mercoledì 4 maggio 2011

Il Fish Dependence Day

Molto interessante, e anche tanto sconcertante, il comunicato stampa che le organizzazioni Ocean2012 e NEF hanno emesso qualche giorno fa. Vi riporto qui il cuore del comunicato:
"Basandosi sui livelli delle importazioni e dei consumi registrati dal 2007, se l’UE consumasse solo il pesce proveniente dalle proprie acque, esaurirebbe i suoi stock ittici il 2 luglio, diventando dal giorno dopo totalmente dipendente dal pesce importato dal resto del mondo.
Dal 2000, il Fish Dependence Day dell’UE arriva sempre prima nell’arco dell’anno, attualmente quasi un mese prima, dimostrando un livello sempre crescente di dipendenza dai prodotti ittici importati.
Per alcuni Stati Membri, il giorno esatto a partire dal quale diventano dipendenti dal pesce di importazione è: Portogallo, 26 aprile; Germania, 27 aprile; Italia, 30 aprileSpagna, 8 maggio; Francia, 13 giugno; Regno Unito, 16 luglio.
Gli effetti del sovrasfruttamento degli stock ittici europei - e di conseguenza della disponibilità di pesce nei mercati e sugli scaffali dei supermercati - sono mascherati dall’aumento delle importazioni di pesce proveniente da altri mariLo sviluppo dell’acquacoltura ha fallito nel cercare di bloccare la crescente dipendenza dal pesce importato."
Mi sembra già abbastanza chiaro ma aggiungo anche le dichiarazioni di Aniol Esteban, di nef/OCEAN2012 e co-autore del rapporto“ Il rapporto dimostra che, avendo fallito nella gestione degli stock ittici, gli Stati Membri dell’UE si procurano il pesce altrove piuttosto che impegnarsi per riportare gli stock ittici ad un buono stato di salute. Consumare molto più pesce di quanto le acque europee siano in grado di produrne significa compromettere il futuro degli stock ittici e delle comunità che dipendono dalla pesca e mettere a rischio posti di lavoro e mezzi di sussistenza sia in Europa che in altre parti del mondo".
Il messaggio mi pare, mi ripeto, molto chiaro. Invece quella della data del Fish Dependence Day è ovviamente una provocazione, che può generare qualche incomprensione. In effetti si può pensare che in Italia, dal 30 aprile in poi si mangi solo pesce importato, mentre fino a quella data solo pescato nazionale. Ovviamente non è così. Pesce italiano e pesce importato sono insieme sui banchi di pescheria per tutto l'anno, ma se prendessimo tutto il pescato italiano e tutto quello importato e li separassimo, il primo coprirebbe i primi 4 mesi, il secondo il restante periodo. Ecco la provocazione di fissare una data di "dipendenza" dal pesce importato.
Chiaramente, su questioni così importanti, purché il messaggio passi - e il messaggio è: peschiamo troppo e di conseguenza importiamo troppo - va bene anche qualche trucchetto. E infatti la notizia ha avuto una buona eco su stampa e tv.
Da notare che una delle più grandi associazioni di pesca italiane, l'AGCI, ha risposto con un suo comunicato, in cui si dice che "questa è l’ultima trovata di Organizzazioni ambientaliste sempre in cerca di dichiarazioni ad effetto sull’opinione pubblica per drammatizzare e deformare un dato noto da molti anni e cioè che la domanda interna supera l’offerta di pesce italiano". Notare la finezza: non si dice che ormai c'è talmente poco pesce che bisogna importarlo, ma "la domanda di pesce italiano supera l'offerta".
L'AGCI poi prosegue: "“Il messaggio distorto passato sui media è che il pesce italiano sarebbe finito. Un’assurdità che costituisce una vera e propria disinformazione che può avere un’incidenza sul nostro mercato. Ma i consumatori continueranno a trovare nelle nostre pescherie, per tutto l’anno, anche pesce italiano accanto a quello importato come indicato dalle etichette a norma europea, mentre messaggi fuorvianti ed irresponsabili non risolveranno i problemi dell’ambiente e della pesca sostenibile che per essere affrontati hanno bisogno di un approccio serio lontano dalle dichiarazioni ad effetto e di dati scientifici su cui basare scelte politiche tecniche e gestionali”.
Bene. Mi pare però che l'AGCI si preoccupi più della forma che della sostanza: qual'è il suo "approccio serio" per risolvere i problemi dell'ambiente e della pesca sostenibile? Nel comunicato non se ne parla.

4 commenti:

  1. E come può averlo un approccio serio se sono proprio loro fra i maggiori responsabili della situazione attuale? Qui c'è gente che sta scherzando con il fuoco, anche se parliamo di pesce, e che allegramente se ne infischia di una razionalizzazione delle attività di pesca e del futuro del nostro mare. Dovremmo indignarci e incazzarci sul serio quando si desertifica il mare DI TUTTI impunemente!

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  2. ho una domanda da fare: con che percentuale il pesce italiano viene esportato? e negli altri paesi (europei e non)? penso che anche questo dato vada valutato nell'ambito del conteggio, per capire se i quintali di pesce importato sono paragonabili a quello esportato, ed in questo caso bisognerebbe riconteggiare le date per la fine degli stock ittici nei vari paesi. lo dico per puro spirito di conoscenza, e aggiungo che sono estremamente interessato ad articoli ed informazioni di questo tipo.
    Mimì Sgambati

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  3. Complimenti, articolo molto interessate che descrive una situazione che da tempo è molto discussa.

    Sicuramente, come per ogni problema, le accuse e le lamentele del problema sono tante, quelle che mancano sono le proposte di rimedi.

    A mio parere, il concetto alla base di tutto è la moderazione, che se applicato ad ogni risorsa sfruttata dall'uomo, eviterebbe molti problemi.

    Pierpaolo

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  4. Ciao Mimì. Non sono un esperto di pesca ma da questa tabella (http://www.kalfish.it/pages/10/2/26.html) risulta che nel 2004 l'Italia era il 32° paese al mondo come quantità di pesce esportato, e il 5° come quantità di importato. Dunque la sproporzione è evidente (534 milioni di dollari contro 3904).

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