venerdì 8 febbraio 2008

Il diritto di uccidere

Nello stretto di Juan de Fuca, l'angusto tratto di mare che si infila a sud della Vancouver Island, viveva fino a pochi mesi fa una balena grigia che era stata soprannominata "Kelpie". Era abituata a nutrirsi sul fondo di kelp, l'alga dalla lunghe foglie, e spesso queste foglie le rimanevano appese addosso: da qui il nome Kelpie.
Kelpie è stata uccisa i primi di settembre dell'anno scorso. Cinque uomini su una potente barca, l'hanno crivellata con 21 colpi di fucile e cinque arponi. Le ci sono volute comunque 10 ore di agonia per morire.
Quello commesso dai cinque uomini è un reato in violazione delle leggi federali. Eppure questi uomini si sentivano in diritto di uccidere la balena, perché i loro antenati uccidevano le balene. Essi provengono infatti dalla tribù Makah, dello stato di Washington, che fino ad ottanta anni fa, si sosteneva proprio con la caccia alle balene. Ma da 80 anni, quelle genti hanno cambiato abitudini, anche per la scarsità di balene grigie, e da allora non dipendono più dalla carne di questi animali. Questa infatti, la dipendenza diretta dalla caccia alle balene, è il criterio necessario per fare sì che le leggi federali e internazionali possano concedere una quota annuale di balene da cacciare, ai popoli che appunto per tradizione dipendono da questa caccia. Non è più il caso dei Makah. Alcuni membri di questa tribù però reclamano ancora questo diritto, rivendicando una "necessità culturale". E non sono poche le piccole popolazioni della costa che reclamano lo stesso diritto, facendo anche leva sulla "simpatia" che tali piccole popolazioni di nativi suscitano nell'opinione pubblica.
Ovviamente il Giappone - poteva mancare il Giappone? - sta spingendo perchè si affermi questa nuova forma di baleneria "culturale" e da anni chiede alla Commissione Internazionale per la Baleneria (IWC) che assegni una quota per le proprie popolazioni costiere. Ovviamente se i nativi americani otterranno la loro quota, il Giappone tornerà alla carica.
Le balene saranno anche importanti per la cultura dei Makah, ma sarebbero meglio che le integrassero in essa senza ucciderle. Perchè per esempio non "convertirsi" a una più sana e remunerativa pratica di Whale-watching commerciale?

4 commenti:

  1. Non ho mai condiviso la pratica diffusa tra i nativi americani di uccidere le balene e condanno duramente i cinque uomini che hanno ucciso Kelpie. Ciò che però mi sento di dire è che questi uomini hanno usato come pretesto la "necessità culturale" per uccidere barbaricamente la balena. Quando erano soltanto i nativi americani a cacciare balene (molti anni fa) non le cacciavano per sterminarle ma per dare da mangiare e riscaldare le loro popolazioni. Saprete certamente che non si buttava nulla e che i nativi amavano e rispettavano la natura che li circondava proprio perchè erano lei grata per ciò che da essa traevano per vivere. Mi sento anche in dovere di dire che raramente le piccole popolazioni di nativi suscitano simpatia nell'opinione pubblica anche perchè molti nativi americani sono stati rilegati nelle famose "riserve" dove il degrado sociale è altissimo. La società americana li ha esclusi e subiscono ancora oggi le conseguenze di pregiudizi che spesso hanno pagato con la propria vita. I giapponesi stanno strumentalizzando l'aspetto culturale, religioso e anche folkloristico che appartiene ai nativi americani per continuare le loro pratiche criminali. I due contesti sociali sono molto diversi e a questo punto i nativi americani andrebbero educati e messi in guardia da i carnefici che vogliono sfruttare la cultura dei nativi per uccidere balene a favore di un mercato che potrebbe tranquillamente essere convertito in turismo ad impatto ambientale zero. I giapponesi stanno dirottando l'attenzione sui nativi facendo di loro dei mostri quando in realtà sono storicamente vittime di innumerevoli ingiustizie. Fa molta rabbia anche a me che Kelpie sia stata assassinata in un modo agghiacciante e credo che quei uomini andrebbero puniti ma teniamo in mente il contesto generale. I nativi vivono in modo molto diverso oggi ma sono fragili ed è molto semplice sfruttare la disperazione di poplazioni che da centinaia di anni cercano l'integrazione. Non voglio pensare o dedurre conclusioni per cui non ho le prove ma; mi piacerebbe molto sapere chi erano questi cinque uomini e che cosa era stato loro offerto in cambio di quell'uccisione. Corro troppo? Chissà? Due cose sono certe secondo il mio punto di vista. C'erano di mezzo soldi e uomini. E' morto un essere vivente innocuo, innocente,è morto tra atroci sofferenze. Noi ci macchiamo ogni giorno di più di atti abominevoli, distruttivi per noi e per l'ambiente che ci ospita. Lavare via il sangue diventa sempre più impossibile.

    Christina

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  2. Opps...mi sa che pure stavolta faccio il bastian contrario della situazione...scusate ma i makah non fano parte delle tribù che vivono nelle riserve indiane?Non sono forse tra quelle popolazioni che uno va a vedere come se si trattasse di animali dello zoo("Faccio un viaggio in america e se mi scappa tempo vado a vedere gli indiani nelle riserve")?Scusate....sono stati derubati della loro terra...(ok,è successo tanto tempo fa ma loro ne risentono tutt'ora,visto che non hanno mai rinunciato alla loro individualità e alla loro identità culturale)...catapultati in un mondo che non è il loro....con usi costumi,consuetudini che non hanno mai avuto...in nome di una "civilizzazione" che non hanno mai chiesto...e ci stupiamo se non si sentono molto inclini ad accettare un'altra regola imposta loro da persone che non li hanno mai compresi nè capiti?Io prima che con le balene....mi sento solidale con queste popolazioni....tanto di più che non penso che l'eventuale estinzione di specie animali sia attribuibile al fatto che questa gente le cacci....le hanno cacciate per secoli e sono giunte fino ai giorni nostri...evidentemente un equilibrio c'era....qualcosa deve essersi guastato dopo...quando gli uomini "più evoluti" c'hanno messo mano...tanto per cambiare...Per carità...cercare di salvaguardare il più possibile esseri viventi che rischiano l'estinzione è giusto....ma secondo me bisogna essere più flessibili in riferimento alle condizioni etniche e culturali delle varie realtà umane che ci troviamo davanti...Io non sono un'animalista...questo credo si sia capito...non per questo giustifico le mattanze per le pelicce che si vedono esposte nelle scintillanti vetrine dei negozi...però non ci trovo nulla di strano quando le vedo addosso ad esquimesi(si scrive così??Boh)o a popolazioni affini...mi sorprende chi per questo grida allo scandalo e allo scempio...non so...spero di essermi spiegata un pochino almeno...e come al solito mi auguro di non aver eventualmente offeso o urtato troppo la sensibilità di altri ospiti di questo blog!Un saluto a tutti,Silvia!

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  3. Ciao Silvia. Nemmeno io sono animalista. E ho tutta la comprensione del mondo per le piccole tribù di nativi. Ho però scritto che è ormai certo che i Makah non necessitano più, da ottant'anni, della caccia alle balene. Dunque un'uccisione di un animale (in estinzione o no) risulta una crudeltà inutile. Che poi ci sia chi specula sulle "tradizioni" e le "eredità culturali" per i propri sporchi fini è semmai solo un'ulteriore offesa alle tribù stesse.

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  4. Non voglio alimentare una discussione perchè credo che stiamo dicendo le stesse cose. E' chiaro che non occorre essere un animalista per capire che qualsiasi tipo di uccisione violenta va condannata. Per quanto riguarda i nativi americani il discorso non è semplice. Va capito il contesto storico e le conseguenze di esso. Si è rotto un equilibrio naturale che vedeva l'uomo come parte della natura. I nativi e la natura si compensavano a vicenda e quando uccidevano non era per soldi ma per sopravvivere. Quando arrivò l'uomo bianco tutto questo cambiò e i nativi furono spronati a cacciare per soldi. L'arrivo dell'uomo bianco segnò l'inizio della fine degli equilibri tra le popolazioni native e la natura. Mi ripeto, oggi soffrono molto e nonostante ciò ci sono ancora nativi che si battono per la salvaguadia della natura. Una di queste battaglie l'ho vissuta in prima persona ed è un'esperienza che non si dimentica!

    Christina

    PS Quella battaglia l'abbiamo persa.

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