervorata per la questione delfinario. Rimini vive un periodo, da anni ormai, difficile. La crisi morde fortissima, e in una città che non ha saputo mai rinnovarsi, ancora di più. Il modello turistico riminese vacilla paurosamente, e c'è un certo senso di smarrimento. 
Probabilmente per questo, molti, forse moltissimi riminesi hanno vissuto questa situazione come l'attacco a uno dei simboli della città (e ci sarebbe da riflettere sul significato di questo), prima accerchiato e poi abbattuto senza tante remore, in un lungo pomeriggio di settembre. 
Molta gente ha assistito alle operazioni di trasporto dei delfini sul camion pronto a portarli via, molti hanno protestato a gran voce, urlando "vergogna" e altre frasi poco simpatiche verso le forze dell'ordine. Molti altri, è una mia impressione, non si sono fatti vedere, o hanno assistito in silenzio, godendo in cuor loro per la cancellazione dalla faccia della città, di un punto diventato "fuori luogo" e superato.
Comunque sia, spero sia un'occasione per la città per trovarsi nuovi simboli e nuove opportunità. Esiste una cultura del mare a Rimini? Sì, no, poco? Vogliamo cominciare a ragionarci?

Il sequestro.
Neanche immaginavo si potessero sequestrare dei delfini, di punto in bianco. Un vero e proprio blitz, con un dispiegamento di forze dell'ordine decisamente esagerato, e con una concitazione e una tensione spesso fuori luogo. Ecco forse, una migliore preparazione dell'operazione, magari pianificata di concerto con la struttura stessa, avrebbe consentito probabilmente un minore stress agli animali, alle persone, e un'accettazione più ponderata per quei cittadini che hanno vissuto tutta la faccenda come uno "scippo" di un bene ritenuto comune.
La mattina di quel venerdì, nelle fasi preparatorie dell'azione, l'addetta stampa della Forestale distribuiva un foglio, con un comunicato stampa. Ricordo che mi ha colpito subito il sottotitolo: primo sequestro di delfini in Europa per questo reato. C'è un po' di compiacimento, in quella frase? La Forestale ha bisogno di "vendere" le proprie azioni con slogan ad effetto?
Un'altra cosa. A un certo punto sono stato coinvolto nelle operazioni, lo scrivo più sotto, come consulente di parte del delfinario. Ho l'abitudine di rivolgermi in maniera calma e tranquilla alle persone, e così ho fatto, chiedendo di poter svolgere al meglio il compito affidatomi. Mi è stato risposto, per due volte, interrompendomi, a voce alta, e con arroganza. Davvero un brutto effetto, abituato com'ero a rapportarmi, in 15 anni di lavoro in Fondazione Cetacea, sempre in maniera squisita e con la massima collaborazione, con la Forestale locale.

Il salto del muro
Che palle. Qualcuno, pochi per la verità, e con i piedi in qualche delfinario, ha "faticato" a capire come io abbia potuto "prendere le difese del delfinario". Riporto pari pari quello che ho già scritto su Facebook, ché questa cosa non merita una riga di più.
Non ho cambiato idea sulla cattività. Al delfinario di Rimini, sia ben chiaro, lo sanno tutti. Con la proprietà sono sempre stato molto sincero sul mio sentire. Il mio ruolo di consulente per il delfinario, nel giorno del sequestro, è stato quello di "controllare che le operazioni di cattura e di trasporto degli animali dalla vasca al camion avvenissero nel massimo rispetto della sicurezza e del benessere degli animali." Mi è stato chiesto e l'ho fatto molto volentieri, gratuitamente, con questo obiettivo. Ho la coscienza a posto. Voi?

E adesso?
Adesso, mentre a Rimini c'è chi si anima per provare a mettere a norma il delfinario e riavere indietro i delfini, chi si organizza per raccogliere firme, io spero invece che la pagina sia ormai chiusa. Mi dispiace per l'azienda, per i lavoratori, l'indotto, eccetera, ma sarei contento che la mia città si fosse liberata definitivamente dello "spettacolo" dei delfini nella vasca di cemento.
Un anno fa c'erano 6 delfinari, in Italia, oggi ce ne sono 4. Questa è una bella notizia. Il vento sta cambiando.


venerdì 13 settembre 2013

Delfini sequestrati

Ho appena passato tre ore surreali, fuori dal Delfinario di Rimini. Verso le 19 leggo su Facebook l'appello della proprietaria che dice, più o meno "Mi portano via i delfini, me li sequestrano". Sembrava una bufala, ma era vero. Così mangio qualcosa e poco dopo le 20 vado giù a vedere che succede.

Quello che è successo quest'estate al delfinario di Rimini è storia nota: prima l'aut aut del Ministero, o vi mettete in regola entro l'estate, o in autunno dovete chiudere (Rimini ha solo una vasca, non ha le vasche accessorie, come quella medica, previste per legge), poi il Comune di Rimini che si erge a difensore del "delfinario strategico" (a cui ho risposto così), poi i controlli delle autorità, una pesante multa per alcune irregolarità e la denuncia per maltrattamenti. Ieri il comune di Rimini che chiude le porte in faccia alla struttura, la qualee chiedeva di potersi allargare su territorio demaniale per fare le vasche nuove: niente da fare.
Insomma, tutto ad un tratto, il delfinario, che è fuori legge da anni (la legge è del 2001), sembra accerchiato, e ci si mette pure la Brambilla. Gli animalisti esultano (ma molti di loro pensano che questi delfini possano essere liberati in mare, e su questo non paiono sentire ragioni).

Come la penso io, credo si sappia: basta con queste strutture diseducative e anacronistiche. L'ho scritto decine di volte. E spero che la mia città si possa liberare del triste spettacolo dei delfini che saltano in una vasca di cemento, e miri ad altre forme di intrattenimento, magari, massì, culturali.

Dopo avere litigato con lei su Facebook, per il mio post sul "delfinario strategico", sono diventato amico della proprietaria, e conosco molte delle persone che ci lavorano dentro. Però, basta dai, siamo nel 2013.

Detto questo, la situazione è però, come dicevo, surreale, paradossale. Come si fa a sequestrare dei delfini, così, all'improvviso, portarli via nella notte? Mentre scrivo queste righe, diverse persone sono ancora là fuori, ad aspettare i camion che devono venire a caricarli. Sarà stanotte? Sarà domattina? Non si sa.
Conosco quasi tutti quelli che sono "venuti a vedere": semplici cittadini, i giornalisti che mi chiedono un parere e credo di avergli risposto un po' stralunato, il gruppetto degli animalisti che se ne sta un po' in disparte, il personale del delfinario. Passa anche la veterinaria che è stata incaricata di seguire il trasporto: ci conosciamo da tempo, ci scambiamo impressioni su quello che avviene, poi va "a preparare la valigia, ma non mi hanno detto per dove" (non posso dire chi è, lei non vuole, ma questo aggiungerebbe un altro tocco di follia a questa storia). Poi Sabrina, un'addestratrice storica che conosco dai primi anni del Delphinarium di Riccione, che esce, mi vede, mi abbraccia e piange a dirotto "Così no, così no", ripete.
E insomma, così no, dai. Non c'era modo di gestire un po' meglio 'sta cosa? Con un preavviso, ma che dico, con una minima programmazione. Per i delfini, per quelli che ci lavorano insieme tutti i giorni. Delfini che non hanno mai viaggiato, mai visto un camion. Chiuda pure il delfinario, a me sta bene, si sa, ma che situazione strana, che forzatura.

E poi dove li portano? C'è chi dice due a Genova e due a Roma. C'è chi dice tutti a Genova. Ecco, appunto, Genova. Stai a vedere che...

Insomma questo è un post notturno e strambo, ma vi assicuro che là fuori, stasera, sembrava tutto un po' strambo. Sembrava il set di un film di Fellini, ma non era un film. Stanotte o domani i delfini verranno portati via davvero e, sequestro "temporaneo" o no, secondo me Rimini non la vedranno più. L'Italia perde un altro delfinario, dopo Gardaland, e di questo non posso che essere contento. Ma mi dispiace anche per chi soffre per questo "rapimento" istituzionale, per chi deve salutare quattro amici a cui ha dedicato tanto tempo e lavoro (e magari quel lavoro ora lo perde pure).

Comunque, vedremo gli sviluppi, non credo sia finita qui...


sabato 7 settembre 2013

Uno sguardo sull'Adriatico

Sotto lo pesudonimo di La Voce Romagnola si cela un giornalista, indipendente e "d'assalto" che realizza video di denuncia e d'indagine.
Ha chiesto di fare due chiacchiere con me sul Mare Adriatico, e qui sotto c'è la video-intervista che ne è venuta fuori.
Buona visione.


venerdì 6 settembre 2013

Quando il delfino attacca

Ai primi di agosto, un video, che vedete in fondo a questo post, ha fatto il giro del web e di qualche tv. Una donna viene attaccata da un delfino. Fosse uno squalo brutto e cattivo, posso capire, ma un delfino! Che diamine.
Il delfino in questione è Dusty, ed è un lone sociable, cioè un delfino solitario, e che vive a contatto con l'uomo, seppure rimanendo libero in mare. Lo si trova nelle acque vicino alla cittadina di Doolin, in Irlanda. Ha persino un sito e una pagina Facebook.

Cosa si vede nel video?
- un gruppo di persone che guardano e fotografano un delfino in acqua
- una donna appare in acqua col delfino
- il delfino comincia subito a sbattere la coda sull'acqua
- la gente ride e scherza vedendo le manifestazioni esuberanti del delfino
- la donna, dopo un po', intuisce che qualcosa non va e cerca di raggiungere la scaletta
- il delfino parte veloce e la colpisce alla schiena
- la donna chiede aiuto, e finalmente qualcuno capisce cosa è successo e soccorre la donna

Alcune riflessioni. Intanto, la donna scende in acqua col delfino. Cioè entra in un ambiente non suo, dove si muove con difficoltà (mentre il delfino no di certo), insieme ad un animale selvatico, forte, robusto, con 100 denti, una coda potentissima, e che pesa oltre 300 chili. Se lo avesse fatto con uno squalo, un leone, un lupo, avremmo detto che è pazza, ma siccome è un delfino, appare normale. Il delfino è bello (vero), bravo e buono (dipende) e ride sempre (falso).

Il delfino, prima di colpire, sbatte forte la coda sull'acqua, segno che è agitato ed aggressivo: non gradisce la presenza della donna in acqua. La gente ride e si diverte. Evidentemente non conosce i segnali e i comportamenti che i delfini possono mettere in atto in queste o in altre situazioni. Un cane arrabbiato, prima di attaccare, ringhia, lo sanno tutti. Un delfino arrabbiato prima di attaccare sbatte forte i denti, e la coda sull'acqua, per esempio. Non lo sa nessuno, ma tutti pensano di poterci fare il bagno insieme comunque.

Mi dispiace per quella donna, che ha subito danni non da poco alle vertebre, ma questo è quello che può capitare ad avere a che fare con un animale selvatico nel suo ambiente. Lei lamenta che non c'erano cartelli che avvisano del pericolo di fare il bagno con Dusty, o che lo vietano (adesso li hanno messi, vedi foto); vero, ma servono davvero dei cartelli? Vogliamo smettere di considerare i delfini come dei grossi giocattoloni? Non dico di arrivare a temerli come una forza che controlla il pianeta e può distruggere l'uomo (ma che gente c'è, in giro?), ma rispettare loro e il loro ambiente magari sì. E conoscerli anche un po' meglio, soprattutto prima di decidere di buttarsi in acqua con uno di loro, selvatico.

mercoledì 28 agosto 2013

Si parla di mare ad Ancona

Per tutta questa settimana, ad Ancona, si svolge il Festival Adriatico Mediterraneo. Un appuntamento annuale che racchiude molti eventi, concentrati in una settimana. Il programma degli eventi della kermesse già in corso lo potete leggere qui.

Nella locandina qua sotto le iniziative principali legati al mare e alla biodiversità.

Nell'ambito del Festival, sabato 31, alle 19,00, presso la Mole Vanvitelliana ci sarà anche la mia conferenza su "L'intelligenza dei delfini". L'ingresso è gratuito. Sarò ospite del CEA La Marina Ecoidee, che organizza la mia conferenza e altre attività all'interno del Festival.




martedì 20 agosto 2013

Scimpanzé e delfini: cervelli fini

Questo libro è uscito nel 2008, negli Stati Uniti, e mi aveva subito incuriosito. Mi ero ripromesso di leggerlo, ma ho sempre rimandato l'acquisto. 
La copertina, così "seriosa" mi faceva pensare a un libro molto tecnico, per addetti ai lavori, non divulgativo. Dunque, essendo anche in inglese (non è mai stato tradotto in Italia) lasciavo la sua lettura per momenti più tranquilli, che poi non arrivavano mai.
Infine, in questa estate di letture e conferenze (anche sull'intelligenza dei delfini) ecco che mi è tornato in mente e finalmente l'ho comprato e letto.

Sorpresa! E' un volumetto di dimensioni tascabili, di circa 300 pagine. Ed è divulgativo. Una divulgazione seria, precisa, rigorosa ma mai pesante. Un libro che si legge molto gradevolmente. 
Gli autori, Maddalena Bearzi (italiana trapiantata in California, ha scritto anche questo) per i delfini e Craig B. Stanford per gli scimpanzé (ma anche gorilla, oranghi e bonobo), raccontano di questi straordinari animali, in modo parallelo (come dice il sottotitolo). I capitoli sono praticamente divisi a metà, scimmie e delfini, e affrontano argomenti che mostrano le caratteristiche sociali, le capacità cognitive, comunicative e culturali di questi due mammiferi, così lontani dal punto di vista evolutivo, ma sorprendentemente così simili per il modo in cui, tramite un'intelligenza di prim'ordine, sono riusciti ad adattarsi ai loro rispettivi ambienti. Il mare e la foresta, i delfini e gli scimpanzé. 

"Beautiful minds. The parallel lives of great apes and dolphins" è una piacevole passeggiata, ricca di sorprese e scoperte emozionanti, sbirciando qua e là nella vita di animali che rappresentano così tanto per l'essere umano, non solo come specie "totem", ma anche come specchio di noi stessi. 
Il libro vi porterà ad entusiasmarvi sempre di più, e a meravigliarvi di quanto via via scoprirete su queste creature, salvo poi, alla fine, lasciarvi nella tristezza e nell'indignazione per quello che stiamo facendo loro e al loro ambiente.
Sapere cosa stiamo perdendo fa ancora più male, ma forse aiuta ad essere maggiormente consapevoli che siamo solo una specie tra le specie. Siamo ancora in tempo?

venerdì 16 agosto 2013

Sorriso di squalo

Per le due conferenze di questi giorni a Museo della Marineria di Cesenatico (a proposito, stasera secondo incontro: Il Mare che non ti Aspetti), ho tenuto i contatti con una collaboratrice del Museo stesso: Elisa Mazzoli. Lei fa un sacco di cose con i più piccoli: scrive libri, organizza serate e incontri, legge e racconta storie. Questo è il suo blog
Appena presi i contatti, più di un mese fa, molto carinamente mi ha mandato un suo libro, "Sorriso di Squalo", visto che il mio primo incontro sarebbe stato sugli squali. Io ne ho letto un po' qua e là, poi l'ho messo via con l'intento di leggerlo insieme a mio figlio di 6 anni.
Ma, dopo la conferenza di venerdì scorso sugli squali, e dopo avere conosciuto Elisa, mi è tornato in mente e così la mattina dopo l'ho iniziato e finito (è un libro per bambini).
Mi è piaciuto molto. La storia è delicata, leggera e dolce, e gli squali entrano nel racconto molte volte, ma quasi a piccoli passi. Non danno mai l'impressione di esserne i protagonisti. Eppure si parla di loro, di come sono fatti, come vivono, e anche di problemi terribili, come il finning (ne ho scritto tante volte, per esempio qua). Insomma piccole e vitali informazioni che i bambini raccolgono seguendo e appassionandosi alla storia, che ha molti spunti carini e dunque coinvolge.
Alla fine c'è persino un personaggio che si chiama Pippo, che "parla e ricorda, e quasi piange quando pensa alla prima tartaruga che ha curato e rilasciato in mare...".

Insomma, il libro vale la pena leggerlo e farlo leggere ai vostri bambini, e io ho voluto approfondire il discorso con Elisa, a cui ho rivolto qualche domanda.

Come ti è venuta l'idea del libro, perché proprio gli squali?
L’editore Coccole Books di Cosenza ha creato una collana di libri di narrativa per bambini, la Coccole Green, tutta dedicata agli animali in pericolo di estinzione. Conoscendo l’ambiente in cui vivo e lavoro, mi hanno chiesto di scrivere un racconto su un animale marino. Io ho scelto subito lo squalo, paragonandolo a tanti bambini che incontro nelle mie esperienze di narratrice e mediatrice culturale per l’infanzia. Bambini che terrorizzano gli altri bambini e gli adulti per il loro essere diversi, ma di cui in realtà non si conosce abbastanza: se si facesse lo sforzo di ascoltarli per capire i loro bisogni e le loro qualità, allora non si manifesterebbero nei loro confronti tanta paura e tanto scherno.
Nel mio piccolo romanzo ci sono due ambientazioni: il fondo del mare dove si svolge la vita di un cucciolo di squalo e della sua mamma, e il mondo terrestre dove la protagonista Greta e il suo nuovo amico Danilo si appassionano di squali, e studiano e cercano e scoprono fino ad arrivare alla conclusione che il vero terrore dei mari non è lo squalo...

Quanto è difficile (o facile) scrivere o raccontare storie per i ragazzini?
Scrivere per bambini non è semplice. Fino ad ora ho scritto una trentina di pubblicazioni tutte per loro (età di riferimento 2-11 anni). Per me questo lavoro è facile nel senso che non ne potrei fare a meno, è quello che mi piace fare da sempre, sin da quando ero piccina sono appassionatissima di lettura e di libri; ma è anche difficile nel senso che è impegnativo, è un mestiere serio perché mi rivolgo a persone che sbocciano, che stanno conoscendo se stesse e il mondo, e devo e voglio essere spiritosa, avvincente, simpatica, ma anche profonda, onesta e leale.
Per aspirare ad essere tutte queste cose bisogna impegnarsi ed esercitarsi molto, confrontandosi quotidianamente con i destinatari delle scritture, i bambini e i ragazzi, a cui non è necessario chiedere di essere sinceri nel loro giudizio: loro sono la bocca della verità, e se hai creato una storia che non li convince te lo dicono immediatamente e senza mezzi termini.

Stiamo facendo abbastanza? Scrivere, parlare, fare divulgazione e educazione basterà a garantirci nuove generazione più consapevoli e più rispettose dell'ambiente?
Credo che stiamo facendo ciò che è necessario, e che se scegliamo il mestiere di educatore e di divulgatore dobbiamo sempre farci la domanda: stiamo rispettando coloro che ci ascoltano e che ci leggono? Siamo onesti con noi stessi e con gli altri? Abbiamo comportamenti coerenti con il messaggio che cerchiamo di trasmettere?
Credo anche che la buona divulgazione si debba accompagnare ad una pratica alta e illuminata di educazione, perché il ruolo principale nel formare le nuove generazioni è quello dei genitori, esempio fortissimo, primario e decisivo per la formazione di qualsiasi individuo.


lunedì 12 agosto 2013

Meduse nel piatto

Pochi se ne sono accorti (Ugo Bardì sì, e ne ha scritto qui), ma la FAO in un report recente si preoccupa delle "esplosioni" di meduse che si verificano nei nostri mari impoveriti dall'overfishing, e consiglia... di mangiarle. D'altra parte, in oriente lo fanno da sempre.
Ne ho scritto in questo articolo per il blog "Risorse Economia Ambiente".

Mangeremo meduse
“Se non puoi combatterle… mangiale!”. C’è scritto proprio così, nel lungo rapporto che la FAO (L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) ha pubblicato la scorsa primavera. Un documento lungo oltre 60 pagine che racconta delle sempre più frequenti e abbondanti “fioriture” di meduse in Mediterraneo, dei danni che possono provocare, a diversi livelli. E di quali rimedi si possano mettere in campo per contrastarle, tra cui, appunto, l’idea... Leggi il resto dell'articolo

venerdì 9 agosto 2013

Squali sul Corriere

Ieri, un bell'articolo di Andrea Rinalidi, sulla pagine bolognesi del Corriere della Sera, sulla conferenza che terrò stasera al Museo della Marineria di Cesenatico. Ingresso libero, non mancate!


mercoledì 7 agosto 2013

Il bello degli squali

Venerdì sera, alle 21,00, vi aspetto al Museo della Marineria di Cesenatico, per parlare di squali.
Lo faremo in maniera un po' di diversa. Perché è vero che nell'immaginario lo squalo è sempre quello, sempre uguale, spesso feroce. Ma esistono più di 450 specie diverse di squali, e hanno forme, dimensioni e colori tanto diversi quanto lo sono gli ambienti in cui vivono e le differenze ecologiche che rappresentano.
Parlerò quindi di squali, di come sono fatti e di come vivono, ma passando spesso per gli “altri” squali: lo squalo tappeto, il taglia-biscotti, il pesce–sega, il goblin, lo "spalline" e altri ancora. Quelli di cui non si parla mai. Quelli che hanno invece caratteristiche così varie, stravaganti e affascinanti che meritano di stare per una volta sotto i riflettori.



martedì 6 agosto 2013

I delfinari e la Brambilla

Il 4 luglio scorso era la giornata mondiale contro la cattività dei mammiferi marini, qualunque cosa questo significhi.
Il giorno prima, come avrete letto, la sig.ra Brambilla, deputata del PdL, ha annunciato di avere presentato una proposta di legge "per vietare in Italia la detenzione e l'addestramento dei cetacei".
Vietare la detenzione dei Cetacei significa chiudere i delfinari. Ho scritto qui e qui come la penso sui delfinari. In breve, li ritengo sempre più anacronistici, obsoleti, superati. Non hanno più un senso, sono diseducativi. Molti paesi (più della metà), in Europa, se ne sono sbarazzati da tempo. L'uomo ha mille e più modi diversi per divertirsi, modi che non contemplino la sfruttamento e la lesione della dignità di altre creature viventi.
Se però qualcuno, come la Brambilla, mi dice "chiudiamo i delfinari", la mia prima domanda è: dove vanno a finire i delfini che ci vivono dentro? Liberarli in mare non è una soluzione, non sopravviverebbero. Allestire strutture in mare di semi-libertà è costoso, chi paga?

Così, mi sono detto, andiamo a leggere il progetto di legge della Brambilla, e vediamo cosa dice riguardo ai delfini che attualmente vivono nei delfinari italiani.
Sono andato nel sito della Camera dei Deputati, ed eccolo qua. Se cliccate sul link vedrete che il progetto di legge è stato presentato il 21 marzo. Ma se provate a cercare il testo, non lo troverete.
Possibile che non si possa leggere?

Ho chiesto allora al collaboratore di una senatrice del Movimento 5 Stelle di fare qualche ricerca. Ha scoperto che il testo, in effetti, non c'è. E mi ha detto che ci sono due possibilità: o è stato presentato e respinto da chi li esamina perché andava corretto o modificato, oppure è stato presentato e subito ritirato, solo per prenotare "il posto" nella discussione progressiva dei progetti dei legge.

Insomma, di fatto, questo progetto di legge per il momento non si trova, non si può leggere. Eppure, la deputata ne ha fatto di baccano su questa proposta.
Vedremo. Ah, un paio di settimane fa ho anche scritto alla Brambilla, chiedendo se mi mandava il testo. Nessuna risposta.

Nel frattempo, a Rimini...


mercoledì 31 luglio 2013

Delfini intelligenti in edicola

Sul numero ora in edicola della rivista Focus Wild (rivolta soprattutto a ragazzini, ma apprezzata anche dagli adulti), c'è un mio articolo sull'intelligenza dei delfini.


sabato 27 luglio 2013

Stasera torna Jack il delfino

Stasera torno a presentare il mio ultimo libro "Jack il delfino e altre storie di mare." Lo farò alle 19,30 nell'ambito dell'evento "Paradisiaca".
Se siete in zona, ci vediamo lì.


martedì 23 luglio 2013

I bambini e l'Adriatico: un successo

Continuano le giornate del mercoledì dedicate all'Adriatico, raccontato direttamente dalla spiaggia, con grandi e, soprattutto, bambini (ne ho parlato qua e qua).
Un progetto nato quasi come una scommessa, ma che invece ha grande successo e dà soddisfazione a me, prima di tutto, e a chi vi partecipa.
Il progetto è pensato per i bimbi, ma negli ultimi incontri sono aumentati gli adulti partecipanti, e paiono divertirsi come e più dei piccoli.
E sono molto orgoglioso di essere finito, con una breve intervista, anche sul portale "Bimbi a Rimini".



giovedì 18 luglio 2013

L'intelligenza dei delfini

Vari studi hanno ormai indicato l'insolitamente grande intelligenza dei delfini; essi dunque "dovrebbero essere visti come persone non umane". Così scriveva, a maggio, il Governo indiano vietando i delfini in cattività in tutto il territorio nazionale.
In effetti, abbiamo visto questo animale nei delfinari eseguire esercizi a comando e comprendere e rispondere a determinati segnali. Film e documentari ci hanno raccontato che è altamente socievole, che vive in gruppi dove si dividono i compiti, che si prende cura (o almeno, le femmine lo fanno) dei cuccioli. Che ha un cervello molto sviluppato, e che sa "comunicare" con suoni e posture del corpo. Basta tutto questo per definire il delfino un animale intelligente? E quanto c'è di vero in quello che si racconta su questi affascinanti mammiferi marini? Ma poi, a pensarci bene, cos'è l'intelligenza?
Tutto questo, nella conferenza che terrò domani a Pesaro. Vi aspetto.


lunedì 8 luglio 2013

Balene grigie lontanissime da casa

Date un'occhiata alla mappa, in fondo all'articolo: solo l'oceano Pacifico è colorato, e neanche tutto, ma solo la sua parte a nord dell'equatore. E' la mappa della distribuzione della Balena grigia (Eschrichtius robustus). In realtà, lungo le coste occidentali del Pacifico ormai di Balene grigie non ce ne sono quasi più, sterminate dalla baleneria nei primi decenni del secolo scorso.

Addirittura fino a tre secoli fa c'erano avvistamenti anche in Atlantico (ma solo nell'emisfero boreale), ma questa popolazione è definitivamente estinta.
Dunque la casa delle balene grigie resta il nord Pacifico, costa orientale.
Eppure, il 4 maggio 2013 una balena grigia è stata avvistata e fotografata davanti alle coste della Namibia. Questo è il primo e unico avvistamento di balena grigia nell'emisfero australe! Non è incredibile?

Va ricordato che nel maggio del 2010, un'altra balena grigia era stata fotografata molto lontano dalle sue acque: addirittura nel Mediterraneo, al largo delle coste israeliane. La stessa balena, 22 giorni dopo era riapparsa in acque spagnole, ma sempre dentro al Mediterraneo.
Le foto dell'esemplare mediterraneo e di quello avvistato in Namibia sembrano confermare che sono due animali differenti.

Pochi giorni fa poi, il 1 luglio,  i biologi dello Namibian Dolphin Project hanno fatto sapere che la balena grigia è ancora lì. "La balena girovaga intorno alla zona di Pelican Point" dicono "sul lato ovest della baia, dove è stata vista da alcuni tour operator locali su base quasi giornaliera. Questa è una zona nota per l'alta produttività delle acque, per cui è probabile che l'animale si stia alimentando qui. Guardando le foto scattate nel corso degli ultimi tre mesi in effetti l'animale appare ingrassato un po'". 

Ora guardate bene la carta qui in fondo. Sorprendente e affascinante. Guardate l'aera di distribuzione e i punti dove invece sono state avvistati questi due esemplari. Da dove sono arrivate? E come? Passando per il periplo di Capo Horn, cioè percorrendo tutto il Pacifico verso sud e poi a risalire? O hanno sfruttato il "passaggio a nord-ovest", fra il Canada e la Groenlandia? E poi, perché? Perché si sono allontanata così tanto dalle loro acque?
Sono gli effetti del riscaldamento globale, che rendono il passaggio a nord meno complicato? O l'arretramento in tutto il mondo della baleneria consente loro di riprendersi spazi che erano persi? Potrebbe anche darsi che nulla di ciò sta accadendo. Stiamo parlando di solo due animali, potrebbero essere niente di più che occasionali coincidenze. Che però ci fanno pensare, e anche un pochino meravigliarci. 


giovedì 4 luglio 2013

Conferenze estive

Sto organizzando alcune conferenze per questa estate.
Vi darò i dettagli volta per volta, ma nel frattempo potete segnarvi queste date:

- 19 luglio, Museo della Marineria Washington Patrignani di Pesaro, alle ore 17,00 "L'intelligenza dei delfini"

- 27 luglio, presso il Seminario di Rimini, orario da stabilire: "Storie di uomini, balene e delfini" Presentazione del libro "Jack il delfino e altre storie di mare"

- 9 agosto, Museo della Marineria di Cesenatico, ore 21,00: "Il bello degli Squali"

- 16 agosto, Museo della Marineria di Cesenatico, ore 21,00: "Il mare che non ti aspetti"

Vi aspetto!



sabato 29 giugno 2013

Ciao Margherita

Non ho mai incontrato Margherita Hack. Avrei voluto, ma non è mai successo.
Per quanto la sola idea di mettermi al suo livello sia ridicola, devo dire che poche volte mi è capitato di condividere, così tanto, idee, pensieri e convinzioni, con una persona che non ho mai conosciuto.
Poche volte mi è capitato di sentire qualcuno che, sebbene lo abbia fatto molto meglio di come avrei mai potuto farlo io, ha espresso pensieri riguardo alla "vita", all'uomo, alla morale, al rispetto di tutti i viventi, cosi simili al mio sentire.
La sua visione del tutto, così laica, così semplice, così piana e meravigliosa di per sé, senza bisogno di qualcosa di altro, di "superiore". Il tutto condito dall'ironia e dal suo irresistibile accento toscano.

Mi mancherai moltissimo, Margherita.

"Nella nostra galassia ci sono quattrocento miliardi di stelle, e nell'universo ci sono più di cento miliardi di galassie. Pensare di essere unici è molto improbabile."

"Credo che uccidere qualsiasi creatura vivente, sia un po' come uccidere noi stessi e non vedo differenze tra il dolore di un animale e quello di un essere umano."

"La spiritualità, per uno come me che non crede a Dio, all’anima, all’aldilà, sta nella capacità di amare e comprendere gli altri − uomini e animali − “di non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te."

"Nell'antichità l'uomo, ingannato dai propri sensi, riteneva che la Terra fosse il centro dell'universo. Poi ha capito che la Terra e i pianeti ruotavano attorno al Sole, posto al centro del sistema solare. In seguito ha compreso che il Sole è una stella come miliardi di altre, mentre l'inganno dei sensi aveva ancora fatto ritenere che il Sole si trovasse al centro della Via Lattea, e che questa abbracciasse tutto l'universo. Nel tempo, ha scoperto che il Sole occupa una posizione periferica nella Via Lattea, che questa è una galassia fra miliardi di altre, e che tutte insieme costituiscono il nostro universo. E ora ci domandiamo: ma questo è veramente tutto ciò che esiste, o è solo un universo fra infiniti altri?"

"Credo che scienza e fede operino su due piani completamente diversi: la scienza si basa sull'esperimento, sull'osservazione e sull'interpretazione dei fatti tramite le conoscenze della fisica, quindi si basa sulla ragione. La fede è invece, per l'appunto, un atto di fede: la fede uno ce l'ha o non ce l'ha."