lunedì 8 ottobre 2012

La morte del delfino "accattone"

Pochi giorni fa, il 21 di settembre, si è saputo della morte di un "personaggio" famoso. Viveva in Florida, ma non era né un attore né uno sportivo in pensione; era invece un solitary dolphin, cioè un delfino che viveva a stretto contatto con l'uomo. Si chiamava Beggar, ed era noto da oltre 20 anni a tutti gli abitanti e i turisti di una certa area della baia di Sarasota, in Florida, appunto.

I solitary dolhpins, conosciuti anche come lone sociable, sono animali che per diversi motivi non vivono all'interno di un gruppo di delfini della stessa specie, ma frequentano aree costiere dove vengono a contatto con l'uomo e dal quale, generalmente, diventano dipendenti.
Questo delfino in particolare, un tursiope, aveva imparato a elemosinare cibo dalle barche, in maniera anche insistente, al punto da essere chiamato "accattone", che è esattamente il significato di Beggar.

La convivenza fra Beggar e l'uomo, come già detto, è di lunga data. Al punto che probabilmente, era divenuto uno dei delfini più studiati al mondo. L'inizio del rapporto fra questo cetaceo e gli esseri umani resta un piccolo mistero; è possibile che sia iniziato in maniera del tutto naturale, così come può succedere e come succede, più spesso di quanto si pensi, in altre parti del mondo (in effetti sono circa 90 i delfini solitari conosciuti, nel mondo). Ma ci sono anche altre ipotesi.
Ad esempio, nel report pubblicato nel 2008, da due ricercatrici dell'associazione Marine Connection, dal titolo "Lone Rangers", si ipotizza che Beggar abbia iniziato il suo legame con l'uomo dopo essere stato catturato, nel 1979, nel corso di una ricerca, per essere misurato, pesato, sottoposto a prelievo di sangue, e poi rilasciato.
Secondo altre persone, Beggar invece non era altri che "Moby", un delfino scappato da un parco acquatico, il Floridaland, che ha chiuso i battenti nel 1971, i cui animali vennero venduti ad altri parchi: a quanto pare uno di loro fuggì (non chiedetemi come, ma la storia della fuga sembra essere stata confermata da un ex-addestratore del parco).

In ogni caso, qualunque sia l'origine di Beggar, la sua vita aveva ormai ben poco a che fare con quella di un delfino selvatico. Nel 2011 una ricercatrice del Sarasota Dolpihn Research Project, aveva condotto uno studio accurato, seguendolo per un totale di 100 ore di osservazione, durante le quali erano stati contati:
- 3600 interazioni con esseri umani, fino a 70 in un'ora
- 169 tentativi di dargli da mangiare, con 520 differenti tipi di alimenti
- 121 tentativi di toccarlo, nove dei quali finiti con la persona morsa dal delfino.

Tutto questo avveniva nonostante le leggi americane, come ad esempio il Marine Mammal Protection Act, e nonostante cartelli e avvisi che comunicavano il divieto di recare danno al delfino o di gettargli del cibo, fossero sparsi un po' ovunque. Ovviamente, i controlli in mare sono sempre difficili.

Comunque, ora il delfino è morto, anche se non si conoscono esattamente le cause. L'autopsia effettuata dal Mote Marine Laboratory ha rivelato particolari inquietanti: hanno trovato diverse ferite, probabilmente derivanti da vecchie collisioni con le barche, diverse vertebre e costole rotte. Aveva anche vecchie lesioni simili a punture, tre ami nello stomaco, e due pungiglioni di razze nelle carni. Era in stato di disidratazione. Gretchen Lovewell, manager del programma di ricerca sugli spiaggiamenti, del Mote, dice "Non possiamo dire quali di queste ferite siano la causa della morte di Beggar, ma tutto quello che abbiamo trovato indica che era in precaria salute da molto tempo, e che le interazioni con le persone hanno giocato un ruolo. [...] Passava più tempo a chiedere cibo agli uomini che non a nutrirsi da solo." Insomma non sarà, come hanno titolato giornali e siti web, che Beggar è morto a causa di una dieta di hot dog e birra (che comunque sono stati davvero gettati al delfino), ma il suo legame con l'uomo dovrebbe c'entrare.

Beggar ha divertito e intrattenuto molte persone per oltre 20 anni, ma la sua vita non deve essere stata facile, e sicuramente nulla di paragonabile a quella di un delfino selvatico. Secondo molte persone lui era felice così, ma il mio parere è che questi confondono il loro divertimento e la loro "felicità", con quella di un animale che ormai non conosceva altro tipo di vita. Se gli uomini avessero evitato comportamenti errati come dare del cibo, inseguire, toccare, richiamare il delfino, forse lui avrebbe "scelto" una vita differente, una vita naturale.

Concordo e chiudo con le parole di Stacey Horstman, della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration ): "Beggar è stato un'icona locale è un'attrazione turistica per oltre due decadi, e i risultati dell'autopsia ci ricordano come le azioni della gente sono dannose per i delfini selvatici. C'è un'idea sbagliata e diffusa, che nutrire, toccare, e nuotare con i delfini non sia per loro di nessun danno è che non vengano mai colpiti dalle barche. Siamo preoccupati per quanto frequentemente il pubblico e i pescatori continuino a nutrire delfini selvatici, dal momento che Beggar è solo uno dei tanti delfini del sud-est degli Stati Uniti che sono stati nutriti dalla gente e ha imparato ad associare gli uomini con il cibo. Rapportarsi con i delfini selvatici con responsabilità è fondamentale per la loro sopravvivenza e noi chiediamo a tutti di aiutarci affinché le popolazioni di delfini restino sane e selvatiche per le generazioni future".

2 commenti:

  1. Una storia triste, che mi porta alla memoria tanti ricordi e tanti errori che purtroppo continuiamo a commettere, a discapito di queste straordinarie anime del mare...

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  2. Articolo molto interessante, sopratutto le ultime parole che condivido pienamente.
    Speriamo soltanto passi il messaggio.

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