mercoledì 24 ottobre 2012

Chi uccide i delfini adriatici?

Succedono strane cose in Adriatico. Ultimamente ci sono state segnalazioni di delfini trovati morti, uccisi da colpi di armi da fuoco, o mutilati della coda.
Ne ho parlato in un articolo sul quotidiano La Voce di Romagna di ieri.

Riporto qui il testo dell'articolo:

Killer di delfini in Adriatico? La possibilità che questi cetacei possono ancora essere vittime di uccisioni deliberate esiste tuttora. Lo riferisce un articolo pubblicato da "La Voce del Popolo" di Fiume raccontando la notizia del ritrovamento di un delfino portato dalle correnti sulla battigia della spiaggia Rivarella di Cittanova Si tratta di un esemplare adulto di 2,5 m e di quasi 300 kg di peso. Stando ai segni riscontrati sul corpo, il cetaceo potrebbe essere soffocato in una rete da pesca, una delle comuni passelere usate per la pesca della sogliola, ma ci sono possibilità che l'animale sia anche stato deliberatamente ucciso.
Abbiamo chiesto a Marco Affronte, naturalista studioso della fauna dell'Adriatico, un parere sul caso riferito dal giornale croato. "Purtroppo nell'articolo in questione non si capisce quali segni siano stati riscontrati sul corpo del delfino, tali da far sospettare una morte non naturale. È vero però, come riporta l'articolo stesso, che in autunno ritrovamenti di delfini con evidenti segni di terribili interazioni con l'uomo, sono purtroppo frequenti: stiamo parlando ad esempio di due delfini ritrovati con la coda mozzata, venerdì scorso [il 12 ottobre] in acque slovene. Oppure del delfino ritrovato il 14 settembre, spiaggiato sulle coste croate (laguna Zelena), con evidenti segni di colpi di arma da fuoco. Segnalazioni di delfini uccisi con armi da fuoco, si ritrovano in notiziari e quotidiani, anche gli anni precedenti, più o meno sempre nel periodo autunnale.
Probabilmente è proprio in questo periodo che diventa più frequente l'utilizzo delle reti da posta, come lo sono appunto le passelere. Le reti da posta si portano dietro conseguenze molto spiacevoli, per la loro natura, e per il modo in cui sono utilizzate. Queste reti non vengono trainate da una barca, ma vengono invece calate e poi lasciate sul posto per diverso tempo. Questo significa che possono accumulare molti animali e pesci intrappolati, pescando appunto per lunghi periodi. Questi animali morti o morenti, e comunque ovviamente incapace di fuggire, rappresentano un ghiotto bottino per molti predatori, compresi i delfini e le tartarughe. Se, mangiando questi pesci, un delfino rimane intrappolato nella rete, non ha scampo, ed è destinato ad annegare.
Spesso quindi il ritrovamento di delfini con la coda mozzata può avere due significati: il pescatore, per liberare la rete dalla carcassa del delfino può "tagliare via le sporgenze", come le pinne e appunto la coda, proprio per rendere più facile il lavoro di districamento della rete. La seconda possibilità, molto più tremenda, e che un delfino venga intenzionalmente catturato dai pescatori e venga mutilato in modo che, rigettato a morire in mare, comunichi ai compagni segnali di grave pericolo, tenendoli quindi lontani dalle reti (questa pratica barbara è per esempio ancora sporadicamente presente in Sardegna). Allo stesso modo è possibile che vengano sparati colpi d'arma da fuoco ai delfini, per allontanarli dalle reti o per fare in modo che la loro sofferenza tenga lontani gli altri.
Perché non c'è dubbio, purtroppo, che delfini possano danneggiare anche seriamente le reti, nel tentativo di sottrarre il pesce imprigionato.

Il problema di fondo resta il fatto che delfini e esseri umani competono per la stessa risorsa, e questo molto spesso ha portato a perpetrare danni notevoli a questi nostri "coinquilini" del mare. Per quanto attualmente amati e protetti, anche da leggi, è difficile sviluppare una coscienza etica e un rispetto da parte dei pescatori che comunque si vedono danneggiati economicamente per questi animali furbi e opportunisti. È un problema che risale a tempi antichi e che difficilmente avrà mai una definitiva conclusione."

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