mercoledì 29 giugno 2011

Il nuovo libro, più uno

Diverse volte, qua e là nel blog, ho parlato di un fantomatico nuovo libro che ho scritto, e che è in attesa di pubblicazione. Avevo anche scritto che sarebbe uscito a maggio... scorso. In effetti avevo contattato l'infaticabile e disponibilissimo Francesco Altieri della Magenes (quella che ha pubblicato "Il mare che non ti aspetti") e si era detto disponibile a pubblicare il libro nuovo, a maggio appunto.
Poi invece lo scorso gennaio mi ha contattato una casa editrice "di quelle grosse", dicendomi che il manoscritto interessava anche loro, e chiedendomi se ero disponibile ad aspettare giugno per sapere se avrebbero potuto pubblicarlo o meno, senza garanzie. Ho risentito Altieri e, generosissimo come sempre, mi ha detto che lui faceva un passo indietro, perchè valeva la pena aspettare la decisione della casa editrice "grossa".
Bene, ieri la conferma. Il libro si farà, e uscirà l'anno prossimo. Vi posso dare anche il titolo, sottolineando che è assolutamente provvisorio: "Cosa non farei per te. Storie vere di delfini, uomini e balene".
Curiosi eh? Beh per ingannare l'attesa sto lavorando a una cosina che potrebbe arrivare anche prima, magari subito sopo l'estate. Un ebook. Per ora basta così.

sabato 25 giugno 2011

Ciao ciao Fondazione Cetacea

Giovedì 30 giugno sarà il mio ultimo giorno di lavoro alla Fondazione Cetacea. Ecco, l'ho scritto, così magari sarà anche più facile crederci. Finisce un'avventura durata ben 14 anni e sei mesi.
E' stata una decisione molto, molto sofferta. Mi lascio alle spalle una grossa parte della mia vita. Qualcosa che mi ha dato tanto e nella quale altrettanto ho investito. Una passione che si era tramutata in professione, un lavoro che quasi sempre mi ha appassionato.
Gli ultimi due/tre anni sono stati durissimi. Soldi quasi a zero, difficoltà e problemi a non finire. A questi si sono associati problemi familiari abbastanza gravi. Stanchezza su stanchezza, frustrazione su frustrazione.
Le nostre grida di allarme rivolte alle istituzioni perché aiutassero Cetacea a sopravvivere, ad andare avanti con un lavoro che riceveva e riceve sempre e solo apprezzamenti, sono rimaste quasi inascoltate.
E infine la Fondazione, un po' per necessità, un po' per scelta, ha dovuto prendere direzioni che a me non convincono più.
Ho pensato che adesso o mai più era il momento di vedere se "là fuori" ci sono altre strade/opportunità. E ho fatto il salto nel buio. Non ho un altro lavoro che mi aspetta. Qualcosa dovrò trovarmi, o inventarmi. Vedremo.
Faccio un grosso in bocca al lupo ai colleghi di Cetacea che vanno avanti. 

A proposito, Storie di Mare prosegue come sempre, rimanete sintonizzati.

sabato 18 giugno 2011

Il mare non fuma, grazie

Io odio le sigarette. In 46 anni di vita ho fumato in tutto mezza sigaretta quando avevo 15 anni. Mi ha fatto talmente schifo che non ne ho più toccata una. Non ho mai sentito il bisogno di "darmi un tono" avvelenandomi i polmoni, nè di "socializzare" tenendo in mano una cosa puzzolente.
Ognuno è libero di fare quello che vuole della propria vita e della propria salute, ma non capisco e non sopporto quei fumatori che, finita la sigaretta, gettano via il mozzicone dove capita. Strade, spiagge, parchi, ogni posto è buono per liberarsi della insignificante cicca. Dal momento in cui lascia le loro dita, non è più affare loro: forse pensano che si dissolva a contatto con l'aria, o che si trasformi in concime, o si vaporizzi in goccioline profumate.
E invece no: lasciata nell'ambiente, comincia a degradarsi solo dopo 12 anni...
Penso a queste cose perchè ho appena sfogliato un vecchio (2009) rapporto dell'Unep, dedicato ai rifiuti in mare. C'è una classifica delle 12 categorie di rifiuti più presenti nel mar Mediterraneo.
Al primo posto? Ma le cicche di sigaretta, ovviamente, con il 27% del totale. E al secondo posto niente di tanto diverso: i pezzi di sigaro, cioè le punte che si tagliano prima di fumarli. Ce n'è per il 10%. Più in fondo, ma sempre nei primi 12, con il 2,8%, involucri  e confezioni di tabacco.
Insomma, il 40% dei rifiuti in Mediterraneo viene dai fumatori, distratti o maleducati che siano. Da notare che nel resto del mondo questa percentuale scende al 32%, comunque sempre alta.
Il resto? Bottiglie e borse di plastica (più del 18% insieme), poi lattine, tappi, bottiglie di vetro, posate di plastica e altre schifezze.
Caro fumatore, la prossima volta che ti godi il tuo momento di relax, fai il favore: quando hai finito, cacciati il mozzicone in tasca (tra l'altro è un buon metodo per ricordarsi di spegnerlo), e buttalo nel primo bidone che trovi, magari anche quello di casa tua. Il mare ti ringrazierà, e anche io.

sabato 11 giugno 2011

Cento anni di overfishing

Un articolo ormai abbastanza vecchio, è del 2003, titolava "Cento anni di declino dei pesci predatori del Nord Atlantico". Era un lavoro, lungo e articolato, che usando diversi parametri, analizzava la biomassa (più o meno la quantità) di pesci molto comunemente pescati, mettendo a confronto i dati lungo un periodo di un secolo. Dal 1900 al 2000. Sono 24 pagine decisamente da specialisti. Ma il risultato di questo lavoro sono della mappe. Le mappe sono facili da leggere, e indicano con zone colorate, la distribuzione delle specie di pesci prese in considerazione, su diversi intervalli temporali.
In occasione della European Fish Week, promossa da Ocean2012, lo scrittore e disegnatore David McCandless ha preso questi dati e li ha utilizzati per creare un'animazione dove si vede, in maniera persino troppo chiara, di quanto sono diminuiti gli stock ittici del Nord Atlantico, dall'inizio alla fine del ventesimo secolo.
Qui potete vedere l'articolo completo, sul blog del Guardian, e qui sotto un'animazione semplificata:


Brutto spettacolo, non è vero? E non è che stiamo parlando di una sola specie. Lo studio si basa su dati relativi a specie come tonni, merluzzi, naselli, aringhe, rombi, salmoni, spigole, storioni...
McCandless è autore di un libro che si intitola "Information is Beautiful" che "esplora le potenzialità della visualizzazione dei dati come nuova direzione del giornalismo".
E proprio in questo caso vediamo quanto ciò sia efficace. Gli effetti della pesca eccessiva e non sostenibile (overfishing), sono effettivamente difficili da vedere. Il mare è sempre uguale a sè stesso anche se là sotto c'è sempre meno vita. Vedere questa mappe, con tutte le zone colorate nel 1900, che scompaiono quasi totalmente nel 2000, fa effettivamente impressione. Saperlo è una cosa, vederlo è di più.

domenica 5 giugno 2011

Tonno in scatola? No, grazie.

Molto bella e di impatto l'iniziativa "Tonno in trappola" di Greenpeace. In pratica è un'analisi, aggiornata ogni qualche mese, sulle marche di tonno in scatola vendute in Italia, che porta ad una classifica di sostenibilità.
"L’Italia è uno dei più importanti mercati mondiali per il tonno in scatola e il secondo più grande produttore in Europa. Per questo abbiamo lanciato un’indagine sulla sostenibilità delle scatolette di tonno vendute nel nostro Paese, inviando un questionario a punti a ben 14 aziende che coprono più dell’80% del mercato nazionale." dicono quelli di Greenpeace.
Nella classifica si nota subito come nessuna delle "scatolette" analizzate raggiunge la sufficienza. La migliore, la nota AsdoMar, arriva solo a 4,8 punti. La più venduta in Italia, Rio Mare, si piazza a metà classifica, con 1,9 punti, mentre la pubblicizzatissima Tonno Nostromo, la seconda più venduta nel nostro paese, arriva penultima (0,8 punti).
I criteri utilizzati per stilare la classifica sono la politica d'acquisto, cioè criteri aziendali precisi che dovrebbero favorire acquisto di tonni in maniera sostenibile; metodi di pesca e stock, quindi indicazioni su come vengono pescati i tonni (as. esempio all'amo = sostenibile, con palamiti o sistemi di aggregazione = non sostenibile); la volontà e l'impegno dell'azienda nel promuovere e sostenere la creazione di Riserve Marine; l'etichettatura, cioè indicazioni precise sulla specie contenuta nella scatoletta, e sulle aree di provenienza.
Guardando la classifica viene voglia di dire semplicemente "non mangiamo più tonno in scatola", ma se proprio dobbiamo, almeno privilegiamo quelli più sostenibili.
Per saperne di più leggi il report "Tonno in trappola. Difendiamolo dalla pesca insostenibile".

sabato 4 giugno 2011

Il delfinario non è più top secret

E' passata praticamente inosservata, almeno in Italia, la notizia della vittoria che la Whale and Dolphin Conservation Society (WDCS) ha ottenuto il 26 maggio, presso la Corte di Appello di Monaco, in Germania. 
Da sempre contro la cattività dei Cetacei, la WDCS chiedeva il libero accesso alle informazioni e ai dati riguardo al mantenimento in cattività dei delfini dello Zoo di Norimberga. Essendo lo Zoo di Norimberga gestito da un ente pubblico, cioè la stessa città di Norimberga, la WDCS si avvaleva per la sua richiesta dell'Environmental Information Act, una norma tedesca (ma esiste anche in UK, ad esempio) che consente a tutti il libero accesso alle informazioni sull'ambiente, in possesso delle pubbliche autorità.
Lo Zoo ribatteva che tale accesso alle informazioni sui suoi animali fosse invece riservato perché mantenere i delfini in cattività non ha impatto sulle popolazioni in ambiente naturale.
La WDCS sostiene invece, e da qui l'importanza di questa vittoria, che mantenere i delfini in cattività ha conseguenze sull'ambiente naturale, sia per il continuo prelievo di animali selvatici destinati ai delfinari, sia perché incoraggiare comportamenti come nutrire o toccare i delfini in vasca, porti le persone a fare lo stesso in natura, con ovvie, negative, conseguenze sull'ambiente stesso.

Karsten Brensing, conservation manager della WDCS saluta il verdetto come "una pietra miliare che apre la porta a una valutazione scientifica indipendente dei dati relativi ai delfini in cattività e per esempio sullo stato dei programmi di riproduzione. La decisione della Corte [...] mette in chiaro che la protezione dell'ambiente non si ferma sulla porta dei delfinari." Fino ad oggi i delfinari hanno sempre rifiutato ogni tipo di valutazione indipendente e trasparente, il che conduce a un quadro molto poco chiaro, relativamente per esempio ad aspetti come il numero di aborti e di nati morti, in queste strutture.
Il verdetto è il primo di questo genere mai passato all'interno di uno stato membro dell'Unione Europea, e potrebbe rappresentare un precedente, e dunque dare il via ad altri atti del genere.

Lo zoo di Norimberga, tra l'altro, ha appena speso 24 milioni di euro per costruire una nuova laguna per i delfini, investimento che è stato firmato dalla Giunta della città, senza una revisione indipendente dei dati e delle informazioni relative alle precedenti attività del delfinario stesso.