lunedì 21 marzo 2011

La pesca intensiva ha impoverito l'Adriatico

Chiedete a un pescatore di mestiere, e non avrà dubbi: il mare è sempre più povero, e il nostro Adriatico non fa davvero eccezione. I bottini di pesce che si facevano anni fa sono solo un ricordo, e oltre a pescare di meno, si catturano pesci di taglia sempre più piccola.
Questo appare ovvio dal momento che sappiamo che stiamo sfruttando il mare al di sopra delle sue possibilità. Cioè preleviamo più pesce di quanto le naturali capacità di recupero del mare stesso possano sostenere. In parole ancora più semplici, e oramai anche abusate, si pesca in maniera non sostenibile.

Quello che ormai è sotto gli occhi di sotto è però, purtroppo, molto difficile da dimostrare in maniera chiara e soprattutto scientifica. Come confrontare le stime di abbondanza delle popolazioni ittiche attuali, con quelle anche solo di un secolo fa, quando mancavano totalmente stime di questo tipo? Fino alla seconda metà del secolo scorso, le descrizione delle comunità ittiche erano infatti solo qualitative, cioè quali specie e dove, ma non c'erano valutazioni di tipo invece quantitativo. Come fare dunque a confrontare i dati di oggi, con quelli dell'... altro ieri, assenti?

Un gruppo di ricercatori, di due differenti istituti, uno veneto e uno friulano, hanno recentemente pubblicato un articolo sulla rivista PloS ONE, in cui si pongono proprio l'obbiettivo di analizzare l'andamento delle popolazioni di pesce dell'Adriatico, dal 1800 al 2000. Per fare questo hanno studiato una metodologia statistica, che in questa sede non ci interessa nel dettaglio, per trasformare le descrizioni qualitative, presenti in 38 libri di naturalisti dal 1818 al 1956, trasformandola, con l'aiuto di altri dati parziali, come gli sbarchi nei mercati ittici dal 1874 al 2000, in dati quantitativi; questa volta dunque e finalmente confrontabili con quelli attuali. Le specie di cui hanno raccolto e messo a confronto i dati sono state ben 255.

I risultati sono desolatamente chiari e esattamente quelli che ci saremmo potuti aspettare di trovare. Nel periodo preso in considerazione è evidente il declino, in primo luogo, dei Pesci cartilaginei, cioè squali e razze, che si accompagna a quello delle specie di grandi dimensioni (quelle che raggiungono taglie fra 120 e 250 cm, come ad esempio la Cernia bruna e il Rombo) e quello dei grandi demersali (cioè che nuotano in genere vicino al fondale, come il Nasello e la Rana pescatrice). A questi vistosi cali si accompagna invece una crescita di specie di piccole dimensioni e che raggiungono la maturità sessuale prima dell'anno di vita. Quindi non abbiamo solo un generale impoverimento delle risorse, ma anche una profonda alterazione della composizione delle specie presenti. Insomma, un mare più povero e sempre più diverso dalle origini e dalle sue potenzialità biologiche. Da sottolineare che alcune specie come lo Squalo angelo o Squadro, la Canesca (un altro squalo) e lo Storione, tutti oggi considerati assenti in queste acque, erano invece non solo presente, ma addirittura comuni fino al 1950.

La cause di tutto questo sono ovviamente legate alla presenza dell'uomo, dagli effetti degli inquinati e delle sostanze nutrienti versate in mare, tramite i fiumi e gli scarichi, fino alla pesca intensiva, che già incideva pesantemente sulla popolazione ittica adriatica nel 19esimo secolo, ma che dalla metà del 20esimo ha subito una forte trasformazione di tipo industriale, con l'introduzione dei motori, di nuovi tipi di strumenti di cattura e in generale della tecnologia (radar, sonar...). Gli autori concludono sottolineando che gli effetti della pesca intensiva prevalgono, in nord Adriatico, nei loro effetti di impoverimento e cambiamento dell'ecosistema, rispetto a ogni altra causa antropica.

5 commenti:

  1. La pesca intensiva sul mare come le colture intensive sul terreno... Non possiamo permetterci di distruggere le fonti più importanti di sopravvivenza...

    Finora la risposta alla crisi agricola è stata quella di assecondare gli agricoltori a mettere pannelli fotovoltaici sui loro terreni per accedere alle sovvenzioni della produzione di energia, quale sarà la risposta al problema dei pescatori e della pesca?
    Partecipazione azionaria nelle società di estrazione petrolio con piattaforme off-shore?

    Quando si affronteranno i problemi cercando soluzioni al problema stesso piuttosto che crearne altri?
    Ho il timore che sia necessario un ulteriore innalzamento del livello merda: siamo arrivati appena sotto il naso l'odore non è sufficiente a risvegliare le coscienze è necessario bloccare il respiro... purtroppo.

    RispondiElimina
  2. "è evidente il declino, in primo luogo, dei Pesci cartilaginei, cioè squali e razze"..

    Molto interessante a tal proposito il seguente studio:
    Ferretti, F., Myers, R.A., Serena, F., Lotze, H.K. - 2008 - 'Loss of large predatory sharks from the mediterranean sea'
    E' datato ma imprescindibile. Se per caso non hai avuto modo di leggerlo scrivimi che te lo inoltro volentieri.
    Le conclusioni: "gli autori hanno potuto valutare esclusivamente la condizione di cinque delle venti specie di grandi squali predatori registrate nel bacino mediterraneo. Questo sembra indicare una perdita di ricchezza specifica di questi predatori a causa dello sfruttamento intenso e prolungato operato dall’uomo."

    RispondiElimina
  3. @ Daniele: "Quando si affronteranno i problemi cercando soluzioni al problema stesso piuttosto che crearne altri?". Bella domanda. Il problema, uno dei problemi, è che mentre a livello di singoli pescatori, molti stanno perdendo il lavoro o lo hanno visto diminuire negli anni, a livello di "industria della pesca" il cambiamento non c'è stato. Si continua senza vere strategie, e soprattutto con gli ormai "fuori da ogni logica" sussidi (pagati con soldi pubblici). Proprio pochi giorni fa molte NGO, fra cui anche Fondazione Cetacea, hanno firmato questa lettera (http://tinyurl.com/624keff) proprio contro i sussidi. Intanto la coalizione Ocean 2012, di cui facciamo parte anche noi, sta combattendo per riformare la pesca comunitaria, con obiettivi altissimi, ma a noi italiani ce ne hanno dato di più... bassi, visto come siamo messi: basterebbe cioè che combattessimo almeno la pesca illegale... (l'Italia ha dovuto restituire alla CE 7 milioni di euro, perchè "si sono accorti" che di fatto finanziavano la pesca illegale). E pensare che le barche che pescano illegalmente, almeno quelle con le reti derivanti, si conoscono tutte, una per una (http://tinyurl.com/693exue).

    @ Enrico: conosco bene quel lavoro...

    RispondiElimina
  4. "@ Enrico: conosco bene quel lavoro..."
    Eh eh, nemmeno a dirlo - lo immaginavo! Certo che se poi nel tuo ultimo commento estendi il discorso anche alla questione delle spadare diffondendo il dossier con la famigerata blacklist (realizzata in realtà sulla base di un rapporto redatto dal Comando Generale delle Capitanerie di Porto italiane che fino all'estate scorsa era rimasto precluso ai più...) allora non posso che rallegrarmi del fatto che presto ci incontreremo vis à vis. Avremo molte cose di cui parlare! ;)

    RispondiElimina
  5. Per quello che so e che vedo ogni estate, questo discorso si potrebbe estendere anche agli altri mari italiani. Qualche anno fa, era un piacere recarsi nei mercati ittici per acquistare del buon pesce fresco: adesso, ogni volta che ci metto piede, è una vera tristezza vedere le cassette semivuote sui banconi e le specie ridotte di numero e dimensioni (sempre più piccoli alla faccia dei controlli!).
    DavidB

    RispondiElimina

Lascia un commento