venerdì 31 agosto 2012

Arriva Jack!


ed. De Vecchi
pp. 256, € 11,90

in libreria


C'è un legame particolare fra gli uomini e i cetacei. Almeno nel mondo occidentale, balene e delfini suscitano negli esseri umani un interesse, una simpatia, una corrente di emozioni che li porta addirittura ad attribuire, a questi esseri acquatici, caratteristiche volta per volta magiche, superiori, aliene.

Nel libro, questo rapporto fra esseri umani e cetacei è raccontato attraverso 11 storie realmente accadute, diverse tra loro, ma con il denominatore comune di avere sempre due protagonisti: da una parte un mammifero marino – un delfino, un'orca, una balena - e dall'altra parte degli uomini.
Si va dal leggendario Pelorus Jack, che per 25 anni ha "scortato" i traghetti attraverso il pericoloso French Pass, in Nuova Zelanda, al delfino Filippo, che ha vissuto per alcuni anni nel porto di Manfredonia, dove è poi morto, ucciso da una bomba per la pesca illegale.
C'è la storia del cucciolo di balena grigia J.J., recuperata morente sulle coste della California, nutrita e curata per un anno intero dallo staff del San Diego Seaworld e poi restituita con successo al mare.
Poi i tentativi di salvataggio di due piccole orche, Luna e Springer, entrambe rimaste sole e sperdute nelle acque della British Columbia: due storie parallele, ma dal finale drammaticamente diverso.
E ancora, le tre balene intrappolate nel ghiaccio al limite del Polo Nord, un evento di per sé naturale, che scatena una vera e propria ondata di emozioni che percorre il mondo, e lo lascia per settimane incollato alle tv a seguire la vicenda, mentre milioni di dollari vengono impiegati nel tentativo incredibile di restituire la libertà ai tre giganti.
E come dimenticare la lunga saga dell'orca Keiko, che tutti conoscono meglio come la protagonista del film “Free Willy”? Dalla cattura in mare e dalla prigionia in una piccola vasca, alla fama dovuta al film, fino al tentativo di riscatto finale cercando di restituirle un'impossibile libertà. La cronaca di un'impresa durata anni. Una saga dai risvolti incredibili, a tratti un vero e proprio delirio collettivo attorno a un animale diventato un simbolo.

Queste ed altre storie ancora raccontano di come gli esseri umani si lascino ammaliare e poi coinvolgere profondamente quando si tratta di salvare o anche solo interagire con un delfino o una balena. Animali totemici che colpiscono l'immaginario collettivo e spesso mettono a nudo anche i nostri sensi di colpa verso queste creature e il loro ambiente naturale, stimolando la conseguente voglia di riscatto.


mercoledì 29 agosto 2012

L'ultima follia sui delfini "guaritori"

Il Delfnes Hotel & Casino è un lussuoso albergo a 5 stelle, che si trova a San Isidro, in Perù. Il nome non è casuale perché l'attrazione principale dell'albergo è la piscina interna con dentro due delfini. I bar e i ristoranti dell'hotel sono proprio sistemati attorno alla piscina dei delfini, per godere della vista dei due (poveri) animali.
Se vi pare una cosa folle è perché non sapete il resto.
Avete presente la Dolphin Assisted Teraphy, cioè una versione della Pet Teraphy, in cui gli animali "pet" che vi partecipano, sono delfini? E', ed è sempre stata, una pratica molto controversa. 
Ci sono centinaia di posti nel mondo dove la si pratica, posti che vengono raggiunti da folle di persone mosse dalla speranza e dalla disperazione. Autismo, sindrome di Down, epilessia, disturbi dell'apprendimento, persino l'AIDS, sono tutte patologie che dovrebbero trarre beneficio dai clicks e dai suoni ad alta frequenza emessi dai delfini.
Non sono mai stati documentati scientificamente gli effetti di questa terapia (qui un articolo della neuroscienziata Lori Marino), e spesso i benefici del contatto in acqua con i delfini sono stati invece attribuiti ad altri fattori come l'effetto placebo, le forti aspettative, il muoversi in acqua, i viaggi in belle località, e il fare comunque nuove esperienze.
Questi viaggi della speranza alimentano un mercato enorme: come già detto i  programmi Swim-with-dolphins sono ormai un po' in tutto il mondo. Attività che sottopongono a una dura prova i delfini, costretti al contatto con la gente in acqua anche per molte ore al giorno, e che mettono altresì in pericolo le persone. Nuotare con un animale forte e potente, e pesante 300 kg, come un tursiope adulto, non dovrebbe essere assolutamente preso così alla leggera.

Ma torniamo al Delfines. Che in questi giorni infatti, propone una sorprendente novità. Donne gravide sottopongono il loro pancione alla "cura" del delfini i quali, comunicando con i feti tramite i loro suoni, li renderebbero più intelligenti. Oh, sono riuscito a scriverlo senza ridere!
Questa idiozia, ehm, interessante iniziativa, viene proposta da un'associazione che si chiama "Mind Body & Soul" e leggerne la presentazione è come fare un viaggio nel mondo dell'assurdo. A un certo punto scrivono proprio così "La delfino terapia si dice [si dice? Chi lo dice? n.d.r.] stimoli la crescita mentale del feto." Io, guardando il video in quella pagina, mi preoccuperei invece della salute mentale di Wayra e Yaku, i due delfini costretti a emettere suoni contro pancioni su pancioni.

Vorrei parlarvi anche dei parti in acqua con i delfini. Di quanto sia folle e pericoloso lasciare, anche per pochi attimi, un neonato davanti a un animale che, magari quell'unica volta su mille, potrebbe anche reagire in maniera inaspettata. Ma per oggi è già troppo, leggete questa pagina e guardatevi il video.


giovedì 23 agosto 2012

La grande rete distruttrice

"Immaginate cosa direbbe la gente se una banda di cacciatori tendesse una rete lunga un chilometro e mezzo tra due enormi fuoristrada e la trascinasse a tutta velocità attraverso le pianure dell'Africa. Questo bizzarro marchingegno, simile a quelli che si vedono nel film di Mad Max, raccoglierebbe tutto ciò che trova sulla sua strada: predatori, come leoni e ghepardi; erbivori goffi e pesanti in via d'estinzione, come rinoceronti ed elefanti; mandrie di impala e di gnu e intere famiglie di facoceri. Le femmine gravide verrebbero catturate e trascinate lungo il tragitto; solo i cuccioli più piccoli riuscirebbero a sgusciare attraverso le magle della rete.
Provate a immaginare com'è costruita le rete: all'imboccatura c'è un enorme rullo di metallo, mentre una catena fa a pezzi e spiana gli ostacoli, stanando gli animali e spingendoli verso le maglie che si avvicinano. Un'enorme barra di ferro trascinata attraverso la savana strappa tutto ciò che affiora dal terreno, sradica ogni albero, cespuglio, pianta fiorita, costringendo stormi di uccelli ad alzarsi in volo. La rete mostruosa lascia dietro di sè un paesaggio devastato che assomiglia a un campo rivoltato dall'erpice.
Alla fine della corsa questi cacciatori raccoglitori dell'era industriale si fermano a esaminare l'intrico caotico di creature morte o agonizzanti alle loro spalle. Per almeno un terzo degli animali che hanno catturato non c'è mercato perchè la loro carne non è molto buona da mangiare o perchè semplicemente sono troppo piccoli o troppo spiaccicati. La pila di carcasse viene scaricata nella pianura per essere consumata dalla putrefazione.
Questo modo efficiente ma indiscriminato di uccidere animali è conosciuto con il nome di pesca a strascico."

Questo è l'inizio, volutamente eccessivo ma sicuramente efficace, del libro "Allarme pesce", di Charles Clover (ed. Ponte alle Grazie, 2005). Non tutti i pescherecci hanno reti così grandi, ma molti le hanno anche più grandi. Alcuni, mostruosi, hanno reti che posso contenere fino a 13 Jumbo Jet...
Spesso, anzi quasi sempre, ci dimentichiamo, o non ci accorgiamo di alcune cose, anche enormemente ampie e diffuse, solo perché non avvengono sotto ai nostri occhi, o alla luce del sole.
Oggi mi andava di ricordarvelo.

venerdì 17 agosto 2012

Edna torna in mare

Edna, un delfino trovato spiaggiato il 6 giugno scorso, e recuperato dal Mote Marine Laboratory di Sarasota, in Florida, è tornato in mare tre giorni fa, il 14 agosto.
Al momento dello spiaggiamento, Edna, una giovane femmina di tursiope, era in condizioni critiche. Soffriva di polmonite e di diverse altri problemi concomitanti. Pesava appena 75 kg.
Due mesi abbondanti di cure sono stati sufficienti per riportarla in salute (al rilascio pesava 110 kg), così martedì scorso è stata riportata in mare. Ora si spera possa reintegrarsi in un qualche gruppo di suoi conspecifici.
Verrà comunque monitorata, grazie ad trasmettitore satellitare applicatole alla pinna dorsale. Potete seguire anche voi i suoi spostamenti, cliccando qui.


Buona fortuna, Edna!

martedì 14 agosto 2012

Scusi, dov'è la spiaggia?

Oggi sono stato in spiaggia, ovviamente a Rimini, nella mia città. Ci vado poco perchè non amo la confusione, il caldo e la noia e in spiaggia ci sono tutt'e tre. Ho fatto il bagno in un minestrone di alghe, e  usciamo usciti quando mia moglie ha visto un escremento galleggiare (non è sempre così, pochi giorni fa l'acqua era pulita e con tanti piccoli cefali a riva).
Poi esco dall'acqua e mi guardo intorno. Ombrelloni, su ombrelloni, su ombrelloni. Molti vuoti. Ma ci sono comunque. Negli ultimi anni non li ho più visti tutti pieni, come succedeva anni fa, ma non li hanno diradati, nè tolti. Fitti, immobili, imperterriti, ti tolgono la visuale e fermano il vento.
Della zona a monte delgi ombrelloni non voglio parlare: in genere la attraverso a occhi chiusi. Cemento e cemento. Eppure, se cerchi scampo a riva per stenderti col tuo telo, ti mandano via e ti trattano da pezzente.
Dove diavolo è finita la spiaggia? Nella striscia del bagnasciuga? Mi viene in mente che il turismo a Rimini punta e ha sempre puntato tutto sulla spiaggia, mai sul mare. Il mare è acqua e basta, e per fortuna da noi è bassa, così le famiglie coi bambini stanno tranquille. Tutto qua. Hanno scritto di mare poeti, scrittori, registi, naturalisti, viaggiatori. Da noi il mare è la tinozza dell'acqua (spesso sporca). Quando mai si parla di mare, a Rimini? DEL mare DI Rimini? Del mare Adriatico, direi anche. Ci vivono oltre 7000 specie di piante e animali, molte di queste sono endemiche; ci sono 410 specie di pesci (7 endemiche), 64 delle quali sono in pericolo di estinzione. Qualcuno lo sa? I turisti no di certo, ma mi sa neanche i riminesi.

Ma torniamo alla spiaggia. Una volta si diceva "Rimini, una delle spiagge più ampie del mondo". E' ancora così, solo che non te ne accorgi, perché è sotto passerelle, cabine, palestre, idromassaggi, bar, ristoranti, parcheggi di bici, aree per i balli di gruppo, aree bambini, campi da beach-volley-tennis-football-basket.. E così, tornando a casa ho ripensato a quando sono stato a Miami, nel 2002. E l'ho trovata molto bella (vedi foto). Ma Miami è solo un esempio.
A Rimini dobbiamo fare lo stesso? Non possiamo e forse non dobbiamo, ma davvero una via di mezzo deve esserci. Per il momento mi accontenterei dei mesi "fuori stagione". Mi accontenterei della spiaggia "liberata" almeno d'inverno, visto che noi non siamo Miami. Mi accontenterei di un equilibrio tra una spiaggia commerciale e una spiaggia naturale".
Ovviamente in attesa che qualcuno si ricordi che la spiaggia non è una striscia di sabbia su cui appoggiare bagnanti e servizi per bagnanti, ma è, prima di tutto, un ambiente naturale. Un ambiente naturale, come un bosco, ad esempio. E mi piacerebbe che qualche pezzo di questo ambiente naturale si potesse godere nella sua interezza. Solo qualche pezzettino. Con la sua duna (chi ha spianato tutte le dune?), le sue piante, i suoi microambienti.
Mi rendo conto che a Rimini è chiedere troppo.

Buon Ferragosto.

Nelle foto: sopra, Rimini nel 1956. Sotto Rimini e Miami, oggi.



giovedì 9 agosto 2012

Una piccola vittoria per gli squali

Nel luglio appena trascorso, una bella notizia, relativa a squali e razze ha avuto una certa attenzione e visibilità, soprattutto sul web.
10 specie, fra squali e razze appunto, già incluse nell'Allegato III della Convenzione di Barcellona, saranno "promosse" all'Allegato II.
L'Allegato III prevede che il prelievo delle specie che ne fanno parte debba essere regolamentato.
L'Allegato II comporta invece che i paesi del Mediterraneo debbano intraprendere "massimi e cooperativi sforzi per la loro protezione e il ripristino, tramite il controllo o il divieto di cattura e di vendita, il divieto di danneggiare il loro habitat, e l'adozione di misure per la loro conservazione".

Prima di vedere perché la ritengo solo una piccola vittoria, vediamo la situazione di queste 10 specie:
- canesca o cagnesca: popolazione diminuita del 99,97% negli ultimi 25 anni
- mako (nella foto): popolazione diminuita del 99,99% negli ultimi 106-135 anni
- smeriglio: popolazione diminuita del 99,99% negli ultimi 106-135 anni
- razza rotonda: significativo declino negli ultimi 50 anni
- razza maltese: considerata minacciata di estinzione imminente
- 2 specie di pesce chitarra: una volta comuni, adesso virtualmente scomparse
- 3 specie di squalo martello: popolazione diminuita del 99,99% negli ultimi 107-178 anni

Avete letto bene? E questo nonostante fossero già protette dall'Allegato III della Convenzione. Ok, il fatto che queste specie abbiano meritato attenzione prima e un'azione concreta poi, fa molto piacere. Non è che gli squali abbiano spesso di queste attenzioni... Però, siamo sinceri, nella situazione in cui queste specie si trovano, quali cambianti effettivi e concreti questa decisione otterrà? Quanto dovremo aspettare perché i paesi del Mediterraneo aderenti alla Convezione "intraprendano massimi e cooperativi sforzi..."?

martedì 7 agosto 2012

Video shock: trainer quasi annegato da un'orca

Il video qui sotto è stato reso pubblico, e quindi pubblicato il 24 luglio su Youtube. Risale al 2006 e documenta l'incidente avvenuto al SeaWorld di San Diego, appunto sei anni fa. Un'orca, Kasatka, afferra per un piede un addestratore e lo tiene per lunghi periodi sott'acqua. Ken Peters, il trainer, rimane per quanto possibile, calmo, e dopo molto, riesce a liberarsi.
Il video è stato reso pubblico grazie al Freedom of Information Act (FOIA), "atto per la libertà di informazione", che è una legge sulla libertà di informazione, emanata negli Stati Uniti il 4 luglio 1966 dal presidente Lyndon B. Johnson, che impone alle amministrazioni pubbliche una serie di regole per permettere a chiunque di sapere come opera il Governo federale, comprendendo l'accesso totale o parziale a documenti classificati.
Infatti, il video è stato utilizzato in un processo, nel caso SeaWorld contro Hilda Solis, Segretario del Lavoro dell'Amministrazione Obama.

Come si fa a non capire che tenere orche in cattività è, oltre che crudele, viste le loro dimensioni e le loro caratteristiche sociali e comportamentali, anche pericoloso e senza senso? Per quale scopo, poi? Profitto...


lunedì 6 agosto 2012

Fermo pesca: a che serve?

Nell'altro Adriatico, da Trieste a Rimini, il fermo pesca è iniziato il 16 luglio. Da oggi invece, si estende anche al centro sud. Il mare "respirerà" fino al 27 agosto, a nord, e fino al 17 settembre al sud. Ne ha un gran bisogno.
I segnali del calo del pescato già evidenti a metà dell'anno scorso, sono stati tristemente confermati: secondo la Coldiretti, nel 2011 il pescato è calato del 38% rispetto all'anno prima. Un disastro.

Ormai, per l'Adriatico, adottare il fermo pesca è come chiudere una falla con un dito. D'altra parte, se questa è l'unica misura che viene messa in atto, e il pescato è in calo costante da anni, è evidente che qualcosa non funziona. Lo dice la stessa Coldiretti-Impresapesca.

Fermare la pesca temporaneamente è una misura molto attuata in Mediterraneo, anche con modalità molto diverse: dal mese o poco più attuato in Italia, ai 2 mesi della Spagna fino addirittura ai 4-5 mesi della Grecia. Eppure se e come funziona il fermo pesca, è non solo argomento di dibattito, ma anche una questione davvero poco studiata.
Un'obiezione comune è che le chiusure stagionali possano portare benefici solo a poche del gran numero di specie sfruttate dalla pesca, perché specie diverse hanno differenti cicli vitali, quindi con periodi di riproduzione e di reclutamento distribuiti diversamente durante l’intero anno (il reclutamento non è altro che l'aumento di una popolazione dovuto alle nuove nascite, proprio la fase che il fermo pesca cerca di salvaguardare). Chiudendo ad agosto, proteggi le specie che reclutano ad agosto, non le altre.

Purtroppo i pochi studi disponibili mostrano anche che il fermo pesca ha effetti positivi molto brevi, subito successivi alla riapertura della pesca, che poi svaniscono nel breve periodo, e quindi non hanno effetti di lunga durata.

Molto più efficaci sarebbero: la riduzione dello sforzo di pesca, la chiusura totale della pesca in aree protette o in alternativa la chiusura temporanea e a rotazione di consistenti tratti di mare, secondo uno schema noto come "a macchia di leopardo".

Tutte cose già dette e sentite. Noi teniamoci solo questa misura minima, "dolorosa per le vacanze, con il venir meno del pesce in tutto l’Adriatico per cittadini e turisti è alto - sostiene Coldiretti Impresapesca - il rischio di ritrovarsi nel piatto, soprattutto al ristorante, prodotto straniero, congelato, assieme a quello fresco Made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca (Ionio, Tirreno e le Isole), dagli allevamenti nazionali o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare."
Ma sì, preoccupiamoci dei ristoranti e dei turisti.