lunedì 17 giugno 2013

Il futuro è un disastro

Forse dovremmo arrenderci. Forse sarebbe ora che ci dicessimo che la battaglia per la salvaguardia dell'ambiente, gli ecosistemi, la biodiversità, è persa. Non poteva essere vinta. Perché significa combattere contro noi stessi, contro la natura dell'uomo. Intesa proprio come esigenze naturali dell'uomo. Di risorse, di spazio, di materie prime.
Ogni organismo vivente, occupa, usa e modifica per i suoi fini e le sue esigenze, l'ambiente in cui vive. Spesso e se possibile, a discapito di altre specie, o dell'ambiente stesso. Tutte le specie lo fanno. L'uomo lo fa, ma a livello planetario. Lo fa tremendamente bene ed efficacemente, grazie alla capacità di creare, costruire, adattarsi, trasmette la propria cultura. Grazie agli strumenti che la selezione naturale gli ha dato: l'intelligenza, il pollice opponibile, e tutto quello che ne consegue: il linguaggio, l'inventiva, la trasmissione culturale, le conoscenze condivise.
Non importa che abbiate, come me, una visione laica dell'uomo – specie tra le specie – o religiosa o antropocentrica – il mondo a servizio dell'uomo – non importa. Questo è quello che accade. Ci sono già state estinzioni di massa nella storia del pianeta, e sono avvenute per cause naturali. Se l'uomo è parte della natura allora anche le conseguenze che il suo sviluppo provoca sul pianeta, lo sono. L'unica differenza è che noi abbiamo il raziocinio, la consapevolezza e, magari non per tutti, il senso di colpa. Dunque, mentre continuiamo a consumare il pianeta, da un'altra parte, e con risorse molto minori, cerchiamo di salvarlo da noi stessi. Senza troppo successo.

Queste cose è importante dirsele, perché se ne siamo consapevoli, se siamo consapevoli che la battaglia "per l'ambiente" è persa, allora come dice Jorgen Randers nel libro "2052. Scenari globali per i prossimi quarant'anni" allora possiamo indirizzare i nostri sforzi in maniera differente. E cioè "Prepararsi a vivere nel futuro probabile e insieme lavorare duro per evitarlo". Lui sa che non riusciremo ad evitarlo, lavorare duro non è servito a molto finora. I disastri ambientali e sociali annunciati arriveranno, stanno già in parte avvenendo. quindi concentriamoci sulla prima parte della frase: prepararsi a vivere nel futuro probabile.
Fa male dirlo, ma a questo punto, concentriamoci su noi stessi. Impariamo a come vivere meglio in un mondo impoverito e stravolto da noi stessi. Facciamocene una ragione, e prepariamoci a un difficile futuro.
Il pianeta, l'ambiente, gli ecosistemi si riprenderanno. Dopo. Dopo di noi. Lo hanno sempre fatto, dopo ogni catastrofe planetaria. 

3 commenti:

  1. L'inquinamento ha senso in quanto tale.
    Anche in un mondo fatto di cristalli di ghiaccio, dove l'unica forma di vita fosse un qualche tipo di energia che genera luce e calore nutrendosi dell'acqua disciolta dai ghiacci, la sua presenza e attività non dovrebbe essere interpretata come inquinamento, dato che la forma di vita è stata generata nelle combinazioni "fotoribonucleiche" della stessa natura di quel mondo. Quindi se interpretiamo poi la crescita di questa entità inorganica come naturale svolgersi degli eventi, quand'anche tutto il ghiaccio fosse disciolto e la forma di vita di pura energia si avviasse all'estinzione sarebbe solo una conseguenza di quel mondo. Questo è vero e riflette perfettamente sia la teoria entropica che quella antropocentrica adattata a questo ambiente.
    Ora la stiamo vivendo dal punto di vista esterno, con l'unità di misura e di valutazione dell'uomo. La domanda che ci possiamo fare è: è giusto? è sensato? Alla fine riflettendoci su, probabilmente, sceglieremmo di non salvare quella specie neppure se ne avessimo la possibilità, in virtù della difesa di quel mondo stesso.

    Ma noi non possiamo pensare che l'autodistruzione della specie sia giusta solo perché è parte di un sistema e di un destino.
    Durante i millenni di evoluzione siamo giunti ad uno stadio di coscienza tale da farci rendere conto del peso che dobbiamo sopportare. Soprattutto di quello che deve sopportare l'ambiente in cui viviamo.
    Se è vero per noi umani che a questo ritmo di sviluppo ci servirebbero 3 pianeti nei prossimi 100 anni, dobbiamo regolamentarci fino a definire quali siano i limiti di ognuno affinché ci sia il sostenimento della specie. Altrimenti, dobbiamo abbandonare l'idea di esserci evoluti al di sopra degli altri mammiferi, delfini inclusi
    Come disse Einstein a proposito dell'Atomica "nessun topo si è mai sognato di creare una trappola per topi", per inciso questo lo disse dopo averla creata eh?!.

    Quindi entra in campo il fattore coscienza. Abbiamo preso coscienza di esserci?
    Pensiamo dunque esistiamo, oppure, esistiamo dunque godiamocela insieme[individualmente] fino alla fine?

    ...

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  2. ...

    Penso che l'inquinamento vada visto da due aspetti fondamentali, uno diametralmente opposto all'altro;
    - Quell'aspetto naturale che ci concede di sfruttare le risorse del pianeta in cui viviamo, ad un limite di estrema necessità, cibo, acqua e protezione;
    In questo vi è ad esempio anche la cultura, quindi l'uso della carta e della tecnologia per passare conoscenze tra una generazione e l'altra come concetto di protezione.
    Gli abiti e una casa sempre come concetto di protezione.
    - L'altro aspetto, che è lo sfruttamento non necessario di risorse, oggi è ampiamente abusato.
    Ad esempio il consumo di territorio. Invece di ristrutturare le vecchie abitazioni sfruttando le conoscenze che abbiamo, preferiamo estendere i territori delle città senza più rispettare limiti e senza favorire i piccoli centri urbani, i quartieri, niente più confini per città che si ritrovano inglobate in periferie sempre più grandi senza avere quei punti di riferimento comuni. Centri commerciali invece di servizi al cittadino, ad esempio. Anche questo è inquinamento, sociale innanzitutto, culturale in seconda analisi, ma tremendamente inquinante per la vita e per l'ambiente.
    Solo pochi esempi, ce ne sarebbe da fare troppi, spero rendano l'idea di base questi.

    Un'abitudine sempre più estesa di inquinare per produrre e produrre per inquinare.
    La crescita, così come intesa economicamente non è più perseguibile proprio per l'esiguità di risorse, lo sviluppo ed il progresso sarebbero più auspicabili, ma dipendendo da risorse finite dovremmo prima di tutto imparare a gestire al meglio queste, prima che irrimediabilmente cessi la materia prima. Oggi ne saremmo in grado, ma non ci sono politiche che contemplino questa filosofia di vita.

    Siamo su una astronave con risorse in esaurimento a zonzo per lo spazio, si chiama Terra ed ha una lucina rossa lampeggiante sul cruscotto.
    La nostra presa di coscienza dovrebbe proprio essere questa, definire quali risorse siano in esaurimento e attuare delle politiche di mantenimento o sostituzione.
    Ad oggi chi sarebbe in grado di definire questo? Non abbiamo neppure un censimento dell'attuale volume di Eternit disperso nel nostro ambiente.
    Stiamo morendo per mano di noi stessi, nel disinteresse generale di cui sopra: "Pensiamo dunque esistiamo, oppure, esistiamo dunque godiamocela insieme[individualmente] fino alla fine?".

    Quindi lasciamo tutto in mano all'entropia ed aspettiamo che tutto si rimescoli insieme per mano nostra[un'altra volta?], oppure ci facciamo svegliare da una presa di coscienza da un punto di vista antropocentrico e cerchiamo di limitare i danni?
    Quello che posso fare in prima persona lo faccio e cerco di condividerlo con chi amo e conosco, ma non saprei proprio da dove iniziare per un risveglio della massa.

    Grazie Marco per i tuoi temi.

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  3. Grazie a te Stefano per i commenti articolati e interessanti. Il mio post contiene una provocazione: non avrei dedicato buona parte della mia vita alla protezione dell'ambiente, se pensassi veramente quelle che ho scritto. Vale sempre e comunque la pena di continuare a fare tutto quello che possiamo. Anche se la fiducia che avevo i primi anni, un po' si è persa. Teniamo botta.
    Mi piace l'idea di inquinamento sociale e culturale, è molto vera.
    "Ci facciamo svegliare da una presa di coscienza da un punto di vista antropocentrico e cerchiamo di limitare i danni?" Eh... non è un'idea fantastica per chi, come me, non vede proprio nessun centro, ne antropo nè altro; ma almeno questo, come ultima spiaggia, ci toccherà farlo.

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