martedì 17 settembre 2013

Delfinario: the day after

Comincia appena appena adesso a posarsi il polverone che è seguito allo straordinario (nel senso proprio di "fuori dall'ordinario") sequestro dei delfini del Delfinario di Rimini, effettuato dal Corpo Forestale dello Stato, e spediti in fretta e furia all'Acquario di Genova.
Ne ho parlato e scritto tanto, negli ultimi tre giorni, fra i social network e i messaggi, le email e le telefonate di chi voleva saperne di più, o solo confrontarsi con un punto di vista ulteriore. Vorrei cominciare a uscire da questo "evento", a meno di sorprese nell'immediato futuro. 
Lo faccio con qualche pensiero sparso.

Rimini. 
La città si è infervorata per la questione delfinario. Rimini vive un periodo, da anni ormai, difficile. La crisi morde fortissima, e in una città che non ha saputo mai rinnovarsi, ancora di più. Il modello turistico riminese vacilla paurosamente, e c'è un certo senso di smarrimento. 
Probabilmente per questo, molti, forse moltissimi riminesi hanno vissuto questa situazione come l'attacco a uno dei simboli della città (e ci sarebbe da riflettere sul significato di questo), prima accerchiato e poi abbattuto senza tante remore, in un lungo pomeriggio di settembre. 
Molta gente ha assistito alle operazioni di trasporto dei delfini sul camion pronto a portarli via, molti hanno protestato a gran voce, urlando "vergogna" e altre frasi poco simpatiche verso le forze dell'ordine. Molti altri, è una mia impressione, non si sono fatti vedere, o hanno assistito in silenzio, godendo in cuor loro per la cancellazione dalla faccia della città, di un punto diventato "fuori luogo" e superato.
Comunque sia, spero sia un'occasione per la città per trovarsi nuovi simboli e nuove opportunità. Esiste una cultura del mare a Rimini? Sì, no, poco? Vogliamo cominciare a ragionarci?

Il sequestro.
Neanche immaginavo si potessero sequestrare dei delfini, di punto in bianco. Un vero e proprio blitz, con un dispiegamento di forze dell'ordine decisamente esagerato, e con una concitazione e una tensione spesso fuori luogo. Ecco forse, una migliore preparazione dell'operazione, magari pianificata di concerto con la struttura stessa, avrebbe consentito probabilmente un minore stress agli animali, alle persone, e un'accettazione più ponderata per quei cittadini che hanno vissuto tutta la faccenda come uno "scippo" di un bene ritenuto comune.
La mattina di quel venerdì, nelle fasi preparatorie dell'azione, l'addetta stampa della Forestale distribuiva un foglio, con un comunicato stampa. Ricordo che mi ha colpito subito il sottotitolo: primo sequestro di delfini in Europa per questo reato. C'è un po' di compiacimento, in quella frase? La Forestale ha bisogno di "vendere" le proprie azioni con slogan ad effetto?
Un'altra cosa. A un certo punto sono stato coinvolto nelle operazioni, lo scrivo più sotto, come consulente di parte del delfinario. Ho l'abitudine di rivolgermi in maniera calma e tranquilla alle persone, e così ho fatto, chiedendo di poter svolgere al meglio il compito affidatomi. Mi è stato risposto, per due volte, interrompendomi, a voce alta, e con arroganza. Davvero un brutto effetto, abituato com'ero a rapportarmi, in 15 anni di lavoro in Fondazione Cetacea, sempre in maniera squisita e con la massima collaborazione, con la Forestale locale.

Il salto del muro
Che palle. Qualcuno, pochi per la verità, e con i piedi in qualche delfinario, ha "faticato" a capire come io abbia potuto "prendere le difese del delfinario". Riporto pari pari quello che ho già scritto su Facebook, ché questa cosa non merita una riga di più.
Non ho cambiato idea sulla cattività. Al delfinario di Rimini, sia ben chiaro, lo sanno tutti. Con la proprietà sono sempre stato molto sincero sul mio sentire. Il mio ruolo di consulente per il delfinario, nel giorno del sequestro, è stato quello di "controllare che le operazioni di cattura e di trasporto degli animali dalla vasca al camion avvenissero nel massimo rispetto della sicurezza e del benessere degli animali." Mi è stato chiesto e l'ho fatto molto volentieri, gratuitamente, con questo obiettivo. Ho la coscienza a posto. Voi?

E adesso?
Adesso, mentre a Rimini c'è chi si anima per provare a mettere a norma il delfinario e riavere indietro i delfini, chi si organizza per raccogliere firme, io spero invece che la pagina sia ormai chiusa. Mi dispiace per l'azienda, per i lavoratori, l'indotto, eccetera, ma sarei contento che la mia città si fosse liberata definitivamente dello "spettacolo" dei delfini nella vasca di cemento.
Un anno fa c'erano 6 delfinari, in Italia, oggi ce ne sono 4. Questa è una bella notizia. Il vento sta cambiando.


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