venerdì 4 giugno 2010

Il mare crivellato

Si moltiplicano, in Italia, i permessi per trivellare in mare, in cerca di petrolio

Le immagini e le notizie che provengono dal Golfo del Messico continuano a rimepire i nostri occhi e anche i nostri pensieri. Non si può fare a meno di pensare al disastro di quelle acque, di quegli ambienti, di quelle vite.
Qui trovate il report giorno per giorno di tartarughe, delfini e altri animali trovati morti.
Molti dicono o diranno che questa è l'occasione per riflettere, per rivedere forse qualcosa nel modo in cui l'uomo si rapporta e sfrutta il pianeta. Sciocchezze. Non cambierà nulla.
Adesso si preferisce spostare l'attenzione su Obama: "è stato distratto", "è stato poco deciso". Mah. Il vero problema è che si continua a sfruttare una forma di energia che è limitata, che si sta esaurendo, e soprattutto che ha dimostrato di essere assolutamente non sostenibile da questo pianeta. Eppure si va avanti, sempre nella logica del "tutto e subito". Tutto e subito il profitto, si intende. Poi ai danni (non solo quelli causati dagli incidenti come questi, ma anche quelli permanenti come i cambiamenti climatici) ci si penserà dopo.
Infatti, pochi giorni fa il governo federale americano ha autorizzato l'avvio di un nuovo pozzo petrolifero in mare. Dove? Ma a 50 miglia dalla Louisiana, ovvio.
E in Italia? E i nostri mari?
Il sito di Greenpeace Italia riporta una situazione allarmante: "Al momento, oltre alle 66 concessioni di estrazione petrolifera offshore con pozzi già attivi, sono in vigore 24 permessi di esplorazione offshore, soprattutto nel medio e basso Adriatico (Abruzzo, Marche, Puglia) e nel Canale di Sicilia. L'area delle esplorazioni supera gli 11.000 kmq, una superficie assai maggiore di quella che attualmente ospita pozzi operativi (poco meno di 9.000 kmq)." E ancora "in Italia questi permessi continuano a essere rilasciati senza alcun ripensamento apparente. Anzi aumentano e sappiamo il perchè: nel nostro paese le royalties da pagare allo Stato per le trivellazioni sono del 4 per cento e non del 30-50 per cento come per altri Paesi. [...] In Italia, inoltre, oltre a royalties molto più basse, non si paga alcuna imposta per i primi 300.000 barili di petrolio all'anno: oltre 800 barili (o 50.000 litri) di petrolio gratis al giorno.
Le attività esplorative sono effettuate o richieste da imprese ben note, come ENI, EDISON e SHELL, ma anche da imprese minuscole, anche con soli 10.000 euro di capitale sociale: in caso di incidente non potrebbero noleggiare nessun mezzo idoneo a raccogliere il petrolio!"
Chiaro no? Se non ne avete abbastanza, guardatevi qua la mappa delle trivellazioni in Italia.

1 commento:

  1. Ma perchè non si trivellano il cervello??
    Forse perchè sanno che è vuoto... Mah!!

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