venerdì 29 dicembre 2006

Un anno di blog



Oggi, 29 dicembre, il blog compie un anno!!

Auguri, auguri!!
Grazie a tutti quelli che sono passati a trovarmi, a quello che si sono fermati a leggere e a quelli che hanno commentato.

martedì 26 dicembre 2006

Un delfino poco… comune

E’ di pochi giorni fa la notizia dell’estinzione di una specie di delfino, di acqua dolce, che viveva nel fiume Giallo in Cina. E’ la prima estinzione di una specie di Cetaceo causata dichiaratamente dall’uomo. Una pessima notizia, dunque.
Il delfino di cui parliamo oggi, il delfino comune (Delphinus delphis), comune non lo è affatto, nonostante il nome, e non rischia l’estinzione, perlomeno a livello globale, mentre è la popolazione mediterranea di questa specie che sta rischiando, mentre quella adriatica… non esiste più.
Il Delfino comune è un animale estremamente grazioso; piccolo, non supera i 2,3 m, affusolato, agile e scattante, ha un bel disegno sui fianchi che ricorda una clessidra, parte della quale ha un particolare color crema, senape o ocra. E’ una specie che vive in gruppi anche molto numerosi.
Una volta diffuso in tutto il bacino mediterraneo, la sua popolazione negli ultimi 30-40 anni si è come… ritirata. Ne sono rimasti infatti ormai solo dei gruppi in alcune aree: nel mare di Alboran, nel Tirreno meridionale fino al canale di Sicilia, nella Grecia ionica e nell’Egeo.
Ci sono foto e documenti che dimostrano come il Delfino comune fosse, fino a qualche decade fa, il cetaceo più comune nelle acque adriatiche.
Il declino, che poi è diventata scomparsa, del piccolo cetaceo dalla acque nord-adriatiche è iniziato e si è compiuto a metà del secolo scorso, fino agli anni ’60 circa, quando un’intensa campagna di “caccia” a questi animali (in competizione con la pesca), supportata da leggi dello stato, è stata portata a termine. Non solo: il delfino comune è specie molto meno robusta e resistente, anche ai cambiamenti ambientali, rispetto per esempio al tursiope, delfino costiero grosso e tenace. E infatti proprio il tursiope ha oggi in qualche modo, preso il sopravvento prima, e sostituito poi, il Delfino comune nel nostro mare, risultandone oggi l’unico cetaceo regolarmente presente.
In effetti, oltre alla campagna di catture di cui si parlava sopra, altre cause pare abbiano allontanato il Delfino comune da queste acque: cambiamenti (leggi degrado) ambientali, diminuzione delle prede, forme di inquinamento chimico hanno progressivamente cancellato il delicato cetaceo dall’Adriatico.
Come abbiamo visto comunque, tutta la popolazione mediterranea di questi delfini ha subito lo stesso destino, al punto che nel novembre 2003, tale popolazione di Defino comune è stata inserita nella Lista Rossa delle specie minacciate, come endangered, cioè in pericolo.

Nella foto: Adria, un delfino comune recuperato dalla Fondazione Cetacea, spiaggiato il 13 ottobre 2000, a Lido degli Estensi (FE)

mercoledì 13 dicembre 2006

Squali Adriatici

E’ stato pubblicato di recente un libro sugli squali dell’Adriatico (Sharks of the Adriatic Sea [Knjiznica Annales Majora, 2004]). Vi sono elencate 28 specie diverse. Non tantissime, forse, anche tenendo conto del fatto che in tutto il Mediterraneo le specie di squali presenti dovrebbe essere circa una cinquantina.
Eppure sono convinto che sapere che nel nostro mare vivono quasi trenta specie diverse di squali possa effettivamente colpire e stupire qualcuno, e magari, perché no, spaventare qualcun altro. A volte è ridicolo, ma capita di sentir dire che è meglio non parlare di squali in riviera, soprattutto d’estate. Ma fa parte sempre di una visione distorta, sia degli squali stessi, “feroci predatori senza cervello”, sia del nostro mare, bagnarola per turisti e mai culla di biodiversità e ricchezza biologica.
Invece gli squali adriatici sono un patrimonio, come i delfini, le tartarughe, i tonni, il pesce azzurro e le vongole.
Le specie presenti in Adriatico sono molto diverse, sia ecologicamente, cioè per il tipo di ambiente che prediligono e quindi di vita che conducono, sia anche dal punto di vista morfologico con forme e dimensioni molto differenti.
Chiaramente molte di queste specie sono di piccole, o relativamente piccole, dimensioni e in genere vivono in prossimità del fondo. Sono squaletti che siamo più abituati a vedere sui banchi del marcato che non nei documentari sui grandi predatori del mare… Specie come il palombo, lo spinarolo, il gattuccio sono molto comuni e spesso sono anche battezzate con lo stesso nome comune di “cagnetti”.
Ma non mancano affatto anche squali di dimensioni di tutto rispetto, dai 2 metri e mezzo dello squalo grigio ai tre metri del curioso squalo “ronco” e ai quasi quattro dello smeriglio (molto spesso confuso con lo squalo bianco). Per poi arrivare ai bestioni di oltre quattro metri come lo squalo capopiatto (detto anche squalo vacca), lo squalo toro (che si ammira in tutti gli acquari del mondo, per il suo aspetto truce, i suoi denti appuntiti e la sua indole invece pacifica e lenta), lo squalo mako, velocissimo predatore dal muso appuntito, lo squalo martello comune.
Fra i grandi pelagici che frequentano le nostre acque ricche di cibo ci sono anche la verdesca, il bellissimo squalo blu, oramai decimato dalla pesca sportiva, così come l’altrettanto elegante squalo volpe dalla coda lunghissima (può raggiungere i sei metri totali, di cui tre solo di coda). Queste due specie, come anche il più raro squalo grigio, scelgono l’alto Adriatico come vera e propria culla dove partorire i piccoli.
Ricordiamo inoltre che occasionali sono gli avvistamenti di un vero e proprio gigante, lo squalo elefante o cetorino, enorme pesce filtratore che può arrivare a nove metri di placida eleganza. Specie che nel 2001 è stata protagonista di una vera e propria invasione con più di sessanta segnalazioni in un mese circa… (nella foto un esemplare di circa 8,5 m fotografato al largo di Cesenatico)
Infine sporadici oramai sono gli avvistamenti dello squalo bianco che all’inizio del secolo frequentava regolarmente le tonnare del golfo di Trieste. Ora, a quanto pare, con il diminuire delle prede, il grande bianco appare oramai solo occasionalmente, e ogni volta con gran clamore. Ma forse non ama la pubblicità…

giovedì 7 dicembre 2006

La Nuova Zelanda protegge il "grande bianco"

Lo squalo bianco sarà protetto, a partire da aprile 2007, nelle acque della Nuova Zelanda. Una nuova legge vieterà di cacciare, uccidere o danneggiare il grande squalo nelle acque comprese in una fascia fino a 350 km dalle coste dello stato neozelandese. Sarà anche illegale possedere o commerciare parti dello squalo stesso.
Lo squalo bianco viene infatti ucciso per poterne vendere le mandibole come trofeo o squallido souvenir, al prezzo di oltre 9.000 euro per un "set" completo o 8-900 euro per un dente.
Le pene previste arrivano fino a 130.000 euro di multa e sei mesi di reclusione.
Bella idea!
Sarà cretino uccidere una bestia del genere per esporne i denti sul caminetto di casa?

lunedì 27 novembre 2006

Delfini adriatici in pericolo

ACCOBAMS è una sigla lunghissima che sta grosso modo per “Accordo per la conservazione dei Cetacei del Mediterraneo e del Mar Nero”. L’ACCOBAMS è un insieme di ricercatori e enti di ricerca di diverse nazioni affacciate su questi due mari, che lavora per la conservazione di balene e delfini, e che produce ottime documentazioni sullo stato di salute di questi mammiferi marini.
A marzo ha pubblicato un aggiornatissimo report sulle condizioni delle popolazioni di delfini e balene del Mediterraneo, e quindi anche del nostro Adriatico. E i risultati non sono particolarmente incoraggianti. Delle otto specie regolarmente presenti in Mediterraneo, due sono classificate come in altissimo pericolo di estinzione, altre due come vulnerabili (alto pericolo di estinzione) e di ben quattro non ci sono dati sufficienti per decidere.
In Adriatico l’unica specie regolarmente presente è il tursiope (Tursiops truncatus), cioè il delfino più conosciuto, il classico flipper dei telefilm e di tanti delfinari. La popolazione di tursiopi in Mediterraneo è considerata vulnerabile, cioè come detto ad alto rischio di esntizione. E in Adriatico la situazione è ancora peggiore. Infatti i compilatori del report sottolineano che se la popolazione di delfini tursiopi dell’Adriatico fosse considerata separatamente essa sarebbe catalogata come Endangered, cioè ad altissimo rischio di estinzione.
I dati infatti mostrano un declino dei delfini in Adriatico, intenso e rapido: si parla di una riduzione del 50%, negli ultimi 50 anni.
A rendere il quadro un po’ meno preoccupante è l’idea che il declino sia stato causato anche, almeno fino agli ’70-80 da una vera e propria “caccia al delfino”. Questo mammifero veniva infatti visto come un competitore che predava le stesse specie di pesci che noi mangiamo, così veniva attivamente cacciato e ucciso come si fa per le specie “infestanti”. Al punto che nel 1939 il Ministero per l'Agricoltura e le Foreste emanò il Decreto di cui vi ho parlato in un vecchio post. Questo Decreto ora non esiste più e i Cetacei sono tutti, a diversi livelli, specie protette. Ma ancora molte minacce ne mettono in pericolo la sopravvivenza: la riduzione delle loro prede a causa di una pesca eccessiva, il progressivo degradarsi dei loro ambienti naturali (inquinamento, cambiamenti climatici), le catture accidentali in attrezzi da pesca.
Molto lavoro c’è ancora da fare, per salvaguardare questi nostri amici adriatici.

martedì 21 novembre 2006

Risorge Sole

Il 31 luglio è arrivata al nostro Ospedale delle Tartarughe una tartaruga ferita, di circa 50 cm, che è stata chiamata Sole. Era stata trovata agonizzante a Ravenna, colpita alla testa da un'elica o da una chiglia di una barca. Aveva il cranio orribilmente fratturato, con una ferita molto profonda che passava trasversalmente dietro agli occhi. Le condizioni, al di là della ferita stessa, erano pietose ed erano evidenti i danni neurologici causati dal colpo. Sole si lasciava galleggiare in acqua, con le zampe paralizzate, non mangiava, non nuotava, non faceva niente, tranne degli spasmi che le prendevano alla testa e alle zampe quando stimolata. Il veterinario che le ha fatto la TAC suggeriva di praticarle l'eutanasia; io ero d'accordo. Solo il nostro veterinario responsabile, Giordano Nardini, non mollava. Ha cominciato per Sole una terapia di applicazioni laser. Per farla mangiare, ogni giorno la catturavamo e tenendola ferma (all'inizio con poca fatica) le mandavamo giù, con un tubo, del pesce frullato. I giorni passavano e Sole resisteva e ogni tanto qualcosa cambiava. In meglio. Era sempre più difficile tenerla ferma per intubarla, cioè acquistava forza. Poi ha cominciato a mangiare pesci interi, pur sempre catturandola e spingedogli a forza nell'esofago: ma almeno li ingoiava. Ha cominciato a fare piccoli movimenti con le zampe anteriori, poi timidi tentativi di immersione, sgraziati e inefficaci, ma almeno ci provava. Poi sempre di più e sempre meglio fino a riuscire a stazionare sul fondo della vasca, quando voleva. Anche nel mangiare era sempre più autonoma, ma sempre se imboccata. Mentre la ferita si è ormai, grazie al laser, riemarginata. E ieri la sorpresa... ha mangiato da sola!!
Non riesco con le parole (e con la memoria) ha ripercorrere esattamente il percorso compiuto da Sole, fatto di piccoli passi, giorno dopo giorno, sotto gli occhi attenti e caritatevoli dei nostri volontari. Ma è stata una lenta e costante risalita, un risorgere.
Non sappiamo se Sole potrà tornare in mare, la TAC (nella foto mentre le fanno l'anestesia) non è bellissima e quasi sicuramente ha i nervi olfattivi tranciati (cioè non sente gli odori). Ma vederla attivamente mangiare e nuotare, che spettacolo e che soddisfazione.
E che smacco per l'insensibile e pratico biologo che le avrebbe praticato l'eutanasia senza troppi ripensamenti...

lunedì 6 novembre 2006