sabato 6 aprile 2013

Tre balene al cinema

Pochi giorni fa sono riuscito finalmente a vedere il film "Qualcosa di straordinario", basato sulla storia delle tre balene grigie intrappolate nel ghiaccio, a nord dell'Alaska, nel 1988. E' una storia che conosco bene, dal momento che le ho dedicato il capitolo 10 del mio "Jack il delfino e altre storie di mare". Proprio per questo motivo ero un po' titubante al pensiero di vederlo, visto che spesso gli adattamenti per il cinema richiedono, o inducono, particolari... stravolgimenti della storia originale.
Qui qualche forzatura e una certa spinta a romanzare la storia c'è, ma per fortuna neanche tanto. Una vera storpiatura però è la scena in cui la protagonista, l'attivista di Greenpeace, scende sott'acqua con le balene. Una sciocchezza, non solo perché nella realtà a nessuno è mai venuto in mente di fare una cosa del genere: l'acqua era decisamente troppo fredda... così come l'aria che ti aspettava alla risalita. Inoltre, tutta questa scena ha, in definitiva, l'unica finalità di infilarci dentro l'invenzione che la balena più piccola avesse una rete attorno alla coda. Si vede l'ambientalista (nel film interpretata da Drew Barrymore) osservare le balene "eyes to eyes" e poi accorgersi della rete attorno alla coda della cucciola e, con estrema facilità, tagliarla via.
Niente di tutto ciò è mai avvenuto. Come mai allora? A cosa serve questo particolare, del tutto inventato? Forse perché la cause del tutto naturali della situazione – tre balene colte di sorpresa dal ghiaccio in formazione, e costrette per giorni a respirare da un buco nel ghiaccio stesso, tenuto aperto dalle loro enormi teste, che emergono a intervalli – forse queste cause, questo puro caso della natura, non bastavano a giustificare tutta la macchina umana che si è messa in moto per queste balene?
Forse chi ha scritto l'adattamento cinematografico si è chiesto, come ho fatto io scrivendo la storia (ma anche tante altre volte), perché mai l'uomo è "dovuto" intervenire contro la spietatezza di madre natura? Nel film, a un certo punto, il giornalista chiede alla ragazza di Greenpeace "Mi dici perché ci importa così tanto di queste balene? Insomma, se fossero... cervi, o lucertole...". Eh già se fossero stati cervi o lucertole? Quante volte mi sono fatto la stessa domanda. Mi sono chiesto anche "Se Mary fosse stata un tonno?"
Insomma, se non avete visto il film, guardatelo. Non aspettatevi granché, ma se amate i Cetacei e le storie vere non sprecherete due ore. Poi, però andate a leggervi la vera storia.

2 commenti:

  1. La storia la conoscevo, anche e soprattutto grazie a te. A me è piaciuto tanto questo film anche per un messaggio che ha lanciato alle nuove generazione. Non solo un invito a conservare la Biodiversità ma anche uno sguardo su ciò che avviene a discapito dell'intero ecosistema. Poi io sono di parte e vedere sempre più film che dipingono i "petrolieri" come gli antagonisti mi fa solo che piacere. La scena della rete, anche se inverosimile, a parer mio ha mostrato una realtà che ormai è all'ordine del giorno: l'impatto antropico letale per queste specie. Grazie Marco per aver condiviso le tue impressioni ed emozioni.

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  2. In fondo, la scena dell'immersione è anche un modo per mostrare le balene sott'acqua, nel loro mondo... In confronto con le dimensioni dell'attrice umana. Nonostante mi sia posta le stesse tue domande, è un film che mi è piaciuto molto. E il fatto che in pochi mesi siano usciti due film dal soggetto filo-marino non può che essere simbolo di un'aumentata sensibilità in merito!

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